dario
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lunedì 7 marzo 2011
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convincente
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Gli nuoce, per il possibile godimento del dialogo, il dialetto troppo stretto. Ma il film è insolito per vigore e per impegno (morale esclusa: tuttavia va bene così nella circostanza, grazie ad un realismo che convince e che è riscattato da un sotteraneo dolore esistenziale). Non mancano fozature, ma vengono superate da una narrazione serrata, decisa, travolgente. Molto buona sceneggiatura e fotografia. Ottimo ritmo. Quasi una cronaca, impreziosita dalla regia e dalla interpretazione, compresa quella di Servillo, finalmente dentro le righe.
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luca scialò
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sabato 26 febbraio 2011
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il passato che torna con violenza
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Rosario è un napoletano emigrato ad Amburgo, dove fa il cuoco e ha aperto un grande ristorante "Da Rosario". Conduce una vita tranquilla, sposato con un figlio. In una mattina come tante arrivano però due ragazzi, un certo Diego che lui qualifica come nipote e Edoardo, l'amico. I due sembrano turbarlo e di lì a poco si capisce anche perché: con sé i due hanno portato un passato che Rosario credeva di avere ormai seppellito e lasciato sotto il terreno inquinato della Campania.
Il film di Claudio Cupellini poteva essere uno dei tanti film italiani "minori" che parlano di camorra, emigrati, dei problemi di Napoli. E invece l'ambientazione in Germania, la trama coinvolgente, toccante, con tanto di finale da puntini sospensivi, fa si che il film acquisisca maggiore spessore.
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Rosario è un napoletano emigrato ad Amburgo, dove fa il cuoco e ha aperto un grande ristorante "Da Rosario". Conduce una vita tranquilla, sposato con un figlio. In una mattina come tante arrivano però due ragazzi, un certo Diego che lui qualifica come nipote e Edoardo, l'amico. I due sembrano turbarlo e di lì a poco si capisce anche perché: con sé i due hanno portato un passato che Rosario credeva di avere ormai seppellito e lasciato sotto il terreno inquinato della Campania.
Il film di Claudio Cupellini poteva essere uno dei tanti film italiani "minori" che parlano di camorra, emigrati, dei problemi di Napoli. E invece l'ambientazione in Germania, la trama coinvolgente, toccante, con tanto di finale da puntini sospensivi, fa si che il film acquisisca maggiore spessore. L'ottima prova di Servillo, che ormai non è più una novità, fa il resto
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enrico lo vecchio
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lunedì 21 febbraio 2011
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e' la cronaca di un' esecuzione "a freddo".
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"Una Vita Tranquilla" è un film profondamente ateo. La frase chiave del film è quella che dice Rosario al pastore morente: Dio se ne fotte della gente.
La storia è presto detta. Antonio, un killer della camorra, fugge in Germania per rifarsi una vita. Dopo quindici anni, il passato torna nella sua vita.
Nei quindici anni precedenti, lui ha costruito tante belle cose: un rapporto coniugale solido e sincero; un ristorante che dà lavoro ad alcune persone; una rispettabilità non finta, ma basata sul valore concreto delle sue azioni. E' diventato - di nuovo - genitore, regalando a una creatura la cosa più bella: la vita.
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"Una Vita Tranquilla" è un film profondamente ateo. La frase chiave del film è quella che dice Rosario al pastore morente: Dio se ne fotte della gente.
La storia è presto detta. Antonio, un killer della camorra, fugge in Germania per rifarsi una vita. Dopo quindici anni, il passato torna nella sua vita.
Nei quindici anni precedenti, lui ha costruito tante belle cose: un rapporto coniugale solido e sincero; un ristorante che dà lavoro ad alcune persone; una rispettabilità non finta, ma basata sul valore concreto delle sue azioni. E' diventato - di nuovo - genitore, regalando a una creatura la cosa più bella: la vita.
Quando il passato ritorna, lui non ha scampo; e, per salvare la famiglia, deve "uccidersi" un'altra volta, e ricominciare daccapo in un altro luogo.
E' in questo contesto che la figura di Dio, da parte di Rosario, viene così asciuttamente declinata.
