Prendi i soldi e scappa

Un film di Woody Allen. Con Woody Allen, Janet Margolin, Marcel Hillaire, Lonny Chapman, Jan Merlin Titolo originale Take the Money and Run. Commedia, durata 85 min. - USA 1969. MYMONETRO Prendi i soldi e scappa * * * 1/2 - valutazione media: 3,80 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La tribolata esistenza di un furbo ladruncolo. Valutazione 3 stelle su cinque

di Great Steven


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giovedì 1 dicembre 2016

 

PRENDI I SOLDI E SCAPPA (USA, 1969) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da WOODY ALLEN, JANET MARGOLIN, MARCEL HILLAIRE, JACQUELYN HYDE, LONNY CHAPMAN, JA MERLIN, JAMES ANDERSON, ETHEL SOKOLOW, HENRY LEFF, LOUISE LASSER, JACKSON BECK

Il film è raccontato da una voce narrante maschile sottoforma di falso documentario, incentrato sulla biografia di un personaggio immaginario, il maldestro delinquente di infima categoria Virgil Starkwell. Si parte dai primi tempi, dalla sua infanzia difficile con un padre padrone e una madre impotente in un quartiere dove la malavita dilaga perfino fra i giovanissimi, per poi proseguire con gli anni della gioventù, in cui il ragazzo tenta con scarsissimo successo la carriera del giocatore di biliardo e quella del violoncellista nella banda comunale. Ma Virgil capisce ben presto che la sua vera vocazione è quella del criminale, pertanto le immagini audiovisive riportano i suoi primi tentativi di rapina. Condannato per la prima volta a scontare una pena detentiva, evade dalla prigione e incontra Louise, ragazza gentile e delicata che lavora in una lavanderia. Dopo qualche serata trascorsa insieme a cenare e passeggiare, l’uomo se ne innamora, ricambiato. Ma il richiamo per la malavita è troppo forte, e Virgil cerca ancora di sfondare nel mondo del crimine: con un biglietto scritto in pessima calligrafia, tenta una rapina ad una banca, ma viene facilmente scoperto e incarcerato di nuovo. Riceve le visite di Louise durante il periodo di detenzione, e riesce del tutto casualmente a fuggire un giorno che i suoi compagni di cella rinunciano a scappare dal carcere per un imprevisto. Nuovamente libero, ma pur sempre ricercato dalle forze dell’ordine, Virgil sposa Louise e ha da lei un bambino. Trova lavoro, grazie ad un rocambolesco sovvertimento di posizioni, in ufficio assicurativo, ma una collega isterica scopre una sua fotografia nell’annuario criminale e minaccia di riconsegnarlo alla polizia se non lui non asseconda i suoi capricci finanziari. Deciso a non buttare via le poche risorse economiche che ancora gli restano, Virgil uccide la donna con due candelotti di dinamite. Costretto a fuggire da un posto all’altro senza fissa dimora per scampare ai poliziotti che continuamente lo inseguono, Virgil non può garantire alla moglie e al figlio il tenore di vita che entrambi desidererebbero, e dilaga nella miseria. Finché non progetta l’ennesima rapina, e questa volta ad una banca federale, ma pure questa fallisce perché, contemporaneamente a Virgil e ai suoi complici, spunta all’improvviso un’altra banda. Imprigionato per la terza volta, lo sfortunato mascalzoncello viene destinato ai lavori forzati, ma riesce ancora una volta a farla franca insieme a cinque compagni di sventura, finché non incontra un pomeriggio un suo vecchio amico, che suonava con lui nella banda anni prima, e che ora, essendo diventato agente dell’FBI, in qualità di tutore della legge lo arresta. Processato per ben cinquantadue diversi reati, Virgil Starkwell è condannato a restare dietro le sbarre ottocento anni. Fa un po’ effetto vedere un film di Allen, qui al suo opus n°2, che ancora non ha i titoli di testa col tipico carattere di scrittura che poi adottò per ogni sua opera da regista, non accompagnati dal motivetto jazz e soprattutto con personaggi non ancora prede di paranoie e nevrosi varie, escluso parzialmente il protagonista, individuo intelligente ma imprevedibile e, per sua disgrazia, con un’inclinazione naturale a cacciarsi nei guai. è comunque una divertente commedia con buoni tempi comici e gag riuscite, anche se lo stile registico e recitativo di Woody è ancora alquanto grezzo e perfezionabile, ma già si intravedono alcuni tratti che poi costituiranno, negli anni a venire, il suo inconfondibile marchio di fabbrica: attenzione alle tematiche sociali dal punto di vista delle fasce più povere e deboli, le difficoltà inevitabili nel rapporto uomo-donna, la critica all’ordine costituito (velata sempre da una dose attenuante di sano umorismo yankee), presenza fitta e corposa di dialoghi, tutti piuttosto concitati e ben orchestrati, e conflittualità forgianti e determinanti nelle relazioni fra i personaggi. L’idea di strutturare la pellicola come un finto documentario biografico trova la sua ideale attuazione nella duplice voce espositiva del narratore e in quella dello stesso Virgil Starkwell, che in fin dei conti è pentito delle proprie malefatte e vorrebbe cambiar vita, ma la tendenza irrefrenabile a sgarrare e infrangere le leggi si rivela puntualmente più forte di lui, fino a soverchiare il suo libero arbitrio e condurlo a vivere bruttissime esperienze, una peggio dell’altra. Buoni i contributi tecnici, da una fotografia discretamente decorativa a un montaggio funzionale che accompagna le sequenze in un road-movie spassoso e gustoso che non si dà pretese eccessive, né mira a polemizzare con toni di superiorità il sistema carcerario statunitense e nemmeno il sogno americano, per quanto le vicende di Starkwell, con intenzione o meno, tendano a minimizzare e addirittura a svilire le concezioni socio-culturali su cui l’american way of life si è sempre fondata. Ma anche in questo sta la bravura, nel 1969 ancora acerba ma già pronta a maturare, in campo artistico e morale, dell’uomo e del cineasta Allen, promotore di un biglietto da visita che lo rende unico nel suo genere, non soltanto nel panorama cinematografico d’oltreoceano.

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