filippo catani
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martedì 18 giugno 2013
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un'infanzia tristissima
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Svezia. Una giovane donna vive felicemente in compagnia del marito e delle due piccole figlie. Il giorno di santa Lucia la donna riceve una comunicazione dall'ospedale che le dice che la madre, ormai in punto di morte, avrebbe voglia di rivederla per l'ultima volta. Dopo anni in cui madre e figlia non si sono nè viste nè sentite, la seconda si mette in viaggio e avrà modo di ripercorrere la sua terribile infanzia.
Un dramma cupo e intenso per una storia davvero triste. Troviamo infatti una coppia di coniugi finlandesi che decidono di trasferirsi in Svezia in cerca di lavoro. Oltre a queste difficoltà, il vero problema della coppia è la dipendenza dall'alcol.
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Svezia. Una giovane donna vive felicemente in compagnia del marito e delle due piccole figlie. Il giorno di santa Lucia la donna riceve una comunicazione dall'ospedale che le dice che la madre, ormai in punto di morte, avrebbe voglia di rivederla per l'ultima volta. Dopo anni in cui madre e figlia non si sono nè viste nè sentite, la seconda si mette in viaggio e avrà modo di ripercorrere la sua terribile infanzia.
Un dramma cupo e intenso per una storia davvero triste. Troviamo infatti una coppia di coniugi finlandesi che decidono di trasferirsi in Svezia in cerca di lavoro. Oltre a queste difficoltà, il vero problema della coppia è la dipendenza dall'alcol. Sarà quindi compito della figlia maggiore prendersi cura del fratellino più piccolo che è anche ovviamente quello che soffre maggiormente per questa situazione. Nei rari momenti di lucidità e sobrietà la famiglia riesce a trascorrere anche dei momenti felici che finiscono però per essere una piccola parentesi in mezzo a feste smodate, vomito e casa in condizioni pietose. La madre purtroppo come troppo spesso avviene in queste situazioni subisce ogni sorta di violenza da parte del marito di cui però non riesce a fare a meno anche in punto di morte (emblematica la scena in cui la mamma chiede alla figlia di portarle le ceneri del marito per sentirne la vicinanza). Insomma uno dei tanti amori violenti e dissoluti di cui spesso si sente parlare nelle cronache dei giornali e che finisce per marchiare a fuoco indelebilmente le figure più deboli e cioè i figli. In questo caso se la figlia maggiore riuscirà a costruirsi una vita serena dopo un infinito peregrinaggio tra orfanotrofi la stessa sorte non capiterà al fratello che finirà per soccombere sotto il peso della droga usata come via di fuga per cercare di dimenticare la propria infanzia. Insomma un doloroso compedio di come sia possibile rovinare il periodo che dovrebbe essere più gioioso e spensierato per i bambini e cioè l'infanzia per colpa dell'irresponsabilità degli adulti. Interpretazione intensa per tutto il cast e per la Rapace non certo nuova a ruoli così difficili (basti pensare alla saga di Uomini che odiano le donne) alle prese con la terribile decisione se perdonare o meno la propria madre e se starle o no vicina negli ultimi istanti di vita.
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gianleo67
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lunedì 17 giugno 2013
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girasoli in un clima piu' freddo
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Moglie e madre felice di due belle bambine, Leena serba dentro di sè i traumi di un'infanzia difficile tra l'alcolismo dei genitori e la prematura morte del fratello. Quando riceve una telefonata dall'ospedale della sua cittadina d'origine che la avvisa della volontà della madre, malata terminale, di rivederla per l'ultimo saluto, per lei si materializzano le paure e le irrisolte tensioni di un rapporto da sempre complesso e problematico.
Dramma psicologico che si fonda sul classico impianto sinottico tra le traumatiche reminescenze di un'infanzia da cui emergono gli spettri ancora vividi di un passato irrisolto e la tragica elaborazione del lutto di una donna ormai adulta cui una condizione attuale di serenità e stabilità familiare non ha restituito una definitiva pacificazione interiore.