Dio, secondo lui, non perdona. Dio si comporta come i suoi aguzzini camorristi che non lo lasciano in pace e, dopo quindici anni, sono ancora pronti a fargli pagare il prezzo della sua "diserzione".
Il messaggio del film è questo. E il film stesso assume i colori, il ritmo, la forma "spietata" di un esecuzione a freddo.
Per tutto questo, sebbene sia un prodotto molto raffinato e ottimamente recitato, nell'intimo posso dire che non mi è piaciuto.
I film, per far riflettere, devono partire da una base di amore profondo per l'uomo. E questo, invece, è un film nero, senza luce, senza speranza. E' grigio. Volutamente grigio. Ma sempre grigio è...
Non serve.
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[+] buon giudizio, però...
(di vittorio dornetti)
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paperino83
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venerdì 11 febbraio 2011
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finale scadente
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Un bel film che si xde nel finale.
Troppe incongruenze.
Mi spiegate come mai la madre non va a prendere il piccolo Matias dopo la chiamata di Rosario?
E poi Rosario dopo lo scontro a fuoco torna a piedi all'autogrill, ma come è possibile?
Avevano fatto tutto quel tratto in macchina....
Nel finale cade nell'assurdo.
Se doveva mostrare la vigliaccheria del personaggio Rosario, sarebbe dovuto finire con la sua fuga dopo lo scontro a fuoco
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quieromirar
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sabato 25 dicembre 2010
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straniero in ogni patria
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La prima inquadratura di “Una vita tranquilla” è un tronco d’albero in un paesaggio notturno che comunica immobilità, sospensione nel tempo, ma subito dopo il protagonista uccide un cinghiale. Fin dalle battute iniziali prendono corpo le dinamiche lungo le quali si snoderà il racconto: la stasi (che è presunta, illusoria) e la caccia, l’inseguimento di qualcosa in cui bisogna scommettere tutto. Tutti nel film inseguono qualcosa: Rosario (un Toni Servillo che si consacra al ruolo lavorando, come di consueto, sui dettagli, sugli sguardi, sulle sensazioni) difende lo status quo faticosamente raggiunto, la moglie (una Juliane Kohler che buca lo schermo per la sua capacità di dissimulare a fatica la pena di vivere sotto un’apparente sicurezza) cerca un legame stabile con il marito, Diego ed Edoardo (Marco d’Amore e Francesco Di Leva) mirano a compiere la loro missione criminale, ma incappano l’uno nel passato, l’altro nei propri istinti.
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La prima inquadratura di “Una vita tranquilla” è un tronco d’albero in un paesaggio notturno che comunica immobilità, sospensione nel tempo, ma subito dopo il protagonista uccide un cinghiale. Fin dalle battute iniziali prendono corpo le dinamiche lungo le quali si snoderà il racconto: la stasi (che è presunta, illusoria) e la caccia, l’inseguimento di qualcosa in cui bisogna scommettere tutto. Tutti nel film inseguono qualcosa: Rosario (un Toni Servillo che si consacra al ruolo lavorando, come di consueto, sui dettagli, sugli sguardi, sulle sensazioni) difende lo status quo faticosamente raggiunto, la moglie (una Juliane Kohler che buca lo schermo per la sua capacità di dissimulare a fatica la pena di vivere sotto un’apparente sicurezza) cerca un legame stabile con il marito, Diego ed Edoardo (Marco d’Amore e Francesco Di Leva) mirano a compiere la loro missione criminale, ma incappano l’uno nel passato, l’altro nei propri istinti. Il personaggio principale assolutizza la sua condizione di straniero: non è solo un italiano trapiantato in Germania, è un uomo che sfugge sistematicamente a ogni categoria: il marito fedele, il padre presente, l’uomo legato a un’etica riconoscibile sono altrettante maschere che s’incrinano inesorabilmente. “Una vita tranquilla” è una storia di cose che si sfaldano, crollano su se stesse, suscitando uno spaesamento senza riscatto. Nel senso di fragilità che attanaglia tutto, i cortocircuiti emotivi risultano una conseguenza di partite irrisolte giocate con gli anni perduti: Diego non riesce a uccidere la vittima designata quando è scoperto dal padre, perché si riscopre per un attimo il bambino su cui incombe il super-io, quella presenza genitoriale che avrebbe potuto scrivere una storia diversa per entrambi. Quando Diego porta il figlio di Rosario in piscina e lo usa poi come strumento di ricatto, vuole ricordargli che gli ha rubato un’infanzia normale e vuole fargli provare, in una sorta di contrappasso, la perdita di sé che avviene quando si crede di poter fare a meno dell’altro. L’uccisione di Edoardo vorrebbe esorcizzare la scoperta della sua identità, ma è anche un tentativo fallito di uccidere la consapevolezza del figlio dimenticato. L’assedio nei confronti del padre è innanzitutto psicologico: l’esasperazione degli stereotipi sul delinquente meridionale in Francesco Di Leva gli ricorda a ogni passo ciò che ha cercato in ogni modo di sconfessare, così come la disturbante somiglianza di Marco d’Amore con Saviano enfatizza per il pubblico il suo ruolo di testimone scomodo. E quando, in una sorta di eterno ritorno, tutto ricomincia all’insegna della morte e dell’abbandono e Rosario fugge per costruire un altro castello di menzogne altrettanto debole, sembra di sentire per un attimo il lamento di Antigone per la quale “non c’è posto, né tra i vivi né tra i morti”.
