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eugenio
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martedì 5 gennaio 2016
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cinque ragazze in turchia
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Pensiamo alla Turchia, non spazialmente limitata a Instanbul, bensì a quella porzione di territorio che si estende a circa seicento chilometri a nord della capitale nei luoghi di un’entroterra segnato da una cultura arcaica quasi retrogada. Non siamo distanti negli anni, ci troviamo ai giorni nostri in un tempo e in uno spazio in cui la condizione femminile di un paese così vicino all’occidente benestante europeo ma da essa potenzialmente distante, è asservita ancora a leggi patriarcali e a un regime quasi maschilista in cui la donna, volente o nolente, deve obbedire al volere paterno ad ogni costo.
Non è quindi sconcertante assistere al fatto che il film Mustang diretto da una donna, Deniz Gamze Ergüven, sia capace come non pochi di ispirarsi alla vita vera, con quel sapore parzialmente autobiografico che mal non fa se non fortemente intimo.
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Pensiamo alla Turchia, non spazialmente limitata a Instanbul, bensì a quella porzione di territorio che si estende a circa seicento chilometri a nord della capitale nei luoghi di un’entroterra segnato da una cultura arcaica quasi retrogada. Non siamo distanti negli anni, ci troviamo ai giorni nostri in un tempo e in uno spazio in cui la condizione femminile di un paese così vicino all’occidente benestante europeo ma da essa potenzialmente distante, è asservita ancora a leggi patriarcali e a un regime quasi maschilista in cui la donna, volente o nolente, deve obbedire al volere paterno ad ogni costo.
Non è quindi sconcertante assistere al fatto che il film Mustang diretto da una donna, Deniz Gamze Ergüven, sia capace come non pochi di ispirarsi alla vita vera, con quel sapore parzialmente autobiografico che mal non fa se non fortemente intimo.
Erguven recupera dallo scafandro dei suoi ricordi un evento cui ha assistito da adolescente, rievocandolo con la dovuta estraneità ed evitando ogni possibile coinvolgimento emotivo. Utilizza cinque giovani adulte, l’ultimo giorno di scuola e li inserisce in un contesto di gioia apparente quale possono essere i festeggiamente per l’arrivo della sospirata estate uniti alla malinconia per la partenza della dolce insegnante per Instanbul. Si festeggia come tanti in occidente. Bagni e schizzi d’acqua con altri giovani coetanei, con spontaneità senza alcuna leziosità di ogni genere.
E’ sufficiente l’interazione tra ragazzi non ufficialmente sposati in atteggiamenti troppo intimi e giudicati “estremi” per la nascita di uno scandalo. La nonna, appreso dalle voci del popolo quanto è avvenuto, la lotta a cavalcione sull’acqua tra ragazzi e ragazze vestiti, condanna le nipoti - che per inciso sono orfane e affidate alla tutela dello zio- per un comportamento che non si confà a delle ragazze di quell’età e non contenta, rivela al tutore quanto avvenuto.
Le reazioni saranno deleterie: sbarre verranno erette a mò di solida prigione dinanzi alla casa per impedire alle giovani di frequentare loro coetanei; uomini -non necessariamente belli d’aspetto e d’animo- meglio se con una cospicua dote saranno cercati con cura per matrimoni combinati al fine di recuperare l’onorabilità della famiglia.
Ma le giovani non si arrendono e i tentativi di emancipazione avranno conseguenze poco piacevoli per il quintetto costretto alla fuga per acquisire la giusta e dolorosa dignità di donne e di esseri umani.
Deniz Gamze Ergüven abilmente evita il filone della pesantezza, sottendendo un lamento nostalgico o di rimpianto di un tempo che mai sarà come nello stile di C’era una volta in Anatolia ma impasta le sue scene su un’abilità di movimento scenico scelto dal punto di vista “basso” della più giovane delle cinque sorelle, Lala, paradossalmente quella che vorrebbe evitare il destino già segnato delle maggiori, per vivere come tutte le ragazze della sua età.