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Moglie e madre felice di due belle bambine, Leena serba dentro di sè i traumi di un'infanzia difficile tra l'alcolismo dei genitori e la prematura morte del fratello. Quando riceve una telefonata dall'ospedale della sua cittadina d'origine che la avvisa della volontà della madre, malata terminale, di rivederla per l'ultimo saluto, per lei si materializzano le paure e le irrisolte tensioni di un rapporto da sempre complesso e problematico.
Dramma psicologico che si fonda sul classico impianto sinottico tra le traumatiche reminescenze di un'infanzia da cui emergono gli spettri ancora vividi di un passato irrisolto e la tragica elaborazione del lutto di una donna ormai adulta cui una condizione attuale di serenità e stabilità familiare non ha restituito una definitiva pacificazione interiore. Tentando un percorso emozionale attraverso una sorta di elaborazione di una inconsueta semantica del dolore (la protagonista bambina cui l'anaffettività di figure genitoriali scostanti e violente induce a redigere una sorta di personale abbeceddario dell'esperienza sensibile, l'autonoma disciplina di una pedagogia della sopravvivenza) e disseminado il film degli equivoci indizi di un disagio sociale e umano che sembra sempre sul punto di prorompere verso gli esiti di una ineluttabile tragedia familiare, la August ci pone nella scomoda situazione di una ambivalenza emotiva che tanto promette quanto poco mantiene, banalizzando nel finale quegli spunti dell'imponderabile che una confessione di troppo rende oggetto di una involontaria ilarità. Non ostante queste evidenti lacune programmatiche dello script (il cinema buonista a stelle e strisce opera uno strisciante proselitismo che raggiunge financo le fredde propaggini della penisola scandinava) e volendo perdonare all'autrice la forzata contiguità con cui cerca di raccordare le esperienze di ieri con le inquietudini di oggi (la figlia che teme di portare in se' i geni di una devastante instabilità caratteriale, la tara di una maledizione familiare che si ripercuota sulla sua attuale stabilità familiare?) il film si apprezza di più quando meno dice, mostrando con il freddo distacco di un'ambientazione raggelata la dimensione di straniamento in cui precipita la sua giovane protagonista che, una rigorosa disciplina personale (il nuoto, il lavoro, l'atteggiamento protettivo verso il fratellino), riesce a salvare dalla palude di una inquietante stagnazione familiare. A vuoto vanno inoltre i tentativi di proporre chiavi di lettura simboliche di una esemplare vicenda umana essendo spunti che sembrano esaurirsi in una sterile enunciazione di principio (come il sogno puerile di un campo di 'Helianthus annuus' da parte di un irriducibile alcolista o le velleità sportive di una volitiva bambinetta) come pure il tentativo di dare credibilità alla tormentata e irrisolta personalità di una protagonista adulta facile preda di incomprensibili sbalzi d'umore: una Naomi Rapace che perde nettamente il confronto con la giovane Tehilla Blad, bravissima protagonista bambina. Certi dolori purtroppo non scompaiono con il pianto. Inutilmente consolatorio.
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ashtray_bliss
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domenica 17 febbraio 2013
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varcare la dolorosa porta del passato.
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Beyond e' un film potente e di rara bellezza: a volte ruvido; a volte delicato ma sempre struggente ed intenso, parla di sentimenti umani forti. Una pellicola assolutamente non leggera, perche' tratta della violenza domestica ma sopratutto dei effetti che questa ha sui membri piu' piccoli della famiglia ma che non evita di indagare e interrogare il tormentato animo umano. Un film che racconta dei traumi dell'infanzia negata, delle ferite mai rimarginate e di come quest'ultime siano ancora in grado di segnare la vita adulta di una persona quando riemergono bruscamente ricordi ed esperienze dolorose, mai superate.
Tutto questo si racchiude nella protagonista assoluta della pellicola, Leena (una bravissima e molto convincente Rapace), una donna apparentemente completa: madre di due bambine e moglie di un uomo che la ama e la rispetta.
