Tratto dal romanzo "Fertig" di Sol Yurick, The Confession è imperniato su un doppio caso di coscienza, visto nella prospettiva di una visione moralistica dell’esistenza, di un uomo che ha assassinato a sangue freddo il medico e l’infermiera rei di non aver prestato soccorso al figlioletto agonizzante e di un avvocato carrierista, cinico e privo di scrupoli, che da tempo ha abbandonato i principi etici della sua professione per il successo ed il potere. L’esito è retoricamente ottimista, con la palingenesi finale del peccatore, convertito sulla via di Damasco all’impegno per la giustizia, non si comprende bene, tuttavia, se dal sermone moraleggiante del manager ebreo sul concetto di responsabilità individuale di fronte alla legge suprema di Dio o piuttosto dalle grazie della sua giovane moglie, Amy Irving, o da entrambi.
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Tratto dal romanzo "Fertig" di Sol Yurick, The Confession è imperniato su un doppio caso di coscienza, visto nella prospettiva di una visione moralistica dell’esistenza, di un uomo che ha assassinato a sangue freddo il medico e l’infermiera rei di non aver prestato soccorso al figlioletto agonizzante e di un avvocato carrierista, cinico e privo di scrupoli, che da tempo ha abbandonato i principi etici della sua professione per il successo ed il potere. L’esito è retoricamente ottimista, con la palingenesi finale del peccatore, convertito sulla via di Damasco all’impegno per la giustizia, non si comprende bene, tuttavia, se dal sermone moraleggiante del manager ebreo sul concetto di responsabilità individuale di fronte alla legge suprema di Dio o piuttosto dalle grazie della sua giovane moglie, Amy Irving, o da entrambi. Le due storie parallele dei protagonisti, di cui quella apparentemente più eclatante è soltanto strumentale all’altra, didascalicamente rappresentate nelle prime scene che si alternano tra un’aula di tribunale, con l’avvocato brillante che perora una causa in difesa di un poliziotto corrotto, e un elegante appartamento con la celebrazione familiare di un rito ebraico, fatalmente si intersecano determinando il cambiamento radicale, la catarsi, del più fragile dei due personaggi, l’unico bisognoso di redenzione, essendo l’altro già pronto ad espiare la colpa di cui consapevolmente si è macchiato. The Confession è privo di vera azione, il movimento è dato esclusivamente dal montaggio in successione delle scene in sé statiche e nelle quali gli attori si muovono come su di un palco. David Jones, regista anche teatrale, cerca di far emergere il tormento psicologico del personaggio attraverso dialoghi e monologhi che assomigliano tutti a delle confessioni rese al pubblico degli spettatori, che, assistendo all’evoluzione drammatica del rinnovamento interiore dell’eroe, devono trarne le giuste conseguenze, come se fossero insegnamenti morali a carattere religioso impartiti dal pulpito. Il cast è di prim’ordine, con una grande interpretazione di Ben Kingsley, come sempre magneticamente carismatico e coinvolgente ed una meno convincente e di minor impatto emotivo di Alec Baldwin, la cui recitazione sconta un’espressione del volto perennemente imbambolata, soprattutto laddove, invece, sarebbe richiesta l’esternazione di sentimenti contrastanti, che pure dovrebbero agitare l’animo di un uomo costretto ad una scelta che gli stravolgerà la vita.
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