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miguel angel tarditti
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lunedì 23 marzo 2015
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defender la libertad para no volverse una cosa
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Defender la libertad para no volverse una cosa cualquiera…
por ejemplo: un cadàver.
VERGINE GIURATA (Virgen por juramento)
Un film coproducciòn entre Italia, Alemania, Albania, Kosovo, Suiza.
Jurar virginidad eterna para respetar la propia libertad, es el dilema existencial que propone este film de la exordiente Laura Bispuri.
En esa cultura arcaica de la geografia de Albania, y posiblemente del Kosovo, la mujer, para sentirse libre de correr, cazar, talar un àrbol, (como hacian los hombres), en ese ambiente de montañas heladas por las nieves de tantos inviernos, debe cercenar su condiciòn femenina asumiendo una falsa identidad masculina.
Solo asì, travestida de hombre, podrà ser “libre”.
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Defender la libertad para no volverse una cosa cualquiera…
por ejemplo: un cadàver.
VERGINE GIURATA (Virgen por juramento)
Un film coproducciòn entre Italia, Alemania, Albania, Kosovo, Suiza.
Jurar virginidad eterna para respetar la propia libertad, es el dilema existencial que propone este film de la exordiente Laura Bispuri.
En esa cultura arcaica de la geografia de Albania, y posiblemente del Kosovo, la mujer, para sentirse libre de correr, cazar, talar un àrbol, (como hacian los hombres), en ese ambiente de montañas heladas por las nieves de tantos inviernos, debe cercenar su condiciòn femenina asumiendo una falsa identidad masculina.
Solo asì, travestida de hombre, podrà ser “libre”.
Un deseo de una legitima libertad que no iba mas allà del imitar metafòricamente el desplazarse del viento helado, o del imitar la velocidad de las vertientes de agua no menos heladas, de esas geografias del altos picos nevados.
Ciertas sociedades no protegen, ni mucho menos potencian, la autenticidad del hombre. Lo encarcelan en cambio, lo cercenan, y lo ahogan en una infelicidad contraria a la que originariamente buscò el ser humano al congregarse en comunidades que le prometian la protecciòn de la ley.
Mark, (en la piel de la extraordinaria actrìz italiana Alba Rohrwacher)
en la ficciòn de este interesantisimo film, oculta la feminidad de Hana para crearse una pseudo libertad que en realidad no justifica el sufrimiento de resignar una autentica identidad.
El film, (aunque con algùn momento de exagerada lentitud), logra plantearnos la disyuntiva de defender con fuerza y voluntad nuestra libertad individual, para no volvernos una cosa cualquiera, un cadàver por ejemplo, como efectivamente ocurriò en nuestra cultura postmoderna, hace poco tiempo, cuando un muchachito homosexual de 17 años, perseguido por circunstancias familiares adversas a su autentica identidad sexual, se arrojò de un septimo piso, volviendose solo un cadàver.
Libertad de ser, contra libertad de parecer!
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angelo umana
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lunedì 23 marzo 2015
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femminilità negata e riscoperta
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Vergine Giurata, di Laura Bispuri con Alba Rohrwacher.
Vi insegnerò a sparare, a recitar le preghiere, ad amar la patria e la bandiera … era una canzone di Edoardo Bennato: mi viene in mente osservando la crescita di Hana - Alba Rohrwacher, giovane grande attrice e di parti solo impegnative – accanto al coriaceo padre adottivo, in un posto remoto sulle montagne albanesi, di vite povere e lontane dalla grande “civiltà”, coi suoi riti, le credenze e il modo arcaico di vedere la donna. Quella civiltà prevede che la femmina sposi lo sposo assegnatole, che non vada a cavallo, che non spari col fucile, che non fumi, che le donne non siano libere di non essere per forza qualcosa al di fuori dei ruoli di comodo assegnati loro dall’uomo.
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Vergine Giurata, di Laura Bispuri con Alba Rohrwacher.