Mai come in Mustang il confine tra adolescenza e maturità, tra antico e moderno e tra città e villaggio è così netto e marcato. Pare quasi confortante, al termine, osservare come la fuga delle sorelle, quasi “corpo unico” dotato di un’unica voce, quella della emancipazione, abbia come destinazione la città e la casa della docente.
Quasi a dimostrazione che il germe dell’ignoranza può essere combattuto solo con la cultura, unico strumento per cancellare le inferriate della dignità umana a favore di una luce di spensieratezza e responsabilità, propria di ogni donna adulta
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silvia d'ecclesiis
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sabato 2 gennaio 2016
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bellissima e toccante opera prima
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Mustang, che dà il titolo a questa bellissima e toccante opera prima della regista turca Deniz Gamze Erguven, significa alla lettera “cavallo impetuoso e selvaggio”, come può esserlo il passaggio dall’infanzia all’età dell’adolescenza e della scoperta del proprio corpo e della sessualità. Il film racconta la storia di Lale e delle sue quattro sorelle, la cui vita in una Turchia più arretrata di quanto sembri all’esterno si trasforma in un inferno per un gioco innocente con gli amici al mare. La perdita dell’innocenza, ancor più che della verginità, è ciò che colpisce lo spettatore nel breve giro di poche inquadrature, vissute attraverso lo sguardo della più piccola delle sorelle. L’energia e la vitalità che sprigionano dai corpi avvinghiati delle giovani ragazze sulla soglia dell’adolescenza nelle prime inquadrature lasciano presto il posto alla costrizione fisica (la casa diventa una prigione, gli abiti diventano tonache) e psicologica (la sessualità vissuta come tabù), e gettano una luce inquietante sull’arretratezza di una parte della società turca, che ancora basa la sua cultura sulla vergogna e sul senso di colpa.
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Mustang, che dà il titolo a questa bellissima e toccante opera prima della regista turca Deniz Gamze Erguven, significa alla lettera “cavallo impetuoso e selvaggio”, come può esserlo il passaggio dall’infanzia all’età dell’adolescenza e della scoperta del proprio corpo e della sessualità. Il film racconta la storia di Lale e delle sue quattro sorelle, la cui vita in una Turchia più arretrata di quanto sembri all’esterno si trasforma in un inferno per un gioco innocente con gli amici al mare. La perdita dell’innocenza, ancor più che della verginità, è ciò che colpisce lo spettatore nel breve giro di poche inquadrature, vissute attraverso lo sguardo della più piccola delle sorelle. L’energia e la vitalità che sprigionano dai corpi avvinghiati delle giovani ragazze sulla soglia dell’adolescenza nelle prime inquadrature lasciano presto il posto alla costrizione fisica (la casa diventa una prigione, gli abiti diventano tonache) e psicologica (la sessualità vissuta come tabù), e gettano una luce inquietante sull’arretratezza di una parte della società turca, che ancora basa la sua cultura sulla vergogna e sul senso di colpa. Questi ultimi, instillati poco alla volta nelle giovani ragazze, hanno poco a che fare con il pudore e la decenza di cui si fa portavoce la nonna, costretta a mediare fra una società maschilista e prepotente, rappresentata molto bene dalla figura dello zio, e la necessità di difendere le nipoti. Con uno sguardo acuto e penetrante, la Erguven fa emergere le differenze caratteriali e decisionali delle cinque ragazze, cui dà voce proprio la più piccola, Lale, che nella sua fanciullezza e nell’attaccamento alla maestra vede ancora la speranza di un futuro diverso dalle sorelle, condannate per un motivo o per l’altro a scelte imposte e difficili da gestire per un adulto, figuriamoci per un adolescente. Eppure, il drammatico passaggio all’età della coscienza di questo micro-cosmo adolescenziale è trattato con tocco lieve e privo di morbosità. Anzi, il finale, con l’unico uomo positivo di questa triste storia, il giovane autista che le accompagna a Istanbul, restituisce speranza e apre alla possibilità di un rapporto diverso e davvero paritario tra uomini e donne. In Turchia, e non solo.
