Bodyguards and Assassins

 Bodyguards and Assassins (2009)

Non è un semplice film di kung fu e di mattanze che si succedono con incalzanti ritmi di ottimo action movie e con il sangue che schizza incontrollato sugli schermi come nei migliori film di Quentin Tarantino, come qualche critico cinematografico l’ha relegato ingenerosamente. Il produttore, Peter Chan, e il regista, Teddy Chan, lanciano allo spettatore, ed in particolare al popolo cinese, un (meta)messaggio molto importante. Un messaggio che lo spettatore disattento, che si lascia sedurre ed impressionare, cinematograficamente parlando, dalla successione degli spettacolari duelli ad arma bianca, ovviamente non può cogliere. [+]

 Bodyguards and Assassins (2009)

Non è un semplice film di kung fu e di mattanze che si succedono con incalzanti ritmi di ottimo action movie e con il sangue che schizza incontrollato sugli schermi come nei migliori film di Quentin Tarantino, come qualche critico cinematografico l’ha relegato ingenerosamente. Il produttore, Peter Chan, e il regista, Teddy Chan, lanciano allo spettatore, ed in particolare al popolo cinese, un (meta)messaggio molto importante. Un messaggio che lo spettatore disattento, che si lascia sedurre ed impressionare, cinematograficamente parlando, dalla successione degli spettacolari duelli ad arma bianca, ovviamente non può cogliere. E’ un messaggio forte, dirompente ed incisivo: la vera rivoluzione passa dal popolo e dalla gente comune. Solo se il popolo è mosso da motivazioni ed ideali forti, che reggono e alimentano costantemente la Rivoluzione, questa può arrivare al pieno e vero successo.

L’efficacia della narrazione sta proprio nella rappresentazione di sentimenti e di emozioni semplici ed universali ai quali nessun uomo può a lungo rinunciare. Limitare la libertà di espressione e mortificare la speranza che i sogni di un futuro migliore possano realizzarsi, è il peggior male che possa colpire un uomo. Ed è da questo “male” inflitto da pochi (i potenti) ai molti (il popolo) che storicamente ha la sua genesi, lenta ma inarrestabile e dirompente, la rivoluzione politica e culturale di un popolo oppresso.

Ed è qui che prendono corpo le semplici storie personali dei protagonisti che sapientemente intreccia l’ottimo Teddy Chan. L’amore del padre che lotta e si espone pericolosamente contro l’impero cinese perché il figlio abbia un futuro migliore al di là della grande muraglia cinese e verso la prestigiosa università di Harvard. La lealtà e la riconoscenza del giovane portantino nei confronti del suo “padrone” che lo ha sottratto alla povertà, allevato e rispettato come un componente della sua famiglia. La voglia di redenzione di un vecchio samurai, ridotto dai sensi di colpa a mendicare e a dormire sotto i ponti, che non si è mai perdonato il più grave dei torti commesso da giovane nei confronti del padre. La forza di riscatto che impetuosamente esplode in petto al cinico mercenario, quando la sua donna, oramai irrimediabilmente perduta, gli rivela il dono più grande che possa ricevere un uomo: una figlia concepita anni prima dal loro intenso amore.

Sono queste le forze sociali che lo sceneggiatore mette alla base della rivoluzione “democratica” del Kuomintang, fondato nel 1912 da Song Jiaoren e Sun Yat-sen (citato nel film), subito dopo la Rivoluzione Xinhai che rovesciò il potere illimitato della dinastia Qing e impose in Cina la repubblica.

Oggi più che mai il film è attuale, considerato che all’interno della “Sala del Popolo” di Pechino si sta tenendo il diciottesimo congresso del Partito Comunista che dovrà eleggere il nuovo presidente della Repubblica Popolare Cinese, il già designato cinquantanovenne Xi Jinping. Oggi più che mai il film ha un senso storico, considerato che malgrado il grandissimo sviluppo economico degli ultimi dieci anni, il popolo cinese è fortemente limitato nella libertà di espressione e nella libertà di sognare un futuro migliore per i propri figli. Oggi più che mai il film è da vedere, considerato che nel terzo millennio la Repubblica Popolare Cinese ritorna ad innalzare una robusta ed invalicabile “virtuale muraglia cinese” contro l’occidente, contro la comunicazione internazionale, contro il libero scambio internet che di fatto vieta l’uso dei portali più democratici e liberi del ventunesimo secolo: google, facebook, youtube, twitter, etc…!

