onufrio
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giovedì 31 gennaio 2013
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django by corbucci
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Riportato alla cronaca dalla recente uscita di Django-Unchained di Tarantino, Django l'originale è bianco, ha gli occhi azzurri lo sguardo spietato e malinconico,trascina con sé una bara in cui tiene una cosa che ha comunque a che fare sempre con la morte. Film culto degli anni 60, Corbucci crea un pistolero spietato e sanguinario,con aria di rivalsa,sfida gli americani capeggiati dal Maggiore Jackson e và in conflitto anche coi messicani del Generale Rodriguez...il tutto scaturisce per una donna..anzi, due.
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opidum
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martedì 29 gennaio 2013
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47 anni
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scrivo sta recensione dopo aver visto Django Unchained al cinema.
il vero Django di Sergio Corbucci del 1966 (questo film ha quasi 50 anni signori!!!) l'ho visto molti anni fa e non mi ricordo moltissimo.
mi ricordo la scena della mitragliatrice nella bara , la scena dello spappolamento delle mani con i cavalli e il povero Gigi Pernice che si magna il suo orecchio!!!
a me di Corbucci piace molto di più "Vamos a Matar Companeros" ma guardando Django pensai"...cavoli a questo non piace perdere tempo..."
.diciamo che Django è come una partita di calcio dove si vedono solo i calci di rigore.
e allora perchè le 5 stelle???
perchè appunto Django è un film che negli ultimi 47 anni ha ispirato tantissimi film apocrifi ( la maggior parte dei quali sono delle schifezze pazzesche) e ancora adesso la sua popolarità non accenna a diminuire.
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scrivo sta recensione dopo aver visto Django Unchained al cinema.
il vero Django di Sergio Corbucci del 1966 (questo film ha quasi 50 anni signori!!!) l'ho visto molti anni fa e non mi ricordo moltissimo.
mi ricordo la scena della mitragliatrice nella bara , la scena dello spappolamento delle mani con i cavalli e il povero Gigi Pernice che si magna il suo orecchio!!!
a me di Corbucci piace molto di più "Vamos a Matar Companeros" ma guardando Django pensai"...cavoli a questo non piace perdere tempo..."
.diciamo che Django è come una partita di calcio dove si vedono solo i calci di rigore.
e allora perchè le 5 stelle???
perchè appunto Django è un film che negli ultimi 47 anni ha ispirato tantissimi film apocrifi ( la maggior parte dei quali sono delle schifezze pazzesche) e ancora adesso la sua popolarità non accenna a diminuire.
e vi sembra poco???
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ultimoboyscout
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venerdì 3 agosto 2012
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bara...a sorpresa!
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Un successo clamoroso questo di Segio Corbucci! Per l'occasione il regista, co-sceneggiatore assieme al fratello Bruno, si inventa una terra al confine tra Messico e Stati Uniti fangosa e meno desertica di quanto ci si possa aspettare, piazzandoci un protagonista atipico inventato ad hoc per l'occasione. Django, interpretato da un fantastico Franco Nero, è un personaggio cult, che sotto il cappello nasconde occhi blu e trascina una bara nella quale nasconde una mitragliatrice. Il tasso di violenza rasenta la follia e il rapporto morti ammazzati-minuti di durata del film è più o meno di 1:1, il sadismo è imperante e culmina nella scena dell'orecchio mozzato, ripresa più volte al cinema, anche da Tarantino.
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Un successo clamoroso questo di Segio Corbucci! Per l'occasione il regista, co-sceneggiatore assieme al fratello Bruno, si inventa una terra al confine tra Messico e Stati Uniti fangosa e meno desertica di quanto ci si possa aspettare, piazzandoci un protagonista atipico inventato ad hoc per l'occasione. Django, interpretato da un fantastico Franco Nero, è un personaggio cult, che sotto il cappello nasconde occhi blu e trascina una bara nella quale nasconde una mitragliatrice. Il tasso di violenza rasenta la follia e il rapporto morti ammazzati-minuti di durata del film è più o meno di 1:1, il sadismo è imperante e culmina nella scena dell'orecchio mozzato, ripresa più volte al cinema, anche da Tarantino. La regia cerca la praticità e non la finezza nonostante si avvalga di collaboratori di primissimo livello, Corbucci confeziona questo western atipico che ha avuto un seguito ufficiale molti anni dopo la sua uscita ma conta oltre venti apocrifi e una specie di prequel giapponese girato nel 2007 da Takashi Miike a sottolinearne il successo planetario. Atipico perchè ha atmosfere funeree al limite dell'horror e uno stile gotico che si può gustare per l'intera durata della pellicola. Corbucci si dimostra artigiano di primissimo livello tanto da aver stuzzicato e ispirato un mostro sacro dei nostri tempi come Quentin Tarantino e in attesa dello scatenato Django del regista newyorkese è d'obbligo uno sguardo a questo film, davvero un gustosissimo e appetitosissimo antipasto!
