zarar
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domenica 21 giugno 2015
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per la gioia del cinefilo
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Il film è una gioia per gli occhi del cinefilo puro. Il regista gallese P. Greenaway incontra il grande Eisenstein su due piani, uno formale ed uno psicologico. Il primo è quello di una cinematografia che scuote lo spettatore con molteplici strategie di straniamento: moltiplicazione in contemporanea dei piani visivi, inserti cinematografici, fotografici, documentari, alterazione dei tempi narrativi, sviluppo serrato e violento dell’azione, immagini come quadri o impreviste e disturbanti come pugni in faccia, opposizione stilistica tra immagini e colonna sonora, tra azione e parlato. Lo spettatore non è mai cullato, ma piuttosto costretto a farsi parte attiva, a ricomporre da solo, nella ricerca dei significati simbolici, sollecitazioni molteplici e contrastanti, sequenze incongrue, vuoti inaspettati, a interpretare vertigini di dettaglio e vertigini di dilatazione di campo, in una parola, voglia o non voglia, a cercare un senso che va al di la di una trama o di ‘messaggi’ espliciti.
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Il film è una gioia per gli occhi del cinefilo puro. Il regista gallese P. Greenaway incontra il grande Eisenstein su due piani, uno formale ed uno psicologico. Il primo è quello di una cinematografia che scuote lo spettatore con molteplici strategie di straniamento: moltiplicazione in contemporanea dei piani visivi, inserti cinematografici, fotografici, documentari, alterazione dei tempi narrativi, sviluppo serrato e violento dell’azione, immagini come quadri o impreviste e disturbanti come pugni in faccia, opposizione stilistica tra immagini e colonna sonora, tra azione e parlato. Lo spettatore non è mai cullato, ma piuttosto costretto a farsi parte attiva, a ricomporre da solo, nella ricerca dei significati simbolici, sollecitazioni molteplici e contrastanti, sequenze incongrue, vuoti inaspettati, a interpretare vertigini di dettaglio e vertigini di dilatazione di campo, in una parola, voglia o non voglia, a cercare un senso che va al di la di una trama o di ‘messaggi’ espliciti. Sperimentale e ideologico per Eisenstein, questo montaggio fortemente intellettualistico, tra futurista e brechtiano, tra teatrale, pittorico e filmico è rielaborato da Greenaway all’insegna di una scelta stilistica che lui definirebbe un barocco postmoderno: in un’epoca senza pensiero forte, quello che si può fare di meglio è rimpastare l’enorme patrimonio formale del passato, con tutta la ricchezza delle nuove possibilità tecnico-espressive e tutta la densità della propria cultura, senza pretendere di raccontare ‘storie’. E non c’è infatti in questo film una vera storia, che resta, con i suoi drammi e le sue miserie, sullo sfondo, quanto piuttosto un’opposizione fondamentale, straniante e dunque fortemente stimolante, alla Eisentein appunto, tra questa cornice strutturante di un formalismo esasperato e un grande tema simbolico di fondo che gronda passione e sangue: il principio di piacere, che lega oscuramente Eros e Thanatos. Un tema non nuovo per il regista (v. ‘I racconti del cuscino’) e che, d’altra parte, tormentò non poco Eisenstein a livello drammaticamente personale. Nel 1931 Eisenstein è in Messico con un progetto di film che non arriverà mai a realizzare. Periodo, secondo la sua biografa M. Seaton, in cui Eisestein avrebbe dato sfogo a eccentricità ed immoralità… Un uomo con pulsioni omosessuali compresse e sublimate nella repressiva Russia staliniana, avrebbe qui finalmente scoperto i diritti del corpo, la forza degli istinti, il coraggio di esprimere la propria sessualità, in un ambiente in cui la rivoluzione non aveva cancellato un arcaismo sensuale, primitivo e violento. Su questo momento cruciale si sofferma il regista, trasformandolo in un rito iniziatico e liberatorio, che ha il merito di restituire ad Eisestein il diritto alla sua omosessualità. Un atto incompiuto, per così dire, perché – viene lasciato intuire - un ritorno forzato in Russia e un matrimonio di copertura faranno ripiombare il protagonista in una situazione dolorosa di autorepressione. Un Elmer Bäck che ha tratti dell’Amadeus di Miloš Forman dà volto e corpo ad Eisenstein con qualche eccesso di espressionismo; è convincente nella sua nonchalance sorniona Luis Alberti/Palomino Cañedo. Il film ha una tensione migliore nella prima parte. Parte del balletto virtuosistico della cornice la colonna sonora, dal Montecchi e Capuleti di Prokofiev alla musica popolare messicana. Il tutto interessantissimo, ma – appunto – troppo virtuosistico? Tre stelle e mezzo.
