Un’ora e 40 minuti (più o meno) di tensione, emozione e divertimento.
"Il 13° Guerriero" è stato definito un medieval-fantasy, un film d’avventura, thriller, un pizzico horror: è sicuramente tutto questo e anche qualche cosa di più.
Ora, il film è ben fatto e davvero godibile e avvincente, il mistero, la magia e la mitologia si fondono rendendolo originale. Scivola via coinvolgendo in modo appassionante, la tensione non viene mai meno. Direi che è persino epico nella sua solida semplicità di film d’avventure.
Il film ha la piacevolezza di un fantasy, ci sono suggestivi effetti speciali, ma la parte storica è davvero curata in tutti i dettagli in maniera meticolosa e corretta, più di tanti filmoni o polpettoni che hanno spacciato per ottimi film.
L’atmosfera è cupa, notturna, surreale e “nebbiosa”, esattamente come è nelle lande nordiche e il periodo storico è descritto perfettamente, anche nei suoi lati più sgradevoli (la mancanza d’igiene, l’estrema semplicità perfino nella casa del Re delle terre minacciate, che è poco più d’una capanna, e infatti all’epoca le abitazioni in muratura erano molto rare persino fra i nobili d’alto rango), e pure nei costumi, nelle usanze rappresentate e storicamente confermate, persino negli attori, sconosciuti (a parte Banderas e Sharif), ma efficaci sia nel caratterizzare fortemente i singoli personaggi, sia per rappresentare i normanni o vichinghi come dovevano essere: capelli lunghi, barbe incolte, visi rudi, sguardi di ghiaccio, di poche ma efficaci parole.
Degno di nota perfino il pezzetto dedicato al viaggio per il mare del Nord sul Drakkar (l’imbarcazione) dei vichinghi, in mezzo a onde alte decine di metri: l’arabo, non abituato al mare grosso, chiede come mai non si navighi vicino alle coste, un vichingo gli risponde “questo non è mare per navigare vicino alle coste!”. E infatti nella realtà storica, nel mediterraneo le navi navigavano rasente alle coste e solo i vichinghi erano esperti nel solcare il mare aperto.
Il film è pieno d’ironia, i guerrieri vichinghi saranno pure dei tipi rozzi, ma non mancano né di saggezza né di spirito, infatti il film è anche pieno di battute che tuttavia non nuocciono all’aspetto thriller.
La popolazione misteriosa e terrificante, gli Wendol.
Il loro simbolo, nel film, è un amuleto che indossano, identico alla Venere di Willendorf : le creature terrificanti che mangiano i morti adorano la Grande Madre.
Storicamente, c'è stato davvero uno scontro fra le civiltà matriarcali (la fenicia, l’assiro-babilonese, la celtica…) e quelle patriarcali che vennero progressivamente a sostituirle, circa 5500 anni fa (erano le civiltà del ferro che s'avvicendavano alle civiltà del bronzo).
Fu con l’avvento delle stirpi indoeuropee, provenienti dall’ Asia Centrale e aventi lo stesso ceppo genetico, culturale e linguistico che ha generato sia gli abitanti della Scandinavia che quelli di Bagdad : la cosiddetta razza Ariana, che condivide identico dna in Germania come in Afghanistan (sono solo esempi); l’arabo, il greco, il latino, l’inglese, il tedesco hanno lo stesso ceppo (sono tutte lingue indoeuropee) .
La religione musulmana appartiene a una società patriarcale come lo è anche la società dei vichinghi, dalla religione “animista” o “pagana”. Per questo nel film simbolicamente combattono insieme quello che è definito nei dialoghi “un terrore antico” : gli ultimi residui focolai delle antiche società matriarcali, che ancora resistevano realmente intorno all’anno 1000 nelle regioni più selvagge del mondo allora conosciuto.
E davvero questi focolai di società matriarcali residue si identificavano nell’orso e vivevano nelle caverne, come quelli del film e del romanzo, perché la caverna per loro rappresentava il ventre della madre terra.
In area Mediterranea le società matriarcali erano state "debellate" molto tempo prima.
Dunque questo avventuroso film che sembra un fantasy, mi ha impressionata per la documentazione minuziosa riguardante i particolari storici e simbolici.
Una volta appurato che gli Wendol non sono creature sovrannaturali come la superstizione degli abitanti del luogo vorrebbe, scoperto il modo di colpirli nonostante la loro superiorità numerica, inizia la parte epica e spettacolare del racconto.
Le battaglie sono aspre, precedute da agghiaccianti silenzi, la violenza c’è ma non è ostentata, non manca la spettacolare abilità nell’uso delle armi bianche. E’ un manipolo di pochi che combattono contro molti, coraggiosamente rassegnati a morire, ma consapevoli che sarà un grande onore.
Bellissima la scena in cui, prima dello scontro finale, l'Arabo dice la sua preghiera ad Allah e i cavalieri normanni dicono la loro, corale, rivolta agli dèi del Vahlallah. Bellissimi i combattimenti.