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Beyond e' un film potente e di rara bellezza: a volte ruvido; a volte delicato ma sempre struggente ed intenso, parla di sentimenti umani forti. Una pellicola assolutamente non leggera, perche' tratta della violenza domestica ma sopratutto dei effetti che questa ha sui membri piu' piccoli della famiglia ma che non evita di indagare e interrogare il tormentato animo umano. Un film che racconta dei traumi dell'infanzia negata, delle ferite mai rimarginate e di come quest'ultime siano ancora in grado di segnare la vita adulta di una persona quando riemergono bruscamente ricordi ed esperienze dolorose, mai superate.
Tutto questo si racchiude nella protagonista assoluta della pellicola, Leena (una bravissima e molto convincente Rapace), una donna apparentemente completa: madre di due bambine e moglie di un uomo che la ama e la rispetta. Fino al giorno in cui il passato dal quale tentava di scappare le arriva in casa, sotto forma di una telefonata per il giorno di Santa Lucia. E' la madre, gravemente malata e morente che chiede di vederla. Il marito senza pensarci troppo la obbliga ad andare a trovare la donna, della quale-lui e le figlie- ignoravano l'esistenza.
Da quel momento Leena ripercorre la sua vita in flashback, i quali introducono gli spettatori nell'infanzia della tragica protagonista: i genitori sono immigrati finlandesi i quali si trasferiscono in Svezia in cerca di lavoro. Ma non riuscendo a realizzarsi (il padre resta disoccupato a lungo, la madre lavora come domestica nonostante fosse una promessa nel mondo del nuoto) e nemmeno a integrarsi nella communita' svedese, sfogano (e affogano) il loro discontento nell'alcol.
Cio', si riperuote sin da subito sui due bambini della coppia, Leena e il fratello piu' piccolo per il quale lei fa da mamma: lo sveglia e lo accompagna a scuola, gli prepara da mangiare e gli fa' il bagno. Mentre lei stessa cerca di trovare una scappatoia dalla asfissiante atmosfera famigliare attraverso il nuoto, ambizione mai realizzata della madre, e motivo per cui quest'ultima insiste sul fatto che la piccola Leena si debba dedicare con tutta se stessa a quest sport.
Ma la situazione si fara' sempre piu' pesante e grave da sopportare. L'alcolismo deila coppia, ormai aggravatosi, sfocia in violente liti che si consumano quotidianamente tra le mura di casa e che porta quest'ultimi ad essere continuamente assenti dalla vita dei lori figli e dai loro doveri, come genitori, nei loro confronti. Cio' provochera' presto l'interessamento degli assistenti sociali, specialmente riguardo il frattelino piu' piccolo di Leena, il quale ha progressivamente smesso di comunicare nonche' di andare a scuola. E nonostante Leena faccia da mamma anche a lui, oltre che prendersi cura dei genitori e della casa, il peggio sta per accadere: i figli vengono allontanati dalla famiglia e messi in un orfanotrofio, dapprima insieme e poi divisi, affidati a famiglie diverse.
E qui sta il piu' doloroso ricordo di Leena, nel sapere che il fratello non e' stato forte abbastanza, non ha trovato la volonta' interiore per andare avanti nella vita ed e' morto, pochi anni dopo, per overdose.
Leena nutre forti sentimenti di odio misti a rancore nei confronti della madre dai quali pero' riuscira' a liberarsi (e qui avviene anche la katharsis degli spettatori) nella strazziante scena finale, dove scoppia a piagere tra le braccia del marito quando scopre che la madre e' morta.
Un film potente e umano che evita di scadere in sentimentalismi gratuiti ma che offre un'immagine, tragica quanto realistica, dei traumi sofferti e mai superati, di una infanzia negata che genera un dolore incolmabile che resta attaccato sino nell'eta' adulta.
Beyond e' un film onesto e lucido che indaga e affronta temi importanti legati all'animo umano: le debolezze di una famiglia disordinata le quali si riperscuotono sui figli, l'assenza, la perdita (il fratello minore di Leena) che fa subentrare l'odio, il rancore e il distacco dal passato.
