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hatecraft
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giovedì 1 agosto 2013
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ma siena è davvero la città ideale?
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a tratti metafisco, rasenta il surreale quasi a la bellocchio. a tratti dettagliato preciso rigoroso tecnico, ma anche essenziale meditabondo cupo enigmatico singolare. un film cerebrale che tratta un tema già ampiamente battuto tracciando sicuramente una strada insuale e personale, sicuramente derivativo (già citato bellocchio) è un'opera prima che parte da un concetto interessante sviluppandolo in maniera coinvolgente e filmandolo a tinte fosche e attraverso soluzioni narrative e diegetiche interessanti. fa riflettere e ha qualcosa da dire, pollice alzato.
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zummone
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mercoledì 19 giugno 2013
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passo falso di lo cascio... peccato!
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Michele Grassadonia vive a Siena (L. Lo Cascio) ed è un ambientalista convinto, un ecologista rigido e severo, non usa l'auto, va in bici, risparmia l'acqua piovana per usarla in casa, promuove iniziative di riduzione dei consumi. E' la spina nel fianco dei colleghi, cui rimprovera sprechi di energia o violazioni delle regole, come fumare dove è vietato. Una sera, sotto un diluvio torrenziale, guidando un'auto elettrica che gli ha prestato un amico, urta qualcosa che gli danneggia la carrozzeria e poi soccorre un uomo, accasciato a ciglio strada.
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Michele Grassadonia vive a Siena (L. Lo Cascio) ed è un ambientalista convinto, un ecologista rigido e severo, non usa l'auto, va in bici, risparmia l'acqua piovana per usarla in casa, promuove iniziative di riduzione dei consumi. E' la spina nel fianco dei colleghi, cui rimprovera sprechi di energia o violazioni delle regole, come fumare dove è vietato. Una sera, sotto un diluvio torrenziale, guidando un'auto elettrica che gli ha prestato un amico, urta qualcosa che gli danneggia la carrozzeria e poi soccorre un uomo, accasciato a ciglio strada. Comincia così un vortice giudiziario allucinante, in cui Michele, suo malgrado, da grande "accusatore" dei vizi altrui, diventa accusato. E quando l'uomo che ha soccorso muore, diventa l'imputato per omicidio. L'inquisitore è diventato inquisito, i colleghi lo sbeffeggiano, gli inquirenti non gli credono, la madre anziana giunge da Palermo, imbarazzata dalla vergogna che Michele le procura e desiderosa di dargli una mano.
Bello spunto iniziale, che ricorda precedenti della letteratura e nel cinema: come ne "Il processo" di Kafka, Michele vive un viaggio assurdo e grottesco nel meccanismo giudiziario; i ruoli si ribaltano, e anche qui vengono in mente Durrenmatt e il Sordi di "Detenuto in attesa di giudizio". Ma i paragoni illustri non reggono. Purtroppo il film si avvita, dopo la metà, arrancando verso la fine, infilando una galleria di personaggi fuori fuoco (l'avvocato siciliano, l'uomo dei cavalli, la misteriosa ragazza), sprecando un cast notevole (Burruano, Herlitzka), verso una conclusione prevedibile e un po' banale.
Peccato per questo esordio alla regia di Lo Cascio, che non convince proprio. Da lui ci saremmo aspettati di meglio, ma sì sa che con le migliori intenzioni è lastricata la strada..
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piera allegranti
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sabato 18 maggio 2013
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e' difficile dimostrarsi innocenti
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la citta ideale come e' ideale il mondo dell architetto ecologista il quale non sa trovare concretezze per farsi le sue ragioni specialmente quando si viene soprafatti da una giustizia superficiale e ridicola
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omero sala
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venerdì 17 maggio 2013
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l'alieno
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Michele (Luigi Lo Cascio) è un giovane architetto siciliano che ha scelto di abitare a Siena, città ideale, a misura d’uomo, nella quale è possibile convivere in armonia con la natura. Da ecologista convinto (con qualche tratto maniacale) e con accorgimenti creativi (talvolta sconcertanti) tenta di trascorrere un anno alternativo ad impatto zero: non consuma energia elettrica (anzi, la produce, pedalando), recupera ed utilizza l’acqua piovana; si sposta a piedi o in bicicletta; combatte con spirito missionario una sua personale battaglia contro gli sprechi, il fumo, l’inciviltà, il pressapochismo ed il consumismo superficiale.