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alex62
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martedì 22 dicembre 2015
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come criniere al vento
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Sì, somiglia un bel po' al Giardino delle vergini suicide, film d'esordio della talentuosa e bella Sofia Coppola, ma c'è molto altro. Tanto per cominciare, un cast di alto valore, nessuno escluso, per un film corale alla Robert Altman ultima maniera e in gran forma. C'è una padronanza della sintassi filmica che è difficile aspettarsi da un debuttante, Denis Ergüven, insomma un cast senza stelle, ma ugualmente “luccicante”...sorprendemente smagliante proprio per le cinque protagoniste; cinque sorelle orfane, ma piene di vita. Come possono crescere nella nuova Turchia, col retaggio di una nonna e uno zio dei tempi e della temperie di prima di Atatürk?! Ma, ora non illudiamoci che Atatürk fosse un super-democratico liberale.
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Sì, somiglia un bel po' al Giardino delle vergini suicide, film d'esordio della talentuosa e bella Sofia Coppola, ma c'è molto altro. Tanto per cominciare, un cast di alto valore, nessuno escluso, per un film corale alla Robert Altman ultima maniera e in gran forma. C'è una padronanza della sintassi filmica che è difficile aspettarsi da un debuttante, Denis Ergüven, insomma un cast senza stelle, ma ugualmente “luccicante”...sorprendemente smagliante proprio per le cinque protagoniste; cinque sorelle orfane, ma piene di vita. Come possono crescere nella nuova Turchia, col retaggio di una nonna e uno zio dei tempi e della temperie di prima di Atatürk?! Ma, ora non illudiamoci che Atatürk fosse un super-democratico liberale...! Cinque cavalline selvatiche, allevate da una mamma moderna e amante, quale sicuramente hanno avuto e che le ha lasciate troppo presto, proprio nel momento in cui avrebbero avuto più bisogno di lei... Del padre non sappiamo proprio nulla, ma evidentemente anche lui era un buon padre a giudicare da come sono sbocciate. Tutto ci viene raccontato attraverso gli occhi intensi e indomabili di Lale, incantevole ragazzina, tifosa di calcio, con un sorriso contagioso. È lei a condurre il gioco, insospettabilmente, proprio perché è la più piccola, ma avendo vissuto il dolore delle tre sorelle da marito, una delle quali non ce l'ha fatta a opporsi alla terribile legge tribale che ancora oggi nel mondo costringe al matrimonio forzato milioni di bambine, addirittura impuberi, è diventata forte. È l'unica che può farcela e che può salvare la sorellina, appena più grande di lei. Quando ciò che teneva unito il ricordo della mamma: loro cinque insieme; si sgretola miseramente, di fronte ai tabù e agli obblighi della grettezza e dell'invidia dell'intera contrada, Lale resiste, si ribella, pianifica una fuga rocambolesca e piena di colpi di scena. Sembra aver previsto tutto...e il traguardo, almeno temporaneo dell'enorme, splendida città, coi suoi mille minareti, nell'atmosfera azzurrognola del carbon coke, si svela ai suoi occhi: è come se Lale si svegliasse da un lungo incubo...Ah, ecco un'altra grande differenza col film della Coppola...il finale!
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flobus
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lunedì 14 dicembre 2015
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far parlare le immagini
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Film bello: la trama, la regia e gli attori
Anche se la storia è un racconto della sofferenza delle donne Turchia e nel mondo in genere, non cede mai al patetico o al tragico, gli occhi delle ragazze, le loro espressioni dolenti raccontano pù di ogni parola. Brave tutte le attrici che sostengono primi piani ed esprimono i sentimenti dei personaggi con estrema naturalezza.
Molto buona la regia: inquadrature mai banali, cinepresa in movimento, immagini tagliate, inquadrature fuori dal comune per rendere la drammaticità o i momenti di divertimento delle ragazze. Non c'è bisogno di belle immagini (panorami e tramonti......) non c'è bisogno di musichetta di riempimento. La storia ha ritmo e non ha momenti di cedimento o di noia.
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Film bello: la trama, la regia e gli attori
Anche se la storia è un racconto della sofferenza delle donne Turchia e nel mondo in genere, non cede mai al patetico o al tragico, gli occhi delle ragazze, le loro espressioni dolenti raccontano pù di ogni parola. Brave tutte le attrici che sostengono primi piani ed esprimono i sentimenti dei personaggi con estrema naturalezza.