Leena e' un personaggio ambiguo, tragico ma anche determinato a tenere la sua nuova famiglia all'oscuro di tutto cio' che lei ha vissuto. Solo in ultimo capira' che per poter andare avanti e far pace con se stessa deve saper accettare e perdonare. Solo in questo modo la protagonista riesce a liberarsi definitivamente dai demoni che la inseguono e dai sentimenti conflittuali che nutre per i propri genitori.
Altre tematiche affrontate dalla pellicola, seppur con minor spessore, sono i problemi legati all'immigrazione e la mancata integrazione, i problemi che ne derivano :disoccupazione e depressione (che si sfoga nell'alcol), le ambizioni e i sogni mai realizzati ( il nuoto per la madre di Leena), la mancanza di determinazione, da parte della madre, di opporsi alle violenze e soprusi subite dal marito (dettate dall'interminabile affetto e amore nei suoi confronti).
Chiaramente il messaggio (la morale del film) e' che per andare avanti nella propria vita bisogna saper affrontare il proprio passato, per quanto doloroso possa essere. Per poter comprendere l'importanza della famiglia, e dei legami che ne derivano, bisogna essere pronti ad accettare e perdonare i propri genitori (comprendendo le loro debolezze ed errori) senza chiudersi dentro falsi e corrosivi sentimenti di odio-rancore verso il proprio passato.
In cio' consiste la liberazione (katharsis) di Leena: riesce a superare i propri traumi, paure e sensi di colpa legate ad un infanzia difficile; e riesce a trovare la forza di volonta' di perdonare e accettare il suo passato. Solo in questo modo potra' guardare avanti (beyond) pacificamente.
Bellissima e struggente opera prima di P.August. Buona la regia che racconta la storia attraverso i flashback della protagonista e strepitose le interpretazioni delle due Leena (specialmente la bambina) che riescono ulteriormente a far risaltare una pellicola di spessore come questa.
Validissima anche la fotografia, a volte fredda e gelida e a volte calorosa, esattamente come i sentimenti contrastanti dell'animo di Leena nei confronti del proprio passato.
Cinema allo stato puro. Un piccolo must tra i migliori (indipendenti) film europei.
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vittorio
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lunedì 12 dicembre 2011
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bel film
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Film introspettivo, ben recitato e diretto..
Film che nononostante la storia non riesce ad entrarti nell'anima....per questo solo tre stelle...
Complessivamente da vedere!!
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molenga
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giovedì 28 luglio 2011
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ferite che non si rimarginano
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Ecco da pernilla August un film che mi ha commosso, coinvolgendomi come pochi altri. La storia è quella di un viaggio fisico, quello di leena per dare l'addio alla madre morente , che s'intreccia con l'angosciante incalzare dei ricordi. Ormai donna sposata e madre, Leena ha chiuso con il suo passato e con chi ne ha fatto parte: i genitori erano due immigrati finlandesi-la pellicola è ambientata in Svezia-, entrambi alcolisti, il padre violento e mai completamente entrato nella mentalità del nuovo paese, il fratello era invece traumatizzato, muto: Leena aveva tentato invano di proteggerlo dall'ambiente familiare, sobbarcandosi il peso di fingere un'esistenza normale; cercando di non perdonare la madre fino all'ultimo si troverà a fronteggiare i suoi demoni e un inspiegabile senso di colpa fino ad esplodere.
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Ecco da pernilla August un film che mi ha commosso, coinvolgendomi come pochi altri. La storia è quella di un viaggio fisico, quello di leena per dare l'addio alla madre morente , che s'intreccia con l'angosciante incalzare dei ricordi. Ormai donna sposata e madre, Leena ha chiuso con il suo passato e con chi ne ha fatto parte: i genitori erano due immigrati finlandesi-la pellicola è ambientata in Svezia-, entrambi alcolisti, il padre violento e mai completamente entrato nella mentalità del nuovo paese, il fratello era invece traumatizzato, muto: Leena aveva tentato invano di proteggerlo dall'ambiente familiare, sobbarcandosi il peso di fingere un'esistenza normale; cercando di non perdonare la madre fino all'ultimo si troverà a fronteggiare i suoi demoni e un inspiegabile senso di colpa fino ad esplodere.
