Sì: è questo il vero messaggio, per chi vuole capire. Una spietata antitesi del tanto sbandierato “sogno americano” (ovvero occidentale). Concordo con chi ha parlato di darwinismo sociale e legge dell'adattamento: ma si tratta appunto di un mondo primitivo, selvaggio, quindi certamente non condivisibile, al quale bisogna ribellarsi. L'Homo non potrà mai evolversi, e sarà sempre "homini lupus" finché lascerà che siano i darwiniani trogloditi, avidi, ambiziosi, privi di scrupoli morali, a dare la loro impronta all'organizzazione sociale, e che sia un sistema cavernicolo come il capitalismo a dirigerci.
Il protagonista è un uomo fondamentalmente retto e trasparente; ma è anche un debole, un ingenuo. Crede in una visione onesta del commercio, non comprende che Onestà e Mercato sono 2 parole che non possono stare nella stessa frase, perché il mercato è intrinsecamente spietato e competitivo, è "io ti carpisco quanto più riesco". E' un gioco indifferente e cinico, che premia il forte e punisce il debole. Sam è un debole, una vittima. Lo è sul lavoro, dove non riesce a inserirsi perché non è uno squalo come il suo capo, ma neppure un servo privo di coscienza come l'amico o la moglie: e infatti lo è anche nei rapporti affettivi. Di fatto si ritrova alieno, "intruso" nel suo stesso mondo. Così, anche se non arriva mai a concepire chiaramente l'intrinseca nequizia del sistema capitalista (perché è troppo debole e spaventato per giungere a tanto), arriva però a provare una rabbia confusa, ma estrema, verso quel mondo: da cui il gesto estremo, tentare di colpirne il massimo vertice. Poi, certo, il sistema se ne libera, etichettandolo opportunisticamente come folle, instabile: ma che cos'è un folle, se non uno che ha ideali diversi da quelli dominanti?
Il film è, a mio parere, una vera chicca. Ovviamente sottovalutato, come la logica cinematografica commerciale (il Mercato, appunto!) vuole che siano i VERI capolavori. L'atmosfera cupa e oppressiva che lo pervade in ogni istante permette allo spettatore di calarsi perfettamente nel dramma, nell'angoscia esistenziale del personaggio. E, se gli si sente affine, di condividerla. Personalmente trovo che la vera scena-clou (a parte il finale) sia lo scoppio d’ira di Sam nel locale della moglie (cioè in cui la moglie, pur di avere uno stipendio, accetta di troieggiare con i clienti). Si vede proprio la differenza tra chi accetta di asservirsi al sistema, piegando la propria coscienza per denaro, e chi non lo sa accettare perché ha, ancora, una coscienza. Certo, è comprensibile che la priorità della moglie sia dar da mangiare ai figli, così come l'amico meccanico quando si lascia maltrattare come uno zerbino e poi dice "mi sono fatto pagare"; ma “comprensibile” non è sinonimo di “giusto” né di “accettabile”.
Ecco perché bisogna non tanto prendersela contro coloro che "si adattano per sopravvivere", quanto piuttosto dargli e darci una scossa, tutti quanti. Bisogna ribellarsi, bruciare vivi i personaggi come il capo dell'azienda di mobili, abbattere quel sistema con tutte le forze per poi fondarne uno completamente nuovo e diverso. Una società degna di chiamarsi “civile”, in cui non ci sia né la folle rincorsa della soverchia ricchezza, né la paura della povertà estrema come arma di schifosi ricatti. Una società in cui, insieme al decoroso benessere per tutti, venga restituita a ciascun individuo la sua dignità di essere umano, il diritto di vivere del proprio onesto lavoro, nell’integrità della coscienza e nel calore di affetti sinceri. Non bisogna farsi problemi ad usare la violenza come arma al servizio della giustizia: anche assassinare il presidente è un atto sacrosanto, in questo senso. Tale è il messaggio, per chi vuole capire.
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