Basic Instinct

Nel film che lanciò la Stone nell'olimpo dei sex symbol di Hollywood, Verhoeven sfrutta la pacchianissima sceneggiatura dello strapagato Eszterhas per mettere in piedi un ruffianissimo show ad uso e consumo del grande pubblico in cui, dietro la pretestuosa trama gialla, domina una consistente e non troppo velata misoginia. Tanto sesso patinato servito in modo enfatico, cialtrone e ripetitivo, qualche facile effettaccio splatter (delitti compiuti col rompighiaccio) e la più famosa sequenza erotica del cinema anni '90 che ha fatto la fortuna del film: la Sharon che, senza mutande, accavalla la gambe durante l'interrogatorio alla centrale, rimanendo nell'immaginario collettivo globale. Che dire? La critica lo ha letteralmente massacrato, peccato però che come spettacolo in realtà funziona e, aldilà dell'improbabilità dell'intreccio, il meccanismo erotico-giallo risulta pure divertente anche perchè la Stone si concede qualche dialogo scostumato assolutamente irresistibile. In più la sua interpretazione è di gran lunga la più convincente e riuscita di tutta la sua carriera. Certo, come film può anche irritare per superficialità, ma in fondo c'è ben poco da prendere sul serio. Con un disastroso (e fuori tempo massimo) sequel.