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lunedì 6 gennaio 2025
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per evitare tutto questo consumismo.
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Amio giudizio? Si dovrebbero fare molti pi? film di questo genere cos? per evitare tutto questo consumismo, facendo proiettare anche nelle scuole alle scolaresche che si pu? vedere anche con meno. Complimenti tantissimi ??
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anna rosa
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mercoledì 25 ottobre 2023
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la scuola sotto il cielo
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Anch'io come astromelia trovo che il film è manchevole sul piano della rappresentazione perché sembra che nel villaggio abitino solo i 9 bambini della scuola: dove sono i loro genitori? E i loro fratelli e sorelle? E poi la scuola sembra completamente abbandonata: aspettano il nuovo maestro ma non sistemano né la scuola né la casa dove egli deve abitare?
È vero però che il paesaggio hymalaiano e il sorriso dei bambini ripagano della parzialità della rappresentazione del luogo.
Quanto al contenuto del film, a me sembra che il regista esprima sostanzialmente che solo da lontano, attraverso la nostalgia, quella vallata popolata da pastori di yak possa essere amata e desiderata, perché lui, il maestro, comunque se ne va, se ne va addirittura in Australia, e quei bambini a cui lui insegna l'inglese lo amano perché "il maestro tocca il futuro".
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Anch'io come astromelia trovo che il film è manchevole sul piano della rappresentazione perché sembra che nel villaggio abitino solo i 9 bambini della scuola: dove sono i loro genitori? E i loro fratelli e sorelle? E poi la scuola sembra completamente abbandonata: aspettano il nuovo maestro ma non sistemano né la scuola né la casa dove egli deve abitare?
È vero però che il paesaggio hymalaiano e il sorriso dei bambini ripagano della parzialità della rappresentazione del luogo.
Quanto al contenuto del film, a me sembra che il regista esprima sostanzialmente che solo da lontano, attraverso la nostalgia, quella vallata popolata da pastori di yak possa essere amata e desiderata, perché lui, il maestro, comunque se ne va, se ne va addirittura in Australia, e quei bambini a cui lui insegna l'inglese lo amano perché "il maestro tocca il futuro". Chi di loro vorrà restare tra quelle gente, una volta che la scuola lo ha emancipato dalla non conoscenza di tutto ciò che c'è a otto giorni di viaggio ?
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astromelia
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martedì 6 settembre 2022
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bello ma più sviluppabile
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la sceneggiatura poteva comprendere molto più di quel che lascia vedere, comunque bel film che determina quel senso di fare cinema con poco ma con compostezza e semplicità estrema da vedere ma lascia del margine da sviluppare...
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astromelia
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martedì 6 settembre 2022
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bello ma più descrivibile
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credo che la sceneggiatura avesse più margine di sviluppo di quel che si è visto,il film è bello e fa bene al cuore, semplice ed abbastanza esaustivo ma con più possibilità espressive di quanto visto...troppo contenuto nel contesto comunque da vedere,classico esempio dove non serve un capitale economico e coreografico per fare un film di tutto rispetto...
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venerdì 13 maggio 2022
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senza titolo!
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Ottima recensione! Grazie delle necessarie e opportune precisazioni.
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mercoledì 20 aprile 2022
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recensione perfetta!
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Condivido in tutto e per tutto quanto scrive nella sua recensione. Si tratta di un film molto particolare che colpisce per la naturalezza con cui recitano i bambini di un villaggio sperduto fra le montagne in un luogo quasi irraggiungibile. Da non perdere!
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mauro.t
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mercoledì 20 aprile 2022
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il bhutan sospeso tra due mondi.
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Ugyen è un giovane maestro bhutanese poco motivato, ormai deciso a smettere con l’insegnamento e a cercare fortuna con la musica in Australia. In attesa del visto, accetta l’ultimo incarico di tirocinio e va a insegnare a Lunana, un paesino di 56 anime a 4800 m di quota, raggiungibile solo dopo 8 giorni di cammino dalla stazione più vicina, un villaggio che più lontano dalla civiltà non si può immaginare.