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mtom83
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lunedì 13 dicembre 2010
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una vita tranquilla
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Drammatico dalle tinte noir, con la solita ottima prova di Servillo. Qualche forzatura nella sceneggiatura, così come qualche "aggiunta" un pò fuori luogo rispetto all'ossatura della storia, restano comunque sopportabili e non finiscono per squalificare l'opera,che ha il suo punto forte nell'intensità della vicenda che procede quasi al ritmo di una moderna tragedia greca, inghiottendo Rosario nel suo passato incancellabile. Ciò che invece sembra mancare è quel pizzico di raffinatezza stilistica, che ad esempio caratterizza il tante volte citato "le conseguenze dell'amore", e che qui emerge solamente in alcuni punti. Nonostante questo, film pienamente godibile, in cui spicca ancora una volta una recitazione d'autore da parte di Toni Servillo, che restituisce un personaggio a "tutto tondo" e risulta constantemente una delle assi portanti del film.
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Drammatico dalle tinte noir, con la solita ottima prova di Servillo. Qualche forzatura nella sceneggiatura, così come qualche "aggiunta" un pò fuori luogo rispetto all'ossatura della storia, restano comunque sopportabili e non finiscono per squalificare l'opera,che ha il suo punto forte nell'intensità della vicenda che procede quasi al ritmo di una moderna tragedia greca, inghiottendo Rosario nel suo passato incancellabile. Ciò che invece sembra mancare è quel pizzico di raffinatezza stilistica, che ad esempio caratterizza il tante volte citato "le conseguenze dell'amore", e che qui emerge solamente in alcuni punti. Nonostante questo, film pienamente godibile, in cui spicca ancora una volta una recitazione d'autore da parte di Toni Servillo, che restituisce un personaggio a "tutto tondo" e risulta constantemente una delle assi portanti del film.
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maria f.
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domenica 12 dicembre 2010
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evviva i buoni film!
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Servillo è sempre una garanzia.
Il regista fotografa con meticolosa precisione ciò che è costretta a subire la famiglia di un camorrista.
Appartenere alla camorra vuol dire condannare per sempre i propri cari a condurre una vita di paura, di sofferenza, significa anche guadagnare tanto ma vivere da topi, eternamente nascosti e diffidare del mondo intero.
Nello specifico Diego il figlio di Rosario, è stato abbandonato da piccolo dal padre , ha vissuto un'esistenza che per suo volere o no lo ha portato ad intraprendere una vita di malaffare che lo condurrà senza scampo alla morte e se fosse sopravvissuto ad essere braccato per sempre proprio come il padre.
L'interpretazione di Marco D'Amore (Diego) è stata incantevole, toccante, eccellente, e questi aggettivi ad onor del vero non sono sufficienti per descrivere quanto l'attore è riuscito a trasmettere.
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Servillo è sempre una garanzia.
Il regista fotografa con meticolosa precisione ciò che è costretta a subire la famiglia di un camorrista.