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writer58
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domenica 14 giugno 2015
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la vendetta di moctezuma...
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Sono andato a vedere "Eisensein in Messico" con aspettative molto alte. Apprezzo molto Greenaway (di cui ho visto i magnifici "il cuoco, il ladro, sua moglie, l'amante" e "I misteri del giardino di Compton house"), considero Eisenstein uno dei maggiori cineasti mondiali di tutti i tempi (anche se "la corazzata Potemkin" mi è sempre parsa un'opera pesante ed enfatica) e adoro il Messico, dove ho trascorso gli anni più felici della mia vita, lavorando per quasi un lustro proprio per l'Università di Guanajuato, splendida città coloniale dove si svolge la vicenda.
Mi sono detto "sarà una grande opera" e mi sono fiduciosamente disposto alla visione del film convinto di trovarmi davanti a un esercizio di stile raffinato e potente.
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Sono andato a vedere "Eisensein in Messico" con aspettative molto alte. Apprezzo molto Greenaway (di cui ho visto i magnifici "il cuoco, il ladro, sua moglie, l'amante" e "I misteri del giardino di Compton house"), considero Eisenstein uno dei maggiori cineasti mondiali di tutti i tempi (anche se "la corazzata Potemkin" mi è sempre parsa un'opera pesante ed enfatica) e adoro il Messico, dove ho trascorso gli anni più felici della mia vita, lavorando per quasi un lustro proprio per l'Università di Guanajuato, splendida città coloniale dove si svolge la vicenda.
Mi sono detto "sarà una grande opera" e mi sono fiduciosamente disposto alla visione del film convinto di trovarmi davanti a un esercizio di stile raffinato e potente.
In effetti, da un punto di vista squisitamente fotografico, il lavoro di Greenaway è pieno di scene preziose e splendide inquadrature. Il Messico degli anni '30 è ricostruito con attenzione e accuratezza, gli interni barocchi e sovrabbondanti, gli esterni che spaziano su vallate immense, stradine sterrate "a gomitolo" e scorci dell'architettura coloniale. Vi sono nella pellicola delle sequenze magnifiche: la processione nel "dia de los muertos", le campane della cattedrale scosse da un nativo cieco e sordo, i sotterranei catacombali di Guanajuato, il museo delle mummie, il culto della morte intimamente connesso con il principio vitale dell'erotismo.
Purtroppo, le notazioni positive si fermano qui:l'impressione è che Greenaway si sia fatto prendere la mano e ci abbia proposto un'opera eccessiva, anfetaminica, costantemente sopra le righe, che sfiora ripetutamente i registri del grottesco e della deformazione caricaturale. Eisenstein è descritto come un narcisista che parla a raffica, incapace di contenersi, che si esibisce nudo davanti ai suoi sponsor e al personale dell'hotel. Il rapporto con la sua guida, Palomino, assume le sembianze di un'iniziazione sessuale descritta secondo gli stilemi del porno-soft. Il montaggio è frenetico e disorientante e spesso i movimenti circolari della cinepresa inducono una sensazione sgradevole, come se lo spettatore fosse su un ottovolante che percorre un itinerario ad anello. Anche i dialoghi (ma forse sarebbe meglio parlare di monologhi di Eisenstein) appaiono sovrabbondanti, alluvionali, spesso artificiosi. La permanenza del regista in Messico diventa un evento spartiacque, capace di terremotare la sua visione della vita e della sua sessualità. Ma questo percorso è reso in modo "urlato", senza mediazioni, senza chiaroscuri, con una frenesia spiazzante e sgradevole.