Molto buona la regia: inquadrature mai banali, cinepresa in movimento, immagini tagliate, inquadrature fuori dal comune per rendere la drammaticità o i momenti di divertimento delle ragazze. Non c'è bisogno di belle immagini (panorami e tramonti......) non c'è bisogno di musichetta di riempimento. La storia ha ritmo e non ha momenti di cedimento o di noia. Il finale di speranza è un augurio per tutte le donne che vivono dove la cultura e le credenze religiose le pongono in una condizione di sottomissione ai maschi.
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alek70
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martedì 8 dicembre 2015
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da non perdere
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film bellissimo,non cede neppure un attimo,regge fino alla fine,incantano i volti delle ragazze,bravissime nelle parti cosi'caratterizzate tra loro.
la piccola parla con gli occhi...vede nel destino delle sorelle il suo...un film che da speranza,spero che lo vedano in turchia (pare impossibile che la turchia voglia entrare nell'europa)un film per tutte le donne del mondo.grazie erguven!!!
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fabiofeli
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mercoledì 11 novembre 2015
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"stavamo bene, ma poi siamo finite nella m...."
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Mustang di Deniz Gamze Erguven / Lale è una bambina che vive con le sue quattro sorelle maggiori in una cittadina, Trabzonspor, sulle rive del Mar Nero in Turchia. Alla fine dell'anno scolastico le ragazze festeggiano con una innocente gita al mare per giocare vestite nell'acqua con un gruppo di coetanei. I maligni riportano l'episodio caricandolo di intenti peccaminosi alla nonna delle ragazze e lo zio viene incaricato della punizione. È ora che la più grande, Sonay, si accasi- pensa la nonna - e arriva un involontario pretendente con lo stuolo delle donne di casa per celebrare il fidanzamento. La prima notte di nozze, però, non produce la prova della verginità della giovane e un medico deve certificare che Sonay non ha avuto precedenti incontri sessuali.
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Mustang di Deniz Gamze Erguven / Lale è una bambina che vive con le sue quattro sorelle maggiori in una cittadina, Trabzonspor, sulle rive del Mar Nero in Turchia. Alla fine dell'anno scolastico le ragazze festeggiano con una innocente gita al mare per giocare vestite nell'acqua con un gruppo di coetanei. I maligni riportano l'episodio caricandolo di intenti peccaminosi alla nonna delle ragazze e lo zio viene incaricato della punizione. È ora che la più grande, Sonay, si accasi- pensa la nonna - e arriva un involontario pretendente con lo stuolo delle donne di casa per celebrare il fidanzamento. La prima notte di nozze, però, non produce la prova della verginità della giovane e un medico deve certificare che Sonay non ha avuto precedenti incontri sessuali. Lale vuole andare a vedere la partita di calcio della squadra locale - è gratis per le sostenitrici - e si fa portare allo stadio da un giovane che porta un camioncino. Le telecamere la scovano tra il pubblico in TV e l'effetto è che la casa diventa un carcere per le giovani. Continua la sequela di fidanzamenti coatti per la seconda e la terza, che tra l'altro subisce strane visite notturne dello zio. Lo sfociare in tragedia è imminente e Lale non ha altra scelta che cercare la sua insegnante trasferita a Istambul per vivere una vita della quale essere padrona... La fresca recitazione delle ragazze, tra le quali spicca la minore, ricca di espressività e di verve, ed il personaggio della nonna, combattuta tra le tradizioni rigidamente maschiliste e patriarcali supportate da un matriarcato altrettanto rigido ed acquiescente e la comprensione delle esigenze femminili, rendono il film scorrevole e in molti brani divertente e spumeggiante. L'apparente leggerezza e gioiosita' dello sguardo infantile filtrano una realtà spietata e ineluttabile, alla quale le donne non possono sfuggire. Al fondo c'è una sofferenza non più tollerabile: "Stavamo tanto bene e poi siamo finite in un pozzo nero...". Un film da non