Film sulla difficoltà di fuggire da noi stessi e sulla dannosità del rancore...forse, perché no, sulla necessità di perdonare noi stessi per affrontare meglio le nostre relazioni. Bellissimo e struggente.
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luana
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domenica 24 luglio 2011
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più che altro di denuncia
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Tutti possiamo almeno intuire la vita particolarmente grama in famiglie altamemente disturbate. Qui si parla di alcolisti all'ultimo stadio e il film non racconta niente ma espande il grumo di dolore nell'anima di una donna che è sopravissuta grazie ad una sua forza interna e alla valvola di sfogo del nuoto a cui l'ha iniziata la madre.Straziante rimane per lei il ricordo del fratello a cui il destino ha riservato ben altro. Sono proprio le scene in cui si vede questo bimbo già vinto ad essere particolarmente intense nella loro tragicità;l'impotenza della sorella e il suo rimpianto che si trascina fin da adulta insieme all'odio per i genitori colpevoli.L'ultima scena, molto umana, si chiude con la morte della madre e della voce della donna che la chiama "Mamma".
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Tutti possiamo almeno intuire la vita particolarmente grama in famiglie altamemente disturbate. Qui si parla di alcolisti all'ultimo stadio e il film non racconta niente ma espande il grumo di dolore nell'anima di una donna che è sopravissuta grazie ad una sua forza interna e alla valvola di sfogo del nuoto a cui l'ha iniziata la madre.Straziante rimane per lei il ricordo del fratello a cui il destino ha riservato ben altro. Sono proprio le scene in cui si vede questo bimbo già vinto ad essere particolarmente intense nella loro tragicità;l'impotenza della sorella e il suo rimpianto che si trascina fin da adulta insieme all'odio per i genitori colpevoli.L'ultima scena, molto umana, si chiude con la morte della madre e della voce della donna che la chiama "Mamma". Richiesta o parola con più valenze che questa volta ha un senso perchè la risposta non può più arrivare. Ma che non lo aveva quando lei era piccola perchè ci sono persone vive che sono già come morte o comunque incapaci di comunicare e di dare. Questo film non è però racconto ma solo denuncia e per questo ho dato solo due stelline.
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astromelia
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domenica 17 luglio 2011
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no mercy
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tema delicato...sta ad ogni individuo scegliere il rapporto con i propri genitori,sicuramente in un ambito familiare devastato si può anche perdonare loro,ma non tutto,ed è inutile pentirsi alla fine dopo la morte sopravvenuta.
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marcel cerdan
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venerdì 25 marzo 2011
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onora il padre e la madre?
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E' giusto amare i propri genitori anche quando ti hanno rovinato la vita? La protagonista di Beyond sembra rispondere affermativamente con il pianto liberatorio finale a questa domanda retorica. Anche dopo una vita disagiata e piena di tragedie non si possono completamente dimenticare il proprio padre e la propria madre. Leena ci ha provato, facendosi una bellissima famiglia con un marito che è 1000 volte diverso da quel padre alcolizzato e un po' sbruffone, venuto dalla vicina Finlandia a cercar fortuna. Eppure il passato ritorna improvvisamente, come spesso accade nel cinema e nella letteratura svedese, sotto forma di una telefonata. Questa più volte ignorata da Leena viene raccolta dal marito forse curioso di conoscere il passato della consorte di cui non sa nulla.
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E' giusto amare i propri genitori anche quando ti hanno rovinato la vita? La protagonista di Beyond sembra rispondere affermativamente con il pianto liberatorio finale a questa domanda retorica. Anche dopo una vita disagiata e piena di tragedie non si possono completamente dimenticare il proprio padre e la propria madre. Leena ci ha provato, facendosi una bellissima famiglia con un marito che è 1000 volte diverso da quel padre alcolizzato e un po' sbruffone, venuto dalla vicina Finlandia a cercar fortuna. Eppure il passato ritorna improvvisamente, come spesso accade nel cinema e nella letteratura svedese, sotto forma di una telefonata. Questa più volte ignorata da Leena viene raccolta dal marito forse curioso di conoscere il passato della consorte di cui non sa nulla. La famiglia al completo parte alla ricerca del passato di Leena e qui la giovane donna si trasforma e ritorna verso quello che aveva sempre voluto dimenticare. I numerosi flashbck mostrano l'infanzia di Leena trascinata suo malgrado nel vortice di alcool e litigi che portano i genitori a distruggere l'idillio famigliare. Chi pagherà le conseguenze peggiori sarà il fratellino di Leena di cui si intuisce un destino di solitudine e sofferenza che lo condurrà ad una morte prematura.