Un’ultima osservazione: il film gioca molto su ciò che si vede e ciò che realmente è. Per insegnare all’Arabo inesperto questo concetto uno dei suoi 12 compagni, di corporatura normale, si batte in duello, a scopo “di esempio”, con uno scagnozzo del figlio traditore del Re, un uomo gigantesco: sulle prime finge di avere la peggio, poi con enorme facilità e abilità mozza la testa al gigante. Poi dice all’arabo: “Qualsiasi sciocco sa calcolare la forza: bisogna tener conto di ciò che non si vede, e temere quello che non si conosce”.
Che poi è il succo dell’intera vicenda: la lotta inquietante contro l’ignoto e l’invisibile.
Direi che il regista si auto-cita, essendo lo stesso regista del film Predator, altro horror, con una inquietante presenza invisibile e letale.
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twilight_dust
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mercoledì 23 luglio 2008
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complimenti!
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dovresti farle tu le recensioni al posto di farinotti!!
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conan
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mercoledì 23 luglio 2008
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i complimenti
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la recensione è fatta proprio bene;io do solo un giudizio del film in generale leggermente minore, diciamo 2 1/2, perchè tutti gli elementi storico-culturali detti da te sono qui usati come occasione di spettacolo che non come elemento di riflessione.Un solo dubbio: pensavo che gli arabi fossero una popolazione semita non indoeuropea; sono informato male io oppure te ?
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beowulf
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lunedì 24 maggio 2010
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sorvolando...
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...sul ridondante e in larga parte criticabile pistolotto storico che precede, dato che, per esempio, nell'ansia di affastellare tutte le nozioni conosciute, si arriva a mischiare tranquillamente conflitti di epoca neolitica (nel libro i Wendol sono addirittura una "enclave" di neanderthaliani sopravvissuti a 30 mila anni dalla data ufficiale della loro estinzione - sic!)con quelli di epoca alto medievali, avrei parecchio da ridire. Per esempio, da tempo storici e antropologi seri mettono decisamente in dubbio la reale esistenza di società matriarcali, ipotizzate sulla base del presunto culto delle dee madri... così come per un antropologo, la definizione "religione animista" non vuol dire proprio un bel niente.
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...sul ridondante e in larga parte criticabile pistolotto storico che precede, dato che, per esempio, nell'ansia di affastellare tutte le nozioni conosciute, si arriva a mischiare tranquillamente conflitti di epoca neolitica (nel libro i Wendol sono addirittura una "enclave" di neanderthaliani sopravvissuti a 30 mila anni dalla data ufficiale della loro estinzione - sic!)con quelli di epoca alto medievali, avrei parecchio da ridire. Per esempio, da tempo storici e antropologi seri mettono decisamente in dubbio la reale esistenza di società matriarcali, ipotizzate sulla base del presunto culto delle dee madri... così come per un antropologo, la definizione "religione animista" non vuol dire proprio un bel niente. Nessuno poi pare accorgersi che uno dei presunti normanni (o vichinghi) ha un kilt (all'epoca assolutamente ridicolo)e nome celtico, e dato che nel X secolo i nordmann iniziavano le loro scorrerie piratesche, a partire da Inghilterra e Irlanda, ipotizzare questa commistione è un po' bizzarro... anche sulla navigazione in alto mare ho qualche dubbio: è vero che i drakkar erano costruiti per reggere il burrascoso mare del nord, ma la navigazione costiera, o fluviale era la preferita anche da questi valenti marinai, tenuto conto che all'epoca non esisteva nessuno strumento che consentisse la navigazione in mare aperto, e quindi la conseguente necessità di avere punti di riferimento ottici anche in ondizioni meteorologihche avverse. Poi probabilmente è vero che i vichinghi arrivarono sino in America, ma per caso, trascinati da una tempesta che fece loro perdere la rotta, tant'è che se anche vi giunsero, non furono in grado di tornarvi per colonizzarla, in un momento nel quale lotte intestine spinsero migrazioni di conquista verso sud.Ci sarebbe poi da chiarire che davvero l'ambasciatore arabo Ibn Fadlan si recò nel Nord Europa, ma presso i Rus', quindi per quell'epoca nel principato di Kiev... Rus' che nascono da una commistione fra popolazioni slave sottomese dai varieghi, come testimoniata dalle cronache di Nestore... la questione è quindi molto più complessa del classico fiordo e dei tredici energumeni che parlano chiaramente in svedese moderno che vediamo nel film.Poi, anche se hávamál e altri poemi vichinghi giuntici testimoniano una certa sottigliezza di pensiero, sinceramente, un vichingo che insegna a un colto arabo di Baghdad l'arte della diplomazia, del dire senza dire, mi fa decisamente ridere. E mi fermo, anche perché ho benpresente la classica "documentazione scientifica" tipica dei romanzi di Crichton, che mischia sempre molta fantasia alla realtà, e va presa con beneficio d'inventario e un pizzico di buon senso. Detto questo il film è sicuramente godibile e sa premere con efficacia sul pedale dell'epos, a tratti vistosamente ispirato al Beowulf, poema molto bello e del quale abbiamo assistito all'ennesimo scempio cinematografico non molto tempo fa... ma per favore, non facciamo confusione: la realtà storica è un'altra cosa!
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