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Sergej è un russo immigrato in Svezia, dove ha chiesto il permesso di soggiorno. Ha una bella famiglia (moglie, una figlia piccola, un'altra ormai adolescente), che fa di tutto per sembrare perfetta, alla visita degli assistenti sociali svedesi. Ma il permesso di soggiorno gli viene negato. Per reazione allo stress e alla paura di essere rispedite indietro, le due figlie di Sergej cadono in una specie di coma (conosciuto come "sindrome della rassegnazione"). Padre e madre fanno di tutto per ridare loro un'atmosfera di fiducia e di speranza (si veda ad esempio la simbolica visita della famigliola all'albero che cresce in un garage sotterraneo ma che innalza la sua chioma verde verso una grande apertura in alto), mentre le istituzioni svedesi provano a curare la più piccola con terapie mediche che peggiorano solo la situazione. Film glaciale, tetro, girato con lo stile tipico del regista greco Avranas (costruzione geometrica delle scene, recitazione quasi assente e inerte, che contrasta col racconto di fatti di una durezza impietosa e inesorabile) e dal quale le istituzioni di stato in apparenza giuste e democratiche, in realtà inesorabili e disumane nella loro glaciale iperburocraticità, ne escono fuori ampiamente condannate. Resta la fiducia caparbia e incancellabile della coppia di immigrati in un futuro migliore, in una vita tranquilla (quella del titolo) che si raggiunge solo credendoci malgrado tutto.
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