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brando fioravanti
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mercoledì 23 maggio 2012
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django
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Sulla scia del grande successo di Leone ecco un western inverosimile e super violento. Lo stile è palesamente più basso e Nero non è Eastwood, ma nella trama ci sono anche buoni sentimenti e ideali cosa che manca decisamente in questo genere stile italiano. Cè una certa grinta nelle scene d'azione seppure vanno oltre il possibile. La violenza trova più giustificazione che nei massacri di Sergio. Non un grande film, ma è comprensibile il successo di pubblico.
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gianni lucini
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mercoledì 14 settembre 2011
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lo sparo della morta
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C’è un errore nel sonoro del duello finale in cui Django elimina il suo antagonista e i cinque uomini che l’accompagnano. Mentre gli uomini cadono sotto i colpi della pistola del protagonista appoggiato alla croce della tomba di sua moglie si odono perfettamente sette colpi. Sono decisamente un po’ troppi per un’arma a tamburo che ha soltanto sei proiettili. Nonostante la facilità dell’eventuale correzione l’errore del sonoro non è mai stato modificato. I cultori del film, infatti, l’hanno ribattezzato “lo sparo della morta”, una sorta di colpo aggiuntivo sparato dallo spirito della moglie di Django contro i suoi assassini,
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gianni lucini
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mercoledì 14 settembre 2011
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il regista che rovescia gli stereotipi
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La caratteristica principale di Sergio Corbucci, considerato con i suoi amici Sergio Leone e Duccio Tessari uno dei migliori esponenti del western all’italiana, è quella di non farsi ingabbiare dai codici del genere. Nei suoi lavori gioca a rovesciare gli stereotipi fissando nuove regole destinate a essere superate dalla pellicola successiva. Se in Django la scelta è quella di portare all’estremo la concezione dell’antieroe, in Johnny Oro del 1966 porta nella storia un branco di cattivissimi apaches rompendo la convenzione tacita dei western all’italiana che esclude di ricalcare la contrapposizione tutta statunitense tra “indiani e cow boy”.
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La caratteristica principale di Sergio Corbucci, considerato con i suoi amici Sergio Leone e Duccio Tessari uno dei migliori esponenti del western all’italiana, è quella di non farsi ingabbiare dai codici del genere. Nei suoi lavori gioca a rovesciare gli stereotipi fissando nuove regole destinate a essere superate dalla pellicola successiva. Se in Django la scelta è quella di portare all’estremo la concezione dell’antieroe, in Johnny Oro del 1966 porta nella storia un branco di cattivissimi apaches rompendo la convenzione tacita dei western all’italiana che esclude di ricalcare la contrapposizione tutta statunitense tra “indiani e cow boy”. L’anno dopo si ripete con Navajo Joe un film che ha per protagonista un indiano interpretato dal quasi debuttante Burt Reynolds. Il gusto per l’azzardo narrativo lo porta a far vincere il cattivo e morire il buono ne Il grande silenzio del 1969 mentre le scommesse sui personaggi lo spingono a far debuttare la rockstar francese Johnny Halliday nel ruolo da protagonista ne Gli specialisti, sempre del 1969.
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gianni lucini
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mercoledì 14 settembre 2011
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l’antieroe è senza cavallo e trascina una bara
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Django è un western crudele, violento e sanguinario che porta all’estremo il personaggio dell’antieroe tipico dell’interpretazione italiana della storie di frontiera. Fin dalle prime scene si capisce che l’intenzione di Sergio Corbucci, uno dei padri del western all’italiana, è quella di portare all’estremo i codici dell’antieroe. Se Sergio Leone in Per un pugno di dollari fa arrivare Clint Eastwood nel villaggio a cavallo di un mulo, il suo amico Corbucci toglie addirittura di mezzo la cavalcatura segnando una cesura ancora più netta con il modello statunitense. Prima ancora che scorrano i titoli di testa Django sta già camminando nel fango con la bara al traino e sulle spalle la sella di un cavallo inesistente che gli appesantisce il passo.
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Django è un western crudele, violento e sanguinario che porta all’estremo il personaggio dell’antieroe tipico dell’interpretazione italiana della storie di frontiera. Fin dalle prime scene si capisce che l’intenzione di Sergio Corbucci, uno dei padri del western all’italiana, è quella di portare all’estremo i codici dell’antieroe. Se Sergio Leone in Per un pugno di dollari fa arrivare Clint Eastwood nel villaggio a cavallo di un mulo, il suo amico Corbucci toglie addirittura di mezzo la cavalcatura segnando una cesura ancora più netta con il modello statunitense. Prima ancora che scorrano i titoli di testa Django sta già camminando nel fango con la bara al traino e sulle spalle la sella di un cavallo inesistente che gli appesantisce il passo. La definizione del protagonista attinge a piene mani dalla tragedia greca. L’eroe o, meglio l’antieroe, non è soltanto solo di fronte al destino ma si muove circondato da un alone di tristezza che non lo abbandona mai lasciando trasparire il peso di una vita ricca di drammi personali (l’uccisione della moglie, la guerra di secessione, la diserzione, il carcere) che non possono essere riscattati neppure dalla vendetta. E quando gli chiedono che cosa ci sia nella bara lui risponde «Uno di nome Django».
