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Remake senza fascino del ben più stimabile "Quando chiama uno sconosciuto" (1979), sebbene non privo di trovate interessanti. Nelle mani del regista Simon West, anche l’immensa casa in cui la bella baby-sitter Jill (Camilla Bell) è vittima delle telefonate anonime di un pazzo evaso da un manicomio criminale, diviene un personaggio della vicenda, anzi forse il più importante. In tal modo, l’iniziale assenza di morale, assume dei contorni più vaghi ed indistinti e la pellicola sembra "crescere" in una (appena accennata) riflessione sui vari gradi della follia, trascendendo da quella puramente maniacale che muove l’assassino, per ampliare il suo raggio d’azione, includendo l’intera società, nella sua insana sregolatezza. Il ritmo narrativo è, comunque, ben sostenuto e la presenza di alcuni vuoti strutturali, pur infastidendo notevolmente lo spettatore attento, aumenta la carica di macabra tensione irrazionale, che permea il racconto. La suspense, però, risulta elusa dalla frenetica volontà dello sceneggiatore di rileggere a tutti i costi la storia in chiave tecnologica. La narrazione, inevitabilmente, ne risente e il senso di nervosa ansietà, che dovrebbe essere il motore primo di un thriller, cade inesorabile nei più banali e superati cliché. Dialoghi scarni e stereotipati, ma buona fotografia. Finale al cardiopalma, ma l’ultima scena è rubata al bellissimo "Vestito per uccidere" di De Palma.
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