Vi insegnerò a sparare, a recitar le preghiere, ad amar la patria e la bandiera … era una canzone di Edoardo Bennato: mi viene in mente osservando la crescita di Hana - Alba Rohrwacher, giovane grande attrice e di parti solo impegnative – accanto al coriaceo padre adottivo, in un posto remoto sulle montagne albanesi, di vite povere e lontane dalla grande “civiltà”, coi suoi riti, le credenze e il modo arcaico di vedere la donna. Quella civiltà prevede che la femmina sposi lo sposo assegnatole, che non vada a cavallo, che non spari col fucile, che non fumi, che le donne non siano libere di non essere per forza qualcosa al di fuori dei ruoli di comodo assegnati loro dall’uomo. Altre cose da maschio, oltreché sparare, apprenderà Hana, ma per praticarle dovrà rinunciare – questo prevede l’usanza del posto – alla sua femminilità, giurerà davanti a un consiglio di saggi del villaggio, solo maschi ovviamente, la verginità eterna, nessuna mano mi sfiorerà, come Dio mi ha creato la vita mi conserverà. Si chiamerà Mark.
Mark/Hana è orfana, è stata affidata alla famiglia in cui vivono Lila e i genitori: quasi coetanee, saranno compagne cugine sorelle, Lila è l’unica accanto a cui Hana/Mark ha dormito, sono una la forza dell’altra. Lila fuggirà da casa ed emigrerà in Italia con un uomo che ama, non quello che il padre avrebbe designato. Diversi anni dopo, morto il padre adottivo – forte e duro il canto o preghiera degli uomini alla sepoltura – e successivamente la madre, Hana raggiungerà Lila, del resto l’unica “familiare” rimastale, tu sei il mio posto le dirà. Domina nel film il silenzio di questa assoluta protagonista (la cinepresa “soffia sul collo” dei personaggi ma soprattutto di lei), la sua osservazione e le cose che le si indovinano dentro, il suo spirito di sopportazione, in fondo la forza che viene fuori dal personaggio. Sopporterà, ospite inattesa, di essere mal accolta nel piccolo appartamento da Lila e dalla sua figlia adolescente, moderna, irriverente, piena della forza che il fiore degli anni le dà. Ma sarà la ragazza a legarsi a questo essere strano e silenzioso, il pseudo Mark che di maschio ha solo l’abbigliamento e il lavoro di guardiano notturno in un parcheggio, da lui/lei si farà accompagnare in piscina. La giovane pratica il nuoto sincronizzato (ma “rock acquatico” rende meglio l’idea). Con la frequentazione di quell’ambiente e con le confidenze a Lila, Hana scoprirà il sesso, mai troppo manifesto o esibito nel film, delicato come unA regista sa fare, descritto in modo femminile dalle due amiche-sorelle, qualcosa che accade dentro e anche fuori, come essere col vento in cima a una montagna.
Film molto duro, come i profili severi delle montagne albanesi, coraggioso, sull’emigrazione, sulla capacità di sopportare certe condizioni di vita negli angoli sperduti del mondo, sulla femminilità negata e poi riscoperta. La quasi clausura che si è imposta Hana - da comprimersi il seno con fasciature strette che le irritano la pelle - contrapposta alla femminilità e la grazia esibite dalla figlia di Lila in piscina o con la libertà della molto femminile Lila che canta in un locale. In una lettera consegnata dalla madre a Hana prima di morire, che le due amiche leggono prima di cantare in quel locale, insieme, una canzone albanese, è scritto: le parole che una donna non può parlare. Ora la rocciosa Hana è veramente cresciuta, aperta al mondo, matura nel sapere apprezzare la vita riscoperta, lei che diceva non sono niente fuori da quei monti.
Interessanti i piani temporali che si succedono, il prima che si interseca col dopo in una cronologia molto originale che non disturba. Opera prima e primo lungometraggio della regista Laura Bispuri, ispirato liberamente all’omonimo romanzo, Sworn Virgin di Elvira Dones (nata a Durazzo nel ’60, risiede negli USA dopo aver vissuto diversi anni in Svizzera), presentato alla Berlinale: è un’opera d’arte, tutta al femminile.