Appartenere alla camorra vuol dire condannare per sempre i propri cari a condurre una vita di paura, di sofferenza, significa anche guadagnare tanto ma vivere da topi, eternamente nascosti e diffidare del mondo intero.
Nello specifico Diego il figlio di Rosario, è stato abbandonato da piccolo dal padre , ha vissuto un'esistenza che per suo volere o no lo ha portato ad intraprendere una vita di malaffare che lo condurrà senza scampo alla morte e se fosse sopravvissuto ad essere braccato per sempre proprio come il padre.
L'interpretazione di Marco D'Amore (Diego) è stata incantevole, toccante, eccellente, e questi aggettivi ad onor del vero non sono sufficienti per descrivere quanto l'attore è riuscito a trasmettere.
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giacomogabrielli
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giovedì 2 dicembre 2010
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tuttoservillo. ****
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Un meraviglioso Toni Servillo al servizio di un altrettanto ottimo film, nel quale l'attore interpreta per la seconda volta (dopo GOMORRA) un camorrista, stavolta pentito. La tematica è già vista, ma la regia e la sceneggiatura hanno lanciato in alto il film con un notevole salto di qualità, profondo e girato intelligentemente, come non si vede spesso. Un thriller ad alta tensione assolutamente da vedere. TUTTOSERVILLO | ****
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cla.l
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domenica 28 novembre 2010
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il noir dell'anno
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INTENSO E MOLTO COINVOLGENTE, CON RISVOLTI DI GRANDE ATTUALITA',
E CON UN TONI SERVILLO COME SEMPRE MAGISTRALE.
SICURAMENTE UN FILM DA NON PERDERE
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annelise
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giovedì 18 novembre 2010
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una vita in fuga
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L'incontro tra Rosario ed il figlio Diego irrompe in una situazione apparentemente tranquilla , faticosamente costruita in 15 anni .
Pluriomicida , Rosario era fuggito dall'Italia ,fingendosi morto , abbandonando moglie e figlio.Il figlio, però, sa dove trovarlo.
Si presenta con un amico e paesano al ristorante del padre, nascondendosi prima e dopo un omicidio, commesso per ordine della camorra.L'amico scoprirà l'identità di Rosario e questo riporterà il protagonista in un vortice di eventi drammatici. Tutto si concluderà con un altro viaggio, un'altra fuga ,con un altro abbandono di una moglie e di un figlio.
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L'incontro tra Rosario ed il figlio Diego irrompe in una situazione apparentemente tranquilla , faticosamente costruita in 15 anni .
Pluriomicida , Rosario era fuggito dall'Italia ,fingendosi morto , abbandonando moglie e figlio.Il figlio, però, sa dove trovarlo.
Si presenta con un amico e paesano al ristorante del padre, nascondendosi prima e dopo un omicidio, commesso per ordine della camorra.L'amico scoprirà l'identità di Rosario e questo riporterà il protagonista in un vortice di eventi drammatici. Tutto si concluderà con un altro viaggio, un'altra fuga ,con un altro abbandono di una moglie e di un figlio.
Il film è duro, avvincente ed impietoso. Il contrasto tra la prima parte e la seconda è molto forte.
Il ristorante, l'albergo, la famiglia perfetta, il bosco , l'ordine e la pulizia della cittadina tedesca sembrano essere fagocitati dal mondo italico della peggior specie che riaffiora e si materializza. I manovali della camorra ,che portano scompiglio, disordine e morte parlano dei valori della violenza come valori etici, parlano del rispetto dovuto ai forti e agli assassini, mai di sentimenti ,di desideri, di rimpianti .Rosario piomba di nuovo nella spirale della violenza ed il figlio lo consegnerà tra le mani dei suoi esecutori. La morte arriva per Diego e non per lui e la nuova fuga sembra essere la sua condanna , quella che non ha avuto nè dai camorristi nè dalla legge .
Tutto quello che ha costruito rimane alle sue spalle e si ha la sensazione che la rassegnazione e la paura della morte siano i sentimenti prevalenti. Il film è ben costruito per evidenziare i contrasti tra due mondi e due vite.
Bravi tutti gli attori.
Toni Servillo esprime con grande naturalità la cupezza di questo personaggio che, anche nelle fasi iniziali della storia, non esprime mai felicità nè gioia.E' sempre sospeso e lontano .
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