Mi astengo deliberatamente dal valutare il film con una o più stellette. Tuttavia, devo confessare un certo dispiacere, quello di essermi trovato davanti a una pellicola potenzialmente grandiosa che si rivela invece come un'occasione sostanzialmente mancata.
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ralphscott
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sabato 13 giugno 2015
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p. greenaway,prendere o lasciare
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Tre stelle stiracchiate. Il regista si conferma un visionario architetto dello schermo,burlone e provocatorio,che ci regala prospettive ardite ed immagini di grande raffinatezza. Quello che purtroppo conferma,inoltre,nonostante la bravura e simpatia del suo protagonista,é la pesantezza delle sue pellicole. Le cose migliori le troviamo nei titoli di testa e durante le riflessioni al cimitero,grazie ad un montaggio interessante e divertente di immagini in b/n. Eisenstein al telefono sotto la doccia é una piacevole,ennesima licenza d'autore. Levassimo le virtù autoriali,questo si potrebbe definire un porno soft.
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elgatoloco
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domenica 7 giugno 2015
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greenaway sempre geniale
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Sempre geniale"wagneriano"(in senso estetico, ossia per la sintesi e sinestesia delle arti"visive"), Greenaway ci dà un ritratto eccelso di Sergej Eisenstein in Messico, tra delusione politica(era stato ovviamente"scaricato"dall'URSS staliniana, anche per il suo comportamento eccentrico e in qualche modo"solipsista"), scoperta dell'eros e del sesso, con la sintesi pittorico-scultorea-architettonica, ma anche musicale(brani classici di autori russi, Tschaikovskij escluso, ma anche brani classici del repertorio mexicano di canzoni) che il film ha in sé e con un inno alla trasgressione creativa che, con Genet e Pasolini, passa attraveso il corpo declinato in chiave rigorosamente gay, dove l'antropologo Palomino di nome(non importa tanto stabilire la veridicità storico-biografica del fatto quanto analizzare la valenza simbolica del fatto stesso) è l'amante, con un nome(che in altre parti dell'America Latina diviene anche cognome, emblematizzato dal genio un po'sulfureo più recente del Colombiano "El Negro Palomino".
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Sempre geniale"wagneriano"(in senso estetico, ossia per la sintesi e sinestesia delle arti"visive"), Greenaway ci dà un ritratto eccelso di Sergej Eisenstein in Messico, tra delusione politica(era stato ovviamente"scaricato"dall'URSS staliniana, anche per il suo comportamento eccentrico e in qualche modo"solipsista"), scoperta dell'eros e del sesso, con la sintesi pittorico-scultorea-architettonica, ma anche musicale(brani classici di autori russi, Tschaikovskij escluso, ma anche brani classici del repertorio mexicano di canzoni) che il film ha in sé e con un inno alla trasgressione creativa che, con Genet e Pasolini, passa attraveso il corpo declinato in chiave rigorosamente gay, dove l'antropologo Palomino di nome(non importa tanto stabilire la veridicità storico-biografica del fatto quanto analizzare la valenza simbolica del fatto stesso) è l'amante, con un nome(che in altre parti dell'America Latina diviene anche cognome, emblematizzato dal genio un po'sulfureo più recente del Colombiano "El Negro Palomino". Non c'entra direte; no, in qualche modo c'entra anche, pur se El Negro Palomino era forse troppo rigorosamente"etero", nella sua comicità trasgressiva e finta"machista"... Tornando al film, riflessione ulteriore sui dilemmi del genio creativo(Eisenstein oltre che regista fu geniale teorico del cinema)e creatore,"imbarazzato"dalla materialità"purulenta"della vita che però, quando la scopre, vi si getta in pieno, diremmo quasi senza remora alcuna, da"corpo nella lotta"(Allen Ginsberg citato anche, emblematicamente, da Pasolini). Le didascalie non sono forse il massimo, se lette superficialmente ma se le prendiamo in senso evocativo-premonitorio, valgono molto anch'esse, in realtà. Film da"decantare", da vedere(ove possibile)più volte, riflettendoci dopo un certo lasso di tempo, necessario appunto per farlo"decantare"... El Gato
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miguel angel tarditti
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domenica 7 giugno 2015
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viva mexico o viva la libertad!