A Lunana si conduce una vita che è la stessa da millenni. Lo yak è la sola risorsa del villaggio: fornisce lavoro, carne, latte, combustibile (lo sterco), e viene rispettato e quasi venerato. Come è venerato l’attesissimo maestro mandato dal governo.
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Ugyen è un giovane maestro bhutanese poco motivato, ormai deciso a smettere con l’insegnamento e a cercare fortuna con la musica in Australia. In attesa del visto, accetta l’ultimo incarico di tirocinio e va a insegnare a Lunana, un paesino di 56 anime a 4800 m di quota, raggiungibile solo dopo 8 giorni di cammino dalla stazione più vicina, un villaggio che più lontano dalla civiltà non si può immaginare.
A Lunana si conduce una vita che è la stessa da millenni. Lo yak è la sola risorsa del villaggio: fornisce lavoro, carne, latte, combustibile (lo sterco), e viene rispettato e quasi venerato. Come è venerato l’attesissimo maestro mandato dal governo. A Lunana la corrente elettrica arriva ma non sempre, quindi niente TV, niente computer, niente cellulari. La scuola non ha neppure la lavagna. La casa del maestro non ha vetri alle finestre ma fogli di carta, niente acqua corrente, niente servizi igienici.
Ugyen pensa quasi subito di gettare la spugna, ma poi cambia idea e decide di rimanere fino all’inverno e si dà da fare con i nove alunni che ha in classe. Ha modo così di conoscere le radici della cultura bhutanese.
Difficile fare un film del genere senza cadere nel bozzettismo e nella retorica della perduta civiltà contadina. Ma il regista scarta i rischi scegliendo di girare nella vera Lunana, coinvolgendo gli abitanti come attori, e mostrandoci un mondo che non è precisamente il paradiso. Anche lì ci sono genitori separati e padri alcolizzati, tuttavia in questo mondo di pastori c’è un’idea del rispetto e dell’accoglienza che nella cultura occidentale si è smarrita; c’è un senso di appartenenza alla comunità che spinge a dare anziché pretendere. La bella Seldon canta tutti i giorni sull’altura perché così “dona” il suo canto all’universo e Ugyen in seguito non potrà fare a meno di valorizzare il canto popolare appreso a Lunana, contrapponendolo alla musica pop commerciale suonata in tanti locali dell’occidente.
Impossibile non provare un’immensa tenerezza per quei bambini del villaggio assetati di sapere. E qualche spettatore avrà provato il desiderio di adottare la piccola Pem Zam.
Il film è insieme un documento etnografico, un omaggio ai pastori del Bhutan, una storia di formazione, il tutto raccontato attraverso immagini che diventano poesia.
“Cosa vuoi fare da grande?” Chiede il maestro ad uno dei suoi alunni. “Il maestro come lei” risponde il bambino. “Perché?” incalza Ugyen. “Perché i maestri toccano il futuro” è la risposta.
Quando il cinema minimalista sa essere ad alta densità.
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athos
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martedì 5 aprile 2022
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pem zam
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Non ci dimenticheremo facilmente di questo film che nella sua semplicità tocca le corde nascoste del nostro animo. E non ci dimenticheremo facilmente di Pem Zam, qeusta bambina vivacissima che vive realmente a Lunana, dove non c'è elettricità e dove non ha mai visto un'automobile. Film bellissimo che incanta. Se la bellezza salverà il mondo avrà bisogno anche della gentilezza che arriva dal Bhutan.
