silvana14
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martedì 6 settembre 2011
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i drammi familiari
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ecco come una famiglia o una sola persona della famiglia può distruggere la stabilità di tutti i componenti. Tre sorelle che cercano per strade diverse un bisogno di colmare l'amore che è mancato per colpa degli adulti- Ma quello che è peggio non un ombra d pentimento in tutto questo da parte di chi lo ha provocato. ma forse è stata proprio questa ricerca alla verità che ha riportato le tre sorelle unite e trovare la madre.
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mari
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venerdì 27 giugno 2008
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noia mortale
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Non posso credere che un soggetto così banale abbia interessato Kieslowski, proprio lui che sceglieva sempre temi interessanti, inquietanti, pregnanti. Non basterebbe la più splendida delle regie a rendere interessante una storia tanto insulsa. Ma forse sbaglio, forse Kieslowski o altri ne avrebbero tratto un capolavoro. Quello che è certo è che Tanovic non lo ha fatto. Noia mortale, banalità prevedibili, luoghi comuni, personaggi convenzionali, dialoghi già sentiti, tutto già visto e rivisto mille volte... risparmiatevelo.
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francesco
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martedì 20 giugno 2006
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l'inferno?leggere crespi
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Spiace notare come Crespi,faticoso preambolo a parte,esprima qualcosa che veramente possa importare al lettore soltanto alla riga 28,propinandoci per giunta uno dei più inveterati luoghi comuni della trivialkritik: è peccato mortale parlare dell'inferno borghese. Opere come l'Enfer, una volta dimessa la sindrome da parricidio kieslowskiano,sono auspicabili negli anni a venire. Così come è auspicabile che prima o poi si smetta di tributare al trito cerimoniale del demone borghese,parte della propria tensione intellettuale. Se per un verso l'attitudine alla querelle ha più di una radice storico-filosofica,per così dire, risulta invece meno comprensibile quanto Crespi afferma riguardo al giovane che segue Celine.
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Spiace notare come Crespi,faticoso preambolo a parte,esprima qualcosa che veramente possa importare al lettore soltanto alla riga 28,propinandoci per giunta uno dei più inveterati luoghi comuni della trivialkritik: è peccato mortale parlare dell'inferno borghese. Opere come l'Enfer, una volta dimessa la sindrome da parricidio kieslowskiano,sono auspicabili negli anni a venire. Così come è auspicabile che prima o poi si smetta di tributare al trito cerimoniale del demone borghese,parte della propria tensione intellettuale. Se per un verso l'attitudine alla querelle ha più di una radice storico-filosofica,per così dire, risulta invece meno comprensibile quanto Crespi afferma riguardo al giovane che segue Celine. Credo che solo Crespi, forse su influsso dello stesso Maigret,di cui senz'altro sarà instancabile aficionado, abbia arguito che si trattasse di un ragazzo legato alla scomparsa del padre. Secondo poi, le "coincidenze eccessivamente didascaliche" di cui Crespi rimprovera Tanovic, sono secondo molti la vera forza dello stesso Kieslowski:non c'è mai levità o leggerezza romheriana nel grande polacco: c'è l'imponenza stessa del simbolo, che non può occultarsi se non mostrandosi con vigore. non si vede quindi ragione perchè si debba rimprovare a Tanovic l'identica modalità di messa in scena. Per concludere, che l'Enfer sia "invasivo" trovo sia un involontario elogio per film,che come quello di Tanovic ti attanagliano per molto tempo anche dopo la visione. L'Enfer è uno di quei film che scavano, scavano solchi fra chi sguazza nell'insopportabile retorica del borghese perciò brutto e un valore artistico che invece è trasversale, e per rimanere in tema di perversioni politichesi, può trovare "larghe convergenze" presso tutte le fasce sociali. Di "isterico",l'Enfer non ha nulla. E' un dramma muto. E' un dramma che non ha oggi le parole per raccontare la tragedia. A Tanovic un grande plauso: è stato umile e rispettoso. A Crespi soltanto un consiglio:riguardi il film senza fare il detective che ha già capito tutto alla prima scena. Borghese,o rurale quando ci si confronta con la propria (in)coscienza,non significa nulla.
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samuele siani
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venerdì 16 giugno 2006
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un omaggio non riuscito
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E' un gran peccato. Ci si aspettava qualcosa di più da un regista di talento come Tanovic e uno sceneggiatore come K. Piesiewicz, scenaggiatore di tutti i capolavori di Kieslowski, regista polacco naturalizzato francese, morto nel 1996.
E'a quest'ultimo che il film è chiaramente dedicato (a K.K., che fu l'ideatore del soggetto di questa trilogia che vedrebbe l'inferno come suo primo episodio)e forse per questo, molte scene sono come estrapolate dai suoi stessi film (la vecchietta che getta la bottiglia, l'ape che esce dal bicchiere, etc.), così come l'uso di una fotografia differente per caratterizzare le tre sorelle protagoniste, si rifà al suo stile.
Purtroppo, nessuna delle tre attrci ha lo stesso peso dell'Irene Jacob di Film rosso o di Juliette Binoche di Film blu.
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E' un gran peccato. Ci si aspettava qualcosa di più da un regista di talento come Tanovic e uno sceneggiatore come K. Piesiewicz, scenaggiatore di tutti i capolavori di Kieslowski, regista polacco naturalizzato francese, morto nel 1996.
E'a quest'ultimo che il film è chiaramente dedicato (a K.K., che fu l'ideatore del soggetto di questa trilogia che vedrebbe l'inferno come suo primo episodio)e forse per questo, molte scene sono come estrapolate dai suoi stessi film (la vecchietta che getta la bottiglia, l'ape che esce dal bicchiere, etc.), così come l'uso di una fotografia differente per caratterizzare le tre sorelle protagoniste, si rifà al suo stile.
Purtroppo, nessuna delle tre attrci ha lo stesso peso dell'Irene Jacob di Film rosso o di Juliette Binoche di Film blu.
In questo Enfer, niente è effettivamente ben spiegato chiaramente - è una caratteristica, questa, anche di tutti i film di Kieslowski - ma qualcosa qui non passa, non arriva a toccare le corde dell'animo dello spettatore.
La trama non supporta degnamente il dramma delle tre sorelle e il riferimento alla Medea troppo superficiale.
Restiamo lì, all'uscita del film, a chiederci che cosa avrebbe fatto il grande maestro polacco di questo soggetto.
Purtroppo la sua morte lascia cadere la domanda per sempre.
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