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EN 1936 LA URSS. CONDENA LA HOMOSEXUALIDAD MANDANDO LOS ACUSADOS A LA SIBERIA. TODAVIA HOY, EN LA RUSIA DE PUTIN, LA LIBERTAD HOMOSEXUAL ES ILEGAL Y REPRIMIDA.
“Eisenstein en Mexico”, regia de Peter Greenaway
Produccion de Mexico, Finlandia, Belgica, Francia, Paeses Bajos
Podemos decir que se reùnen aquì tres grandes hombres del arte internacional:
el personale protagònico es el genial director ruso Segej Michajlovic Ejzenstein, la direcciòn del film es del famoso britanico Peter Greenaway, y los efectos musicales del genial mùsico ruso Prokofiev.
Ejzestein viviò en el perìodo del mesianismo marxista. Viviò las dos revoluciones del 1917,
y sobre la segunda del octubre de ese año, realizò (10 años màs tarde) su fantastico “Octubre”.
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EN 1936 LA URSS. CONDENA LA HOMOSEXUALIDAD MANDANDO LOS ACUSADOS A LA SIBERIA. TODAVIA HOY, EN LA RUSIA DE PUTIN, LA LIBERTAD HOMOSEXUAL ES ILEGAL Y REPRIMIDA.
“Eisenstein en Mexico”, regia de Peter Greenaway
Produccion de Mexico, Finlandia, Belgica, Francia, Paeses Bajos
Podemos decir que se reùnen aquì tres grandes hombres del arte internacional:
el personale protagònico es el genial director ruso Segej Michajlovic Ejzenstein, la direcciòn del film es del famoso britanico Peter Greenaway, y los efectos musicales del genial mùsico ruso Prokofiev.
Ejzestein viviò en el perìodo del mesianismo marxista. Viviò las dos revoluciones del 1917,
y sobre la segunda del octubre de ese año, realizò (10 años màs tarde) su fantastico “Octubre”.
Ya nos habia asombrado tres años antes con su “Acorazado Potemkin”, un clàsico de la filmografia de todos los tiempos..
Ese es el clima en el que viviò y creò el personaje central del film de Greenaway, la excelente actuaciòn de Elmer Back.
Greenaway crea un film muy velòz, con efectos por momentos de triple pantalla, con una càmara que gira vertiginosamente alrededor de la escena, o de los personajes, con una iluminaciòn y encuadres de absoluta belleza, y de una enome transgresividad en lo referido a lo sexual.
Es aquì, en Mexico que Ejzenstein descubre, o potencia su homosexualidad, ayudado por la virilidad del mexicano que es su guia, segùn la vision del autor-regista. La primera escena del encuentro sexual de los dos es lo que se entiende por sexo explicito, o sea, de una transgresiòn , verdad, y valentia inusual. Es ahi que, mientras el mexicano lo sodomiza le habla de la historia.
Es en ese momento en que el Mundo nuevo (Latino) somete al Mundo viejo (Europa).
Aunque podriamos intercambiar los adjetivos nuevo y viejo y el efecto seria el mismo.
Es un acto sexual que provoca sensaciones fisicas y mentales muy fuertes en el espectador.
Es el amo que se vuelve esclavo, y es el esclavo que domina al amo. (Hegel)
Creo que sea una escena fundamental y por eso la regia la juega con todo sus tiempos, con un deleite casi morboso, pero con la eficacia de demostrar que puede un pueblo sentir en ser sometido.