Il pregio migliore del film è proprio l'analisi degli affetti, per certi versi assurdi ma sinceri ed incondizionati. Persino dopo aver rischiato di essere uccisa dal marito la madre di Leena ormai anziana non ha parole di odio per il marito ma di comprensione. Leena invece sembra odiare ma in realtà ha solo represso per anni l'amore per la madre lontana. Il finale lascia aperto un interrogativo, la vita di Leena con marito e figlie, costruita nella felicità ma anche nella menzogna, sarà la stessa? La speranza di farcelta è tutta nell'amore delle figlie, incondizionato e dolcissimo.
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laulilla
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giovedì 24 marzo 2011
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un tuffo nel passato
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Questo è un film svedese che racconta molto bene una storia durissima, interpretata splendidamente dall'ottima Noomi Rapace, la Lisbeth di Uomini che odiano le donne.
Nel giorno di Santa Lucia, la festa, che una famiglia si appresta a celebrare, viene improvvisamente interrotta da due telefonate, che riportano Leena ai problemi del suo passato che credeva definitivamente rimossi. La madre morente, infatti, vuole rivederla ed è proprio ciò che la giovane vorrebbe evitare: il marito la spingerà ad accettare quest'ultimo incontro. Nel passato della giovane donna, il racconto del quale occupa, con continui flash back, la maggior parte del film, la famiglia di Leena ha un ruolo centrale e fortemente negativo.
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Questo è un film svedese che racconta molto bene una storia durissima, interpretata splendidamente dall'ottima Noomi Rapace, la Lisbeth di Uomini che odiano le donne.
Nel giorno di Santa Lucia, la festa, che una famiglia si appresta a celebrare, viene improvvisamente interrotta da due telefonate, che riportano Leena ai problemi del suo passato che credeva definitivamente rimossi. La madre morente, infatti, vuole rivederla ed è proprio ciò che la giovane vorrebbe evitare: il marito la spingerà ad accettare quest'ultimo incontro. Nel passato della giovane donna, il racconto del quale occupa, con continui flash back, la maggior parte del film, la famiglia di Leena ha un ruolo centrale e fortemente negativo. I due genitori, immigrati dalla Finlandia, non riescono ad ambientarsi nella Svezia che li ha accolti e che, in qualche misura, ha cercato di integrarli: sono etilisti; si odiano fino all'aggressione fisica, ma incredibilmente si amano davvero e in modo profondo, ignorando irresponsabilmente le esigenze dei figlioletti, che costringono a vivere in un ambiente che diventa sempre più sordido, degradato e violento. Un tuffo nel passato attende dunque Leena, ben preparato dalla scena del tuffo in piscina, che precede l'inizio del viaggio, a ritroso nel tempo, di lei, che è appassionata nuotatrice fin da piccola. Per tutto il film l'acqua della piscina accompagna la vicenda raccontata, assumendo significati fortemente simbolici: rischio, ma insieme possibilità di emergere; dolore e sacrificio, ma anche purificazione; modo per dimenticare, sia pure per poco, l'orrore della realtà quotidiana; riscatto dalle umiliazioni per ripiombare subito dopo in un abisso senza limiti, gorgo dal quale il tenero fratellino, che non ha ancora imparato il gioco della resistenza all'apnea prolungata, verrà travolto.
Film bello, senza patetismi, ben recitato, oltre che da Leena, soprattutto dai due bambini, che ricoprono il ruolo di Leena da piccola e del fratellino sfortunato.
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