enzo70
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domenica 23 ottobre 2016
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buoni gli ingredienti, meno il risultato
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Fatih Akin, il regista usa ingredienti di moda, l’integrazione, la cucina e il lavoro. Zinos è un cuoco greco che vive ad Amburgo e ha un ristorante che propone i classici cibi della cucina per poveri; piatti surgelati, patatine fritte, il grasso gusto della povertà. Ma un’ernia al disco non consente più a Zinos di stare all’impiedi in cucina a spiattellare e così si vede costretto ad assumere un vero chef, ed anche il pessimo carattere fa parte della parte, che man mano trasformerà il locale in un punto di ritrovo dove troverà spazio anche della buona musica soul.
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Fatih Akin, il regista usa ingredienti di moda, l’integrazione, la cucina e il lavoro. Zinos è un cuoco greco che vive ad Amburgo e ha un ristorante che propone i classici cibi della cucina per poveri; piatti surgelati, patatine fritte, il grasso gusto della povertà. Ma un’ernia al disco non consente più a Zinos di stare all’impiedi in cucina a spiattellare e così si vede costretto ad assumere un vero chef, ed anche il pessimo carattere fa parte della parte, che man mano trasformerà il locale in un punto di ritrovo dove troverà spazio anche della buona musica soul. Il film, come detto, utilizza ingredienti rodati e Akin ha buona mano, ma a mio avviso alla fine manca un vero filo conduttore che possa consentire alla storia di appassionare lo spettatore, sembra tutto così scontato che sembra un film già visto.
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federinik
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sabato 10 aprile 2010
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cucina multietnica globale
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Questa è la storia di un giovane emigrato che cerca la propria fortuna e investe I propri soldi e anche quelli della propria fidanzata, per la gestione di un ristorante, soprannominato “Soul Kitchen”. Cucina dell’anima per chi serve il piatto adatto per ogni situazione, anche quando a sgomitare per un posto nel locale sono quelli del fisco o un presunto amico che cerca il colpaccio. Zinos, emigrato greco in Germania, come il regista turco Fatih Akin, accusa un problema fisico nel momento più importante della sua vita, così inizia a soffrire di ernia al disco. Assume un cuoco specializzato, essendo nell’emergenza, ma le cose non funzionano. La gente preferisce i soliti piatti e la fantasia non va a braccetto con il convenzionalismo dei clienti.
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Questa è la storia di un giovane emigrato che cerca la propria fortuna e investe I propri soldi e anche quelli della propria fidanzata, per la gestione di un ristorante, soprannominato “Soul Kitchen”. Cucina dell’anima per chi serve il piatto adatto per ogni situazione, anche quando a sgomitare per un posto nel locale sono quelli del fisco o un presunto amico che cerca il colpaccio. Zinos, emigrato greco in Germania, come il regista turco Fatih Akin, accusa un problema fisico nel momento più importante della sua vita, così inizia a soffrire di ernia al disco. Assume un cuoco specializzato, essendo nell’emergenza, ma le cose non funzionano. La gente preferisce i soliti piatti e la fantasia non va a braccetto con il convenzionalismo dei clienti. Quando tutto precipita, a seguito di tutta una serie di rocambolesche peripezie, giunge l’aiuto insperato da parte di chi inizialmente aveva tradito le aspettative.
La cucina soul ha il sapore e il tocco frizzante di una colonna sonora fusion, dove il rythm’n’blues predomina donando vigore alla trama.
Una commedia degli equivoci a sfondo sociale, buoni sentimenti ed estremismo situazionale, una matassa orgasmica di piaceri corporali, dal palato al sesso.
Il tocco di Akin emerge dal tono scanzonato che permane e pervade l’intero film, anche dai volti degli interpreti, funzionanti a quella che si potrebbe nominare come la commedia rocambolesca dell’anno, premio della giuria all’ultima mostra del cinema di Venezia.
Ambientato ad Amburgo, “Soul Kitchen” ha il pregio di raccontare una storia dal ritmo vitale racchiusa in un’atmosfera plumbea come quella di un luogo grigio e invernale com’è la città tedesca. Da questo punto di vista, il lieto fine non scalfisce quelle che sono le prerogative principali del regista turco, parlarci di buoni sentimenti di una voglia che traspare d’integrazione sociale adottando il registro della commedia farsesca. Così a tratti i personaggi sembrano ricalcare le movenze dei comici dell’era del muto, pur se parlano, alzano la voce sul posto di lavoro, perché il Soul Kitchen è luogo di chiasso e baldanza, senza remore.