Un piccolo incidente stradale lo mette in una situazione un po’ intricata nella quale s’impegola sempre più a causa della sua cristallina trasparenza, dell’incapacità ad accettare compromessi, della repulsione intransigente verso scappatoie.
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Michele (Luigi Lo Cascio) è un giovane architetto siciliano che ha scelto di abitare a Siena, città ideale, a misura d’uomo, nella quale è possibile convivere in armonia con la natura. Da ecologista convinto (con qualche tratto maniacale) e con accorgimenti creativi (talvolta sconcertanti) tenta di trascorrere un anno alternativo ad impatto zero: non consuma energia elettrica (anzi, la produce, pedalando), recupera ed utilizza l’acqua piovana; si sposta a piedi o in bicicletta; combatte con spirito missionario una sua personale battaglia contro gli sprechi, il fumo, l’inciviltà, il pressapochismo ed il consumismo superficiale.
Un piccolo incidente stradale lo mette in una situazione un po’ intricata nella quale s’impegola sempre più a causa della sua cristallina trasparenza, dell’incapacità ad accettare compromessi, della repulsione intransigente verso scappatoie.
Questo tenace attaccamento alla verità e la sua stessa innocenza lo rendono ancora più incriminabile; anche la stranezza del suo stile di vita (estraneità) aggrava i sospetti degli inquirenti (inquisitori) che guardano con diffidenza questo alieno (alienato) che non conosce le regole della convivenza (convenienza).
Un tipo così non solo deve dimostrare la sua incolpevolezza ma è tenuto anche a giustificare la sua “anormalità” che ai normali, a quelli che stanno alle regole del gioco, appare esasperante, ai limiti del masochismo.
Ma Michele è un idealista testardo e rigoroso, un rigido utopista che non baratta la coerenza con la convenienza: abituato ad affrontare l’insofferenza e i dileggi dei colleghi senza fare una piega, non ammette il ricorso a sotterfugi; addestrato a resistere alla commiserazione dei vicini, non accetta di assecondare comportamenti ambigui; possiede la quieta energia che serve per affrontare i sospetti dei poliziotti malfidenti e le insinuazioni degli investigatori.
Come l’Idiota dostoevskiano (o come l’ingenuo e puro Aleksej Karamazov) Michele è buono, limpido, puro di cuore: dice sempre la verità, anche quando non gli conviene. Resiste e sfida le pressioni di avvocati azzeccagarbugli e di giudici diffidenti. Sceglie la linea del candore. Mantiene un comportamento coerente e lineare, anche quando gliene derivano danni. Rifiuta l’omologazione. Non conosce l’opportunismo, non riesce nemmeno a immaginare che sia possibile mentire per ottenere vantaggi. E affronta stoicamente, con sconforto e stupore, le conseguenze della sua linea di difesa che si basa sull’inflessibile sincerità, rimandando ad un inevitabile domani il momento in cui sarà necessario prendere consapevolezza che la città ideale non è altro che un luogo mentale dentro cui è bello galleggiare prima di essere inghiottiti dal pantano della realtà.
La regia è ambiziosa, non ordinaria, leggera e matura nello stesso tempo.
Lo Cascio, autore anche della ottima sceneggiatura, si muove abilmente in bilico fra quotidianità e assurdo. Alcuni momenti assumono la irreale colorazione del grottesco o sfumano nell’onirico. La trama labirintica e certe situazioni insensate, le atmosfere buie e claustrofobiche ed alcuni dialoghi lunari inducono a cercare paragoni con Kafka, Pirandello, Sciascia.
