carloalberto
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venerdì 22 ottobre 2021
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islanda, la fine di un mito
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E’ un buon thriller poliziesco, con risvolti drammatici, che sorprende per diversi motivi, sconvolgendo innanzitutto l’idea che si ha dell’Islanda nell’immaginario collettivo, come di un’isola felice e selvaggia ai margini del polo nord, animata soltanto dai geyser ed abitata da gente civile e pacifica.
Chi avrebbe mai pensato che in Islanda i narcotrafficanti e l’onnipresente mafia russa agissero, indisturbati o quasi, come nel resto del mondo, e con gli stessi spietati metodi criminali, che nella polizia di Reykjavík ci fossero dirigenti corrotti e nelle carceri secondini conniventi con i delinquenti e soprattutto che un giovane regista islandese, Olaf De Fleur, per niente noto al di fuori dei confini della propria patria, potesse realizzare un film che non ha nulla da invidiare agli analoghi prodotti d’oltreoceano, anzi si dimostra superiore alla media dei film hollywoodiani dello stesso genere sia per il finale pessimistico, niente affatto scontato, che lascia l’amaro in bocca.
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E’ un buon thriller poliziesco, con risvolti drammatici, che sorprende per diversi motivi, sconvolgendo innanzitutto l’idea che si ha dell’Islanda nell’immaginario collettivo, come di un’isola felice e selvaggia ai margini del polo nord, animata soltanto dai geyser ed abitata da gente civile e pacifica.
Chi avrebbe mai pensato che in Islanda i narcotrafficanti e l’onnipresente mafia russa agissero, indisturbati o quasi, come nel resto del mondo, e con gli stessi spietati metodi criminali, che nella polizia di Reykjavík ci fossero dirigenti corrotti e nelle carceri secondini conniventi con i delinquenti e soprattutto che un giovane regista islandese, Olaf De Fleur, per niente noto al di fuori dei confini della propria patria, potesse realizzare un film che non ha nulla da invidiare agli analoghi prodotti d’oltreoceano, anzi si dimostra superiore alla media dei film hollywoodiani dello stesso genere sia per il finale pessimistico, niente affatto scontato, che lascia l’amaro in bocca. non risultando falsamente rassicurante, sia per il cast, formato da ottimi e convincenti attori islandesi, perfettamente calati nella parte, che, con una recitazione naturalistica, rendono i loro personaggi credibili e realistici.
Unica pecca del film è il montaggio, che, con qualche flash back di troppo a metà film, crea artificiosamente una discontinuità narrativa con la quale forse si sarebbe voluto accrescere la drammaticità dell’azione, ma che, invece, produce soltanto un po’ di confusione, disorientando per qualche attimo lo spettatore.
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