Contribuisce efficacemente all’atmosfera ovattata e kitsch allo stesso tempo, la fotografia di Rainer Klausmann.
Multi etnie a confronto fanno scoprire quanto possano convivere bene assieme una faccia come quella del fratello di Zinos, il rapinatore in semi-libertà Ilias, e Lucia, la misteriosa cameriera. L’idillio è così vicino da sentirlo entrare fin su nelle narici come un piatto fumante afrodisiaco, cotto e pronto per l’uso.
Un film che convince di più di polpettoni artificiali in odore di tripudio di Oscar come “Avatar” o di commedie di critica sociale pedanti e poco convincenti come il sopravvalutato “Tra le nuvole”. Senza ombra di dubbio il film del mese di Gennaio, anche se “A single man” dell’esordiente stilista Tom Ford, riesce ad essere struggente con pochi tocchi calibrati d’autore (nella sua pur esibita esteticità, contrastata da una tendenza maggiore all’interiorità, ritratta da un ottimo Colin Firth), soprattutto per quanto riguarda le musiche, veramente splendide.
Nel caso di “Soul Kitchen”, sono da menzionare anche gli originalissimi e gustosissimi titoli di coda. Che il cibo risuoni con armonia nei nostri stomaci, a lungo andare.
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carlita
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mercoledì 29 settembre 2010
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giusti gli ingredienti sbagliate le dosi
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Amore cibo e sesso. Questi gli ingredienti del fim. I presupposti sono buoni, forse troppo per riuscire a non deludere uno spettatore con le aspettative degne di tali ingredienti. Ottima la scelta della città multietnica dove i personaggi sono cittadini di un mondo che sembra non avere limitazioni raziali. E' forse il titolo a tradire le speranze di uno spettatore che si aspetta qualcosa di meno catostrofico e più intenso? La tematica della cucina poteva essere ampliamente più sviluppata, soprattutto pensando a quel filo immaginario ma potentissimo che la lega al sesso. Quest'ultimo è lasciato al suo destino, relegato a poche scene per poi essere dimenticato.
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Amore cibo e sesso. Questi gli ingredienti del fim. I presupposti sono buoni, forse troppo per riuscire a non deludere uno spettatore con le aspettative degne di tali ingredienti. Ottima la scelta della città multietnica dove i personaggi sono cittadini di un mondo che sembra non avere limitazioni raziali. E' forse il titolo a tradire le speranze di uno spettatore che si aspetta qualcosa di meno catostrofico e più intenso? La tematica della cucina poteva essere ampliamente più sviluppata, soprattutto pensando a quel filo immaginario ma potentissimo che la lega al sesso. Quest'ultimo è lasciato al suo destino, relegato a poche scene per poi essere dimenticato. Direi che il sale del filmè senzaltro l' amore, a volte amaro, a volte inaspettato, ma sempre adatto a portare il lieto fine che piace tanto a quei sostenitori di un romanticismo, oramai, ahimè, divenuto pura fantasia!
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vipera gentile
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lunedì 21 febbraio 2011
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una commedia divertente
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Un uomo si dedica con entusiasmo e devozione al suo ristorante situato in un caseggiato fatiscente della periferia londinese dove cucina per un gruppo affezionato di clienti. E' fidanzato con una giornalista che si trasferisce in Cina per lavoro. Rimasto solo, incontra casualmente un nuovo amore e uno chef dal carattere esuberante; lo assume. Il locale diventerà redditizio e una preda ambita. Ben caratterizzati i personaggi, talvolta le scene sono eccessive.
Molto divertente.
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(di nicola1)
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dario
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lunedì 2 agosto 2010
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commediola
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E' una piccola commedia che non riesce a prendere quota. La gradevolezza è garantita da un buon taglio cinematografico, ma i tipi sono stereotipi e la vicenda, a zig zag, è molto banale. La trascuratezza vorrebbe essere un segno di originalità e di disinvoltura in barba alla seriosità della vita, ma diventa presto una innocua puntura al sistema con contorno di buona musica, tutto sommato allineata. Recitazione soft in tutti i sensi.
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(di leon80)
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