Sorprendente la raffigurazione dei personaggi di contorno, tutti appena abbozzati ma vividi nella loro caratterizzazione; tutti pensati – e sufficientemente capaci, pur nelle loro effimere apparizioni – di rivelarci angolazioni sostanziali della personalità del protagonista: il poliziotto infatti palesa la ritrosia di Michele (paesano spaesato) a cercare accomodamenti in nome della comune sicilianità; la misteriosa statuaria inquilina (inquietante) svela le immaginazioni erotiche dell’apparentemente algido architetto e la sua paura ad abbandonarsi alle emozioni (sublime la scena in cui lei bussa inutilmente alla sua porta); la vecchia mamma dolente e ansiosa (interpretata dalla madre di Lo Cascio) ci dice tutto dei tenaci legami familiari che sopravvivono alle urgenze di emancipazione; e l’avvocato intrallazzatore di Palermo (interpretato dallo zio del regista) rimarca l’avversione di Lo Cascio per la furbizia (e per la vittoria) a scapito della verità.
Efficaci le predominanti scene notturne, a dirci con estrema potenza che la città ideale evocata dal titolo è in verità un covo oscuro abitato da infidi esseri impegnati a mentire a se stessi e agli altri.
Singolare la scena finale, con i giovani commessi di tribunale impegnati a lanciarsi faldoni di archivio rimpallandosi i destini in essi contenuti.
Coerentissimo il finale, sospeso. Tutti sappiamo quali sia la conclusione della storia di chi parte alla ricerca della verità.
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nikipi
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mercoledì 1 maggio 2013
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punitore di se stesso
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Nel titolo c'è la chiave del senso del film. L'aggettivo qualifica la bussola che orienta le scelte del protagonista M., interpretato dall'intenso Luigi Lo Cascio, che ne è anche autore-sceneggiatore e regista alla sua prima prova. M. è un giovane uomo che da Palermo si è trasferito a Siena, dove lavora come architetto,perché Siena è, son parole sue, “la città ideale”. Vive in un appartamento di uno squallore imbarazzante, non per incuria ma per eccesso di rigore: quale ecologista ortodosso,usa solo acqua piovana che raccoglie in conche e catini, e la poca corrente necessaria per sopravvivere la produce da sé, con congegni rudimentali e di dubbia efficacia.
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Nel titolo c'è la chiave del senso del film. L'aggettivo qualifica la bussola che orienta le scelte del protagonista M., interpretato dall'intenso Luigi Lo Cascio, che ne è anche autore-sceneggiatore e regista alla sua prima prova. M. è un giovane uomo che da Palermo si è trasferito a Siena, dove lavora come architetto,perché Siena è, son parole sue, “la città ideale”. Vive in un appartamento di uno squallore imbarazzante, non per incuria ma per eccesso di rigore: quale ecologista ortodosso,usa solo acqua piovana che raccoglie in conche e catini, e la poca corrente necessaria per sopravvivere la produce da sé, con congegni rudimentali e di dubbia efficacia. Le pratiche dell'ambientalismo inflessibile, che M. segue come una teologia, se penalizzanti applicate a sé, imposte agli altri risultano vessatorie: M. punisce i colleghi costringendoli a patire il freddo per ridurre l'inquinamento e li censura quando li scopre a fumare di nascosto.
In una serata tempestosa, deve accompagnare con l'auto una collega. Poiché M. non ha macchina(figuriamoci!), gliela prestano. Pioggia scrosciante, vetri appannati, buio, lampi: M. investe “un'ombra” (infausto presagio). Scende e non vede nessuno. Ripresa la guida, nota un fagotto al lato della carreggiata: è un uomo ferito. I racconti confusi e contraddittori che M. rende ai Carabinieri, agli avvocati, ai magistrati, alla famiglia del ferito appaiono talmente incongruenti (come sono i ricordi a volerli testimoniare per filo e per segno) che lo fanno imputare di omicidio colposo, poiché il ferito nel frattempo è morto.
Senza avvalersi dell'apparato di garanzie che, in un moderno stato di diritto, gli permetterebbe di ricostruire i fatti e scagionarsi, M. si rovina da sé. Perché? per accentuare il carattere simbolico della vicenda? ma così sembra il calco di personaggi letterari arcinoti.
Difensori avidi o menefreghisti o fuori di testa, la perdita del lavoro, le spese del processo lo fanno sprofondare in un tunnel. La vecchia madre arrivata da Palermo è pronta a soccorrerlo, purché ritorni a casa. Abbandonata Siena e l'investimento psicologico ad essa legato, M. si trova affidato a un mellifluo azzeccagarbugli legato alla criminalità, che lo metterà con le spalle al muro chiedendogli secco: lo rifarebbe? E sulla mancata risposta, magistralmente si chiude il film.