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davide di finizio
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martedì 29 giugno 2010
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l'unico vero django
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<<Ford aveva John Wayne, Leone aveva Clint Eastwood, io ho Franco Nero>>. Con questa frase, S. Corbucci presentava un ambizioso ed allora esordiente attore, l'interprete di Django. E' la storia di un enigmatico pistolero, che appare sulla scena trascinando con sè una cassa da morto, col desiderio di vendicare la moglie assassinata dal fanatico maggiore Jackson, comandante d'una minacciosa setta di incappucciati. Ma anche un altro scopo spinge Django all'azione: impossessarsi dell'oro del maggiore. E' con l'intento di impadronirsene che sceglie l'alleanza con Hugo Rodriguez, ambiguo generale messicano cui aveva salvato la vita.
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<<Ford aveva John Wayne, Leone aveva Clint Eastwood, io ho Franco Nero>>. Con questa frase, S. Corbucci presentava un ambizioso ed allora esordiente attore, l'interprete di Django. E' la storia di un enigmatico pistolero, che appare sulla scena trascinando con sè una cassa da morto, col desiderio di vendicare la moglie assassinata dal fanatico maggiore Jackson, comandante d'una minacciosa setta di incappucciati. Ma anche un altro scopo spinge Django all'azione: impossessarsi dell'oro del maggiore. E' con l'intento di impadronirsene che sceglie l'alleanza con Hugo Rodriguez, ambiguo generale messicano cui aveva salvato la vita. Ma non tutto andrà secondo i suoi piani e pagherà un conto salato prima di ottenere la sua vendetta. Western insolito, Django racconta una storia apparentemente di genere, ma caratterizzata dalla presenza di personaggi umani e non stereotipati: un protagonista violento vendicatore e animato dalla cupidigia; un cattivo vigliacco ed esaltato; un rivoluzionario truce e avido, ma con slanci che rasentano la generosità; una prostituta riconoscente e sensibile. Bene l'inizio, un po' sottotono la parte centrale, decisamente più convenzionale. Almeno un paio di trovate brillanti, come la comparsa del fucile mitragliatore e la mutilazione del protagonista. Da antologia la scena conclusiva, imparreggiabile esempio di suspense. Il colpo di scena finale, al di là dell'inverosimiglianza diegetica, si carica di una patina quasi mistica, che trova il suo culmine nell'inquadratura finale, in cui la pistola di Django, "ritoccata" dal protagonista per il duello finale, resta agganciata alla croce sanguinante della moglie defunta.
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gus da mosca
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giovedì 27 novembre 2008
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django o la mutazione del western
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Un western che rompe tutti canoni non solo con quello classico, ma anche con quello all'italiana. Apertura sanza cavalli ! Un uomo a piedi trascina una bara nel fango e se la trascinera' per l'intero film ! La surreale e dissacrante scena d'apertura, sulle note di un autentico inno a Django, continua in un villaggio western letteralmente affondato nel fango e circondato da sabbie mobili. Un villaggio abitato esclusivamente da pistoleri, da puttane e da Django, che continua a trascinare la sua bara dovunque. Nel fango si rotolano tutti, pistoleri ammazzati e puttane che si accapigliano. Niente duelli, morte istantanea e fulminante per chiunque. Gli uomini si accasciano a decine, in contemporanea, abbattuti dalla sola pistola di Django.
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Un western che rompe tutti canoni non solo con quello classico, ma anche con quello all'italiana. Apertura sanza cavalli ! Un uomo a piedi trascina una bara nel fango e se la trascinera' per l'intero film ! La surreale e dissacrante scena d'apertura, sulle note di un autentico inno a Django, continua in un villaggio western letteralmente affondato nel fango e circondato da sabbie mobili. Un villaggio abitato esclusivamente da pistoleri, da puttane e da Django, che continua a trascinare la sua bara dovunque. Nel fango si rotolano tutti, pistoleri ammazzati e puttane che si accapigliano. Niente duelli, morte istantanea e fulminante per chiunque. Gli uomini si accasciano a decine, in contemporanea, abbattuti dalla sola pistola di Django. Dal cinquantesimo morto in avanti il film acquista un aspetto meno parossistico e scivola nei canoni del mexican-western, spunta la mitragliatrice. Poi di nuovo un recupero di stile nel finale, dove Django compie un'ultima strage di massa con una sola pistola, senza mani ! La discontinuita' stilistica del film e la trascuratezza della fotografia, nascondono le idee irriverenti e surreali che riempono la sceneggiatura. Corbucci riuscira' a controllare meglio la sua "capacita' di rilocazione e mutazione" del western nel suo capolavoro: Il Grande Silenzio.
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butch
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lunedì 10 aprile 2006
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crepuscolare e bello
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Crepuscolare e bello!!! Altro che western americani all'acqua di rose.
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