 Bodyguards and Assassins (2009)

Non è un semplice film di kung fu e di mattanze che si succedono con incalzanti ritmi di ottimo action movie e con il sangue che schizza incontrollato sugli schermi come nei migliori film di Quentin Tarantino, come qualche critico cinematografico l’ha relegato ingenerosamente. Il produttore, Peter Chan, e il regista, Teddy Chan, lanciano allo spettatore, ed in particolare al popolo cinese, un (meta)messaggio molto importante. Un messaggio che lo spettatore disattento, che si lascia sedurre ed impressionare, cinematograficamente parlando, dalla successione degli spettacolari duelli ad arma bianca, ovviamente non può cogliere. [+]

 Bodyguards and Assassins (2009)

Non è un semplice film di kung fu e di mattanze che si succedono con incalzanti ritmi di ottimo action movie e con il sangue che schizza incontrollato sugli schermi come nei migliori film di Quentin Tarantino, come qualche critico cinematografico l’ha relegato ingenerosamente. Il produttore, Peter Chan, e il regista, Teddy Chan, lanciano allo spettatore, ed in particolare al popolo cinese, un (meta)messaggio molto importante. Un messaggio che lo spettatore disattento, che si lascia sedurre ed impressionare, cinematograficamente parlando, dalla successione degli spettacolari duelli ad arma bianca, ovviamente non può cogliere. E’ un messaggio forte, dirompente ed incisivo: la vera rivoluzione passa dal popolo e dalla gente comune. Solo se il popolo è mosso da motivazioni ed ideali forti, che reggono e alimentano costantemente la Rivoluzione, questa può arrivare al pieno e vero successo.

L’efficacia della narrazione sta proprio nella rappresentazione di sentimenti e di emozioni semplici ed universali ai quali nessun uomo può a lungo rinunciare. Limitare la libertà di espressione e mortificare la speranza che i sogni di un futuro migliore possano realizzarsi, è il peggior male che possa colpire un uomo. Ed è da questo “male” inflitto da pochi (i potenti) ai molti (il popolo) che storicamente ha la sua genesi, lenta ma inarrestabile e dirompente, la rivoluzione politica e culturale di un popolo oppresso.

Ed è qui che prendono corpo le semplici storie personali dei protagonisti che sapientemente intreccia l’ottimo Teddy Chan. L’amore del padre che lotta e si espone pericolosamente contro l’impero cinese perché il figlio abbia un futuro migliore al di là della grande muraglia cinese e verso la prestigiosa università di Harvard. La lealtà e la riconoscenza del giovane portantino nei confronti del suo “padrone” che lo ha sottratto alla povertà, allevato e rispettato come un componente della sua famiglia. La voglia di redenzione di un vecchio samurai, ridotto dai sensi di colpa a mendicare e a dormire sotto i ponti, che non si è mai perdonato il più grave dei torti commesso da giovane nei confronti del padre. La forza di riscatto che impetuosamente esplode in petto al cinico mercenario, quando la sua donna, oramai irrimediabilmente perduta, gli rivela il dono più grande che possa ricevere un uomo: una figlia concepita anni prima dal loro intenso amore.

Sono queste le forze sociali che lo sceneggiatore mette alla base della rivoluzione “democratica” del Kuomintang, fondato nel 1912 da Song Jiaoren e Sun Yat-sen (citato nel film), subito dopo la Rivoluzione Xinhai che rovesciò il potere illimitato della dinastia Qing e impose in Cina la repubblica.

Oggi più che mai il film è attuale, considerato che all’interno della “Sala del Popolo” di Pechino si sta tenendo il diciottesimo congresso del Partito Comunista che dovrà eleggere il nuovo presidente della Repubblica Popolare Cinese, il già designato cinquantanovenne Xi Jinping. Oggi più che mai il film ha un senso storico, considerato che malgrado il grandissimo sviluppo economico degli ultimi dieci anni, il popolo cinese è fortemente limitato nella libertà di espressione e nella libertà di sognare un futuro migliore per i propri figli. Oggi più che mai il film è da vedere, considerato che nel terzo millennio la Repubblica Popolare Cinese ritorna ad innalzare una robusta ed invalicabile “virtuale muraglia cinese” contro l’occidente, contro la comunicazione internazionale, contro il libero scambio internet che di fatto vieta l’uso dei portali più democratici e liberi del ventunesimo secolo: google, facebook, youtube, twitter, etc…!

Megaproduzione fra Honk Kong e Cina, uno dei film di maggiore successo commerciale della passata stagione in Asia, action movie ispirato a fatti storici, "Bodyguard and assassins" delude le attese, a causa di una sceneggiatura sfilacciata e ad una regia spesso retorica e sopra le righe; il film si salva grazie alle straordinarie scenografie e a qualche scena di azione (bella la citazione cinefila della scena della scalinata). Certo che dieci anni spesi per realizzare un film come questo sono un bello spreco di tempo!