La sua coerenza cieca e sofferta, che vorrebbe veder coincidere verità storica e verità giudiziaria, l'osservanza feroce e intransigente delle regole che si è imposto e alle quali crede fideisticamente pensando siano la sola via per realizzare una società più pura e più giusta, cioè ideale, astratta, rendono a M. la vita insostenibile e lo inducono a perdersi.
M. antepone i convincimenti dogmatici in un mondo migliore alla vita. Anzi, li usa contro la propria vita: prima dell'”incidente”, conducendo un'esistenza grama e scialba, piena di restrizioni e divieti; successivamente, negandosi al desiderio, contorcendolo verso un piacere estetico e, utilizzando male le armi della difesa-che, se condotta con criterio e razionalità, potrebbero salvarlo-finisce per avvitarsi sempre più e dare partita vinta alla tesi accusatoria.
Nella Città ideale numerose sono le corrispondenze, le allusioni, i richiami a motivi cari alla letteratura alta: vengono in mente i nomi di Kafka, Gogol, Camus, Auster e naturalmente Durrenmatt. Aver scelto temi filosofici impegnativi, per di più per un esordio, è una decisione encomiabile in sé.
nikipi, aprile 2013
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marica odrisi
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lunedì 22 aprile 2013
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tu lo rifaresti?
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E' la domanda finale che sintetizza in maniera inequivocabile il messaggio del film e che al contempo ferisce di più la sensibilità del pubblico: "lo rifaresti?" chiede sornione l'avvocato palermitano al testimone diventato imputato. Una domanda formulata in forma retorica, pronta a ricevere il deciso "no" non solo del protagonista ma anche del pubblico che dalla sala ha seguito l'evolversi delle vicende del pover'uomo. Un "no" amaro che diventa purtroppo comunque "didattico", e che trasforma il film da ghiotta opportunità di denuncia in fredda ed inutile conferma di una resa. L'uomo nuovo, animato da nobili ideali, risulta piuttosto un folle visionario. La giustizia un'utopia. Gli avvocati della "città ideale" malati e demotivati, quelli siciliani invece scaltri fino a rasentare l'illecito.
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E' la domanda finale che sintetizza in maniera inequivocabile il messaggio del film e che al contempo ferisce di più la sensibilità del pubblico: "lo rifaresti?" chiede sornione l'avvocato palermitano al testimone diventato imputato. Una domanda formulata in forma retorica, pronta a ricevere il deciso "no" non solo del protagonista ma anche del pubblico che dalla sala ha seguito l'evolversi delle vicende del pover'uomo. Un "no" amaro che diventa purtroppo comunque "didattico", e che trasforma il film da ghiotta opportunità di denuncia in fredda ed inutile conferma di una resa. L'uomo nuovo, animato da nobili ideali, risulta piuttosto un folle visionario. La giustizia un'utopia. Gli avvocati della "città ideale" malati e demotivati, quelli siciliani invece scaltri fino a rasentare l'illecito. Chiederei al siciliano Lo Cascio (bravo come attore e come regista) perché abbia voluto mostrare un volto così stereotipato della Sicilia, e perché abbia voluto perdere l'occasione di educare, preferendo invece rimarcare e rinsaldare l'eterno peggio.
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goldy
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venerdì 19 aprile 2013
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intento apprezzabile ma....
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Apprezzabile la riflessione sulla difficoltà di affermare la verità tuttavia si disperde in un eccesso di piccole situazioni alcune delle quali del tutto inutili che appesantiscono la storia e tlimitano la linearità e la tensione narrativa. Però bell'impegno etico e aria nuova nelle tematiche consuete del cinema italiano contemporaneo.
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andrea polidoro
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giovedì 18 aprile 2013
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un tentativo maldestro e ingenuo
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DA NON VEDERE così necessariamente! Signori, uscire dal Cinema e sentire di aver perso tempo è frustrante assai. Lo Cascio non è proprio riuscito in questo suo primo film da regista. Sceneggiatura scontata con qualche velleità di mini-sorpresa kinder, la sua freddezza recitativa, la lentezza estenuante. Neanche l'erotismo spuntato della Marlon fa rinvenire.