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goldy
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domenica 3 aprile 2022
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l''incanto della verità
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Ci voleva una pandemia per imporre uno sguardo radicalmente nuovo sulle leggi che governano il pianeta e ricondurre al suo posto la nostra supposta superiorità rispetto a piante e animali. Un "piccolo" film che con uno stile narrativo esente da inutili estetismi ci obbliga a a riflettere su tutto quanto è vita. E’ bene ricordarlo perché ce ne eravamo dimenticati. La quotidianità di un piccolo villaggio sulle montagne più alte del mondo è una bella boccata di verità. Chi oserebbe obiettare che la vita di chi vive nelle grandi città della civiltà non la stessa identica valenza di quella vissuta dai contadini del Buthna? La loro sintesi, la loro essenzialità è preziosa.
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Ci voleva una pandemia per imporre uno sguardo radicalmente nuovo sulle leggi che governano il pianeta e ricondurre al suo posto la nostra supposta superiorità rispetto a piante e animali. Un "piccolo" film che con uno stile narrativo esente da inutili estetismi ci obbliga a a riflettere su tutto quanto è vita. E’ bene ricordarlo perché ce ne eravamo dimenticati. La quotidianità di un piccolo villaggio sulle montagne più alte del mondo è una bella boccata di verità. Chi oserebbe obiettare che la vita di chi vive nelle grandi città della civiltà non la stessa identica valenza di quella vissuta dai contadini del Buthna? La loro sintesi, la loro essenzialità è preziosa.
L’ avessimo visto solo qualche anno fa avrebbe prevalso una bonaria accondiscendenza propria di chi sente di appartenere a una civiltà evolut,oggi non possiamo non riconoscere che la superiorità del mondo urbanizzato è solo di tipo consumistico e nulla abbiamo da insegnare alla profonda spiritualità di chi ne vive lontano, anzi.
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stefano capasso
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domenica 27 marzo 2022
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mantenere il contatto con le proprie radici
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Ugyen sta terminando la scuola per diventare maestro, quando capisce di non essere portato per quel lavoro. Sogno un visto per l’Australia dove poter mettere a frutto la sua vocazione di cantante, visto che nel Bhutan, dove vive nella capitale, non ci sono tante possibilità. Viene comunque mandato dal governo a Lunana, a fare il maestro, per una stagione, nella “scuola più remota del mondo”: il villaggio di circa 60 persone a 5000 metri di altezza è raggiungibile solo dopo un trekking di una settimana. Mal volentieri accetta la proposta, ma al suo arrivo, dopo un primo momento di rifiuto, qualcosa comincia a cambiare.
Semplicità è il miglior modo per definire il lavoro Pawo Choyning Dorji: è semplice, diretto, lo stile narrativo, sono semplici e grandiosi nella loro naturalezza gli scenari e i protagonisti.
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Ugyen sta terminando la scuola per diventare maestro, quando capisce di non essere portato per quel lavoro. Sogno un visto per l’Australia dove poter mettere a frutto la sua vocazione di cantante, visto che nel Bhutan, dove vive nella capitale, non ci sono tante possibilità. Viene comunque mandato dal governo a Lunana, a fare il maestro, per una stagione, nella “scuola più remota del mondo”: il villaggio di circa 60 persone a 5000 metri di altezza è raggiungibile solo dopo un trekking di una settimana. Mal volentieri accetta la proposta, ma al suo arrivo, dopo un primo momento di rifiuto, qualcosa comincia a cambiare.
Semplicità è il miglior modo per definire il lavoro Pawo Choyning Dorji: è semplice, diretto, lo stile narrativo, sono semplici e grandiosi nella loro naturalezza gli scenari e i protagonisti. Il tema è il classico conflitto tra modernità e tradizioni, che a volte sembrano troppo vincolanti e limitanti. Il contatto profondo con la natura e con una comunità che vive in perfetta armonia con l’ambiente, modificano, almeno in parte, le priorità del giovane, che dopo aver deciso di buttarsi nell’avventura può raccogliere i frutti dell’esperienza rigenerante. Così, una volta in Australia, capisce che la sua strada non può prescindere dalle sue radici. Non canterà più brani pop della musica occidentale che poco interessano agli annoiati frequentatori del pub di Sidney, ma riceverà maggiori attenzioni con i brani tradizionali appresi a Lunana.
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