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fabiofeli
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sabato 21 marzo 2015
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la libertà di non essere per forza qualcosa
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Hana (Alba Rohrwacher) fin da bambina manifesta indipendenza e curiosità: ama correre, girare nei boschi, governare le capre, andare a cavallo. E’ affascinata dai fucili, stretti nelle mani maschili. Nel villaggio albanese di montagna dove nevica di frequente Hana si perde d’inverno nei boschi; lo “zio” che la ritrova rivendica la proprietà della ragazza per averle salvato la vita e la adotta nella sua casa dove vive con la moglie e la figlia. Tutte le attività che affascinano Hana sono riservate agli uomini, che governano con pugno ferreo la comunità relegando le donne ad un ruolo sottomesso, quasi sub-umano: persino nei funerali il compianto del morto è riservato agli uomini; le donne restano in secondo piano, quasi senza lacrime.
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Hana (Alba Rohrwacher) fin da bambina manifesta indipendenza e curiosità: ama correre, girare nei boschi, governare le capre, andare a cavallo. E’ affascinata dai fucili, stretti nelle mani maschili. Nel villaggio albanese di montagna dove nevica di frequente Hana si perde d’inverno nei boschi; lo “zio” che la ritrova rivendica la proprietà della ragazza per averle salvato la vita e la adotta nella sua casa dove vive con la moglie e la figlia. Tutte le attività che affascinano Hana sono riservate agli uomini, che governano con pugno ferreo la comunità relegando le donne ad un ruolo sottomesso, quasi sub-umano: persino nei funerali il compianto del morto è riservato agli uomini; le donne restano in secondo piano, quasi senza lacrime. Per poter esprimere la propria personalità – “non dover essere per forza qualcosa” - Hana rinuncia alla sua femminilità. Con un rituale in uso nel luogo, che ricorda la presa dei voti delle suore, taglio di capelli compreso, la ragazza “diventa” uomo, con un nuovo nome, Mark, ed un nuovo aspetto: fascia i seni acerbi strettamente e rinuncerà definitivamente al sesso. Questo le permette di usare il fucile e bere la grappa come tutti i maschi, ma ormai il suo corpo è una gabbia che la imprigiona in una identità non sua. Lo zio festeggia sparando in aria per la “nascita” di un figlio maschio nella sua famiglia. Anche la cugina-sorella, Lila (Flonja Kodheli) si ribella alle regole patriarcali: rifiuta un matrimonio combinato – in dono il futuro sposo avrà dal suocero una pallottola per uccidere la moglie non obbediente - ed emigra in una città del Nord Italia. Hana dopo diversi anni va a cercarla e con qualche difficoltà viene accettata nella famiglia di Lila; trova un lavoro di sorvegliante e segue con qualche screzio la figlia della cugina, che si addestra in piscina al nuoto sincronizzato. Recupera il rapporto con Lila che nella città è riuscita ad essere donna senza le limitazioni imposte nel suo paese. La curiosità e l’intelligenza che anima Hana-Mark permettono alla donna di ritrovare se stessa e liberarsi.
Il buon film, tratto da un libro della scrittrice albanese Elvira Dones, è in concorso a Berlino. La regista esordiente gira in parte in paesaggi remoti e incantati, dove ci si muove a piedi e si traghetta un lago con un battello, e in parte in una città moderna, apparentemente estranea e fredda ma al tempo stesso accogliente. Il dialogo è stringato, essenziale, ora in albanese ora in italiano; l’immagine che utilizza largamente i primi piani sul volto espressivo della Rohrwacher dona sostanza, profondità e corpo alla vicenda. Il tema della difficile liberazione femminile è trattato da diverse pellicole degli ultimi tempi; ma ce n’è la necessità, finché in molte realtà perdurano situazioni di dominio e di arretratezza. Un film da non mancare.
Valutazione ***1/2
FabioFeli
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