No, Lo Cascio, non ci siamo.
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no_data
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lunedì 15 aprile 2013
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basta recensioni con parole tra parentesi
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Il film non l'ho visto ma non se ne può più di quelle recensioni che mettono parole a "doppio effetto" tra (). Per favore basta! In linea di massima Marzia Gandolfi è brava ma: (in)comprensione, (il)legale, (am)mirata, (non)senso. Troppo e tutto in un unico articolo... Facciamo finire questa moda del virtuosismo che dura da troppi anni
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flyanto
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lunedì 15 aprile 2013
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come di colpo si viene disillusi
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Film in cui si narra di un architetto ecologista siciliano, ormai trapiantato da circa 20 anni nella città di Siena, che una sera soccorre un uomo accasciato sul marciapiede, ormai praticamente in fin di vita. Da questo momento per Luigi Lo Cascio, appunto l'architetto in questione, inizierà un calvario psicologico e non per aver adempiuto il proprio dovere in quanto altamente sospettato di avere lui stesso investito e conseguentemente ucciso l'uomo, che si rivelerà pure un importante esponente della società senese. Nonostante l'onesto architetto si adoperi, anche tramite un importante avvocato del luogo, di dimostrare la propria innocenza, verrà sempre di meno creduto e maggiori sospetti e inimicizie si creeranno intorno a lui, portandolo anche alla perdita del proprio lavoro.
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Film in cui si narra di un architetto ecologista siciliano, ormai trapiantato da circa 20 anni nella città di Siena, che una sera soccorre un uomo accasciato sul marciapiede, ormai praticamente in fin di vita. Da questo momento per Luigi Lo Cascio, appunto l'architetto in questione, inizierà un calvario psicologico e non per aver adempiuto il proprio dovere in quanto altamente sospettato di avere lui stesso investito e conseguentemente ucciso l'uomo, che si rivelerà pure un importante esponente della società senese. Nonostante l'onesto architetto si adoperi, anche tramite un importante avvocato del luogo, di dimostrare la propria innocenza, verrà sempre di meno creduto e maggiori sospetti e inimicizie si creeranno intorno a lui, portandolo anche alla perdita del proprio lavoro. Finchè, dopo la "salutare" visita della madre dalla lontana Sicilia, non deciderà di abbandonare tutto e tutti,"in primis" quella che lui credeva la "perfetta" città dove abitare, Siena, per ritornare nella sua natia Palermo dove, grazie all'aiuto di un altro scaltro e privo di scrupoli avvocato, si intuisce che finalmente la sua esistenza sarà affrancata, ma ben lontano dai suoi onesti principi morali. Questa pellicola è la prima girata, nonchè anche interpretata, dall'attore Luigi Lo Cascio e risulta perfettamente riuscita nel suo intento, sia registico che tematico. Già si conosceva ampiamente la bravura artistica di questo attore ma qui, ora, in veste anche di regista, se ne confermano le sueneccellenti doti. Il film è ben diretto, con uno stile asciutto, lucido, conciso e chiaro. Molto avvincente la trama ed, ahimè, molto attuale per ciò che concerne il tema della corruzione e della detenzione del potere contrapposti all'onestà ed ai buoni principi. Dopo questa esperienza cinematografica che coinvolge Lo Cascio sia nella realtà stessa, caratterizzata appunto dalla sua nuova esperienza di regista, che nella finzione con il suo personaggio di integerrimo architetto, Lo Cascio sembra ancor più essere maturato ed aver raggiunto una consapevolezza più profonda, nonchè disillusione per il mondo circostante. Le sue doti recitative misurate qui emergono nuovamente e non si può che non apprezzarle ed anche il ritratto in generale della città e dei suoi ambienti alto locati abitati da pomposi e dubbi figuri sono qui ben descritti ed evidenziati senza alcuna stonatura od eccesso. Un altro film, secondo la mia opinione, da annoverare sicuramente tra i migliori della stagione.
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