Pero claro, la vida (y no se si decir la historia) ofrece ciertas iluminaciones, y por eso Ejzenstein a partir de ese momento, se enamorarà de su sometedor Palomino Cañedo: ahora ha descubierto que cosa es la libertad que sus origenes le habia negado, sepultado, reprimido, denigrado, condendo.
Por ese misterio de la vida, la libertad, siempre que puede se gana su terreno; solo basta dejarla aflorar.
Hay algunas cosas del film que pueden ser un poco sobrecargadas, y por momentos la traducciòn es demasiado ràpida, pero es un material, en realidad, de un alto vuelo creativo, como el que normalmente produce Greenaway. (Recordemos solo uno de sus trabajos “La tempestad” de Shakespeare).
O sea, cada film puede ser leido con los ojos de cada espectador; los mios me hablan de un film, comedia, que nos denuncia que la prepotencia de las dictaduras, antes o despuès cae, las represiones tienen ineluctablemente un vencimiento històrico, porque en definitiva, dentro del hombre esiste un rechazo genètico de ser oprimido, y apenas puede zafarse del dictador, su libertad emerge con la naturalezza que le es intrìnseca. “Viva Mexico!” es Viva la libertad!
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goldy
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sabato 6 giugno 2015
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che bello vivere!
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Beh, se qualcuno avesse dimenticato l'origine letterale dell'esclamazione PRENDERE PER IL C...... ecco, questo film ne recupera in pieno tutto il suo significato. Con una sintesi derivante dalla grande tradizione filosofica Empiristica Britannica, Palomino (il mentore messicano), sistema due mila anni di dubbi e tentennamenti del pensiero cristiano e in linea con la tradizione dei suoi avi atzechi recuperra la potenza e la legittimità delle pulsioni vitali che possono dirompere in egual misura sia a livello eterosessuale che omosessuale.Lo sdoganamento dell'omosessualità già ampiamente affermatosi con lo spagnolo Almodovar, qui fa enormi passi avanti.
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Beh, se qualcuno avesse dimenticato l'origine letterale dell'esclamazione PRENDERE PER IL C...... ecco, questo film ne recupera in pieno tutto il suo significato. Con una sintesi derivante dalla grande tradizione filosofica Empiristica Britannica, Palomino (il mentore messicano), sistema due mila anni di dubbi e tentennamenti del pensiero cristiano e in linea con la tradizione dei suoi avi atzechi recuperra la potenza e la legittimità delle pulsioni vitali che possono dirompere in egual misura sia a livello eterosessuale che omosessuale.Lo sdoganamento dell'omosessualità già ampiamente affermatosi con lo spagnolo Almodovar, qui fa enormi passi avanti. Greenaway abbatte qualsiasi residuo di ipocrisia e con mano leggera e senso invidiabile delle leggi della vita descrive il l timoroso e represso Eisenstein alle prese con le gioie del sesso e alla scoperta di sè. Ma non solo. Dieci giorni che per potenza rivoluzionaria sono assimilabili ai giorni che hanno caratterizzato la Rivoluzione Russa.
Nelle fantasmagoriche e immaginifiche scene, il regista dà sfogo alla sua stringente capacità narrativa Affronta il mito con piglio fantastico e ci restituisce un Eisenstrein felice come un bambino, liberato finalmente dal peso dall'ingombrante Corazzata Potiomkin. Niente è esagerato nel film, perchè tutto è giustificato dal livello delle em ozioni, potenti che Eisenstein sta accumulando in un paese caldo, pieno di sole e di fisicità, così lontano dal freddo e dal tormento filosofico della terra dei Karamazov.
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marcellodangelo1979
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venerdì 5 giugno 2015
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perfetto
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Perfetto.
Un'opera d'arte dei uno dei più grandi visionari del cinema contemporaneo.
Regia innovativa, splendida fotografia di un'epoca ricca di scoperta .
Grandi immagini e un'accurata ricostruzione dei fatti rende questo film un capolavoro.
Chapeau.
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