Docufilm sulla prima battaglia legale che gli aborigeni intrapresero contro il Commonwealth dell’Australia, espressione del potere colonialista dell’Inghilterra, per rivendicare il diritto ancestrale sulle terre possedute dai loro antenati fin dalla notte dei tempi.
Nel racconto quasi cronachistico della vicenda irrompe la figura surreale di una vecchia signora che ha perduto il suo bastardino nei pozzi di una miniera. L’irrealtà di questo personaggio, creato dalla fantasia di Herzog, si fonde con la concezione del mondo magica e visionaria degli aborigeni, contrapponendosi al raziocinante e calcolante modo d’essere degli occidentali.
Il neopositivista non riuscirà mai a comprendere che interrompere il sogno delle formiche verdi con esplosivi e trivellazioni, per sondare il terreno alla ricerca di risorse energetiche, potrebbe significare la distruzione dell’equilibrio naturale su cui si regge il mondo e quindi la fine dell’umanità.
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Docufilm sulla prima battaglia legale che gli aborigeni intrapresero contro il Commonwealth dell’Australia, espressione del potere colonialista dell’Inghilterra, per rivendicare il diritto ancestrale sulle terre possedute dai loro antenati fin dalla notte dei tempi.
Nel racconto quasi cronachistico della vicenda irrompe la figura surreale di una vecchia signora che ha perduto il suo bastardino nei pozzi di una miniera. L’irrealtà di questo personaggio, creato dalla fantasia di Herzog, si fonde con la concezione del mondo magica e visionaria degli aborigeni, contrapponendosi al raziocinante e calcolante modo d’essere degli occidentali.
Il neopositivista non riuscirà mai a comprendere che interrompere il sogno delle formiche verdi con esplosivi e trivellazioni, per sondare il terreno alla ricerca di risorse energetiche, potrebbe significare la distruzione dell’equilibrio naturale su cui si regge il mondo e quindi la fine dell’umanità.
Il film del 1984, girato in piena epoca reaganiana, con la civiltà occidentale al culmine della sua parabola, impegnata nello sfruttamento sistematico dell’ente mondo, è un grido d’allarme lucido e disperato in forma poetica, rimasto inascoltato, sulla sorte ormai segnata dell’uomo moderno, lanciato in una folle corsa verso il precipizio che si profila inevitabile all’orizzonte.
Gli aborigeni mostrarono al giudice un oggetto sacro rimasto sepolto per più di duecento anni, che Herzog non ci fa vedere, rispettando la sacralità del totem avvolto in un panno nelle mani di un capo tribù. Non servì a nulla. La causa fu vinta dalla società mineraria, ovviamente.
In una delle ultime sequenze, due aborigeni decollano sull’aereo verde militare, donato alla popolazione locale dagli occidentali con l’illusione di comprarne il silenzio, come su di una enorme formica verde, ma il volo nuziale si trasforma metaforicamente in un volo ferale ed i due si schiantano tra le montagne.
Dal confronto drammatico dei due mondi opposti, collocati agli estremi dell’evoluzione umana, uno fermo allo stadio primordiale, molto vicino a quello del primitivo uomo delle caverne, l’altro moderno, all’acme dello sviluppo industriale e tecnologico, frutto di una cultura positivista e materialista, il primo non può che uscirne sconfitto. E’ alla fine una questione di pura forza militare che decide le sorti dello scontro. L’arbitrio dei potenti, travisato da giustizia con il magistrato in parrucca, ha la meglio sui più deboli.
Herzog come poeta non può che prendere posizione schierandosi a fianco del popolo che è ancora capace di sognare ed avere una visione poetica della vita, si cala nei panni del geologo, interpretato da Bruce Spence, che rinnega la società per cui lavora, rinunciando ai soldi e alla carriera, per andare a vivere in una baracca nel deserto australiano vicino agli ultimi sognatori della terra.
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