Nel double feature “Grindhouse” del 2007,Rodriguez e Tarantino ricapitolavano sornioni un cinema che negli anni ’70 incarnava gli stilemi dell’exploitation spettacolare che a partire dal ventennio precedente siglava il genere di pellicola di facile disimpegno popolare,dall’horror al thriller,dalla fantascienza ai sex movies.
Fu una frazione epocale dove il cinema sviluppava in modalità statica e non propriamente creativa un approccio ad una fascia di pubblico disponibile ad una dimensione più distesa dello spettacolo del disincanto,sviluppato in quella formula di semplicismo visivo di facile digestione che avrebbe connotato il genere di pellicole prodotte a basso costo.
Passati quattro anni,Robert Rodriguez espande un finto trailer del “Grindhouse” e fa nascere “Machete”,una emanazione della prima pellicola,concepita come prodotto risultante da un bizzarro collage di spezzoni e trailer,saturati da una esasperazione visiva appositamente confezionata.
Come la sua matrice,”Machete” è una congestione di violenza,effettacci gore,nudismo gratuito e facili risate,pervasa da una satira politica anch’essa falsa e artificiosa,pretestuale per un indotto di improbabile impegno sociale.
Machete (Danny Trejo),è un ex agente federale messicano,immigrato illegalmente in USA dopo l’assassinio della moglie e della figlia da parte del boss della droga Rogelo Torrez (Steven Seagal).
Deciso a rifarsi una vita decente,Machete si trova coinvolto in un caso di immigrazione clandestina dal Messico in Texas,quando l’ uomo d’affari Michael Booth (Jeff Fahey) gli propone di assassinare il corrotto senatore texano McLaughlin (Robert De Niro) ,impegnato nella campagna contro i “parassiti” che infettano lo Stato varcando il confine.
Messo alle strette,Machete accetta a malincuore il lavoro,ma cade vittima del tradimento di Booth,trovandosi alle calcagna l’organizzazione da cui si dovrà difendere con l’aiuto del fratello,improbabile sacerdote (Cheech Marin),la leader di un movimento a difesa degli immigrati (Michelle Rodriguez) e l’agente dell’immigrazione Sartana Rivera (Jessica Alba).
“Machete” è un film ingombrante e grasso,volutamente grezzo e ubriaco di umorismo grottesco,imbastito su un carrozzone rozzo e caotico di ironia,denuncia sociale e politica posticcia.
Ma la staffilata alla corruzione governativa galleggia nella baraonda teatrale come pretesto per un invito alla sfacciata irriverenza di uno spettacolo eretto a farneticante sproloquio visivo a tutto tondo.
Lo sfottò e il delirio dissacratorio – cfr la sequenza di Machete che trova il fratello crocifisso nella sua Chiesa e rimane perplesso davanti ad un cellulare che non riesce a usare – invadono la pellicola di omaggi e riferimenti – “Scarface” di De Palma,nell’episodio dell’irruzione – e disinibiti estremismi di situazioni trash (il volo dalla finestra,aggrappato alle interiora di un tizio appena sventrato).
L’interessenza dell’indagine sulle questioni della frontiera con la trama,pare solo sfiorare l’intenzione del regista di sferrare affondi ai bilanci politici del Paese ed il compendio narrativo della pellicola si limita ad un calderone di stravaganze al calor bianco imbevute della spettacolare indecenza di un cinema irriverente,sguaiato e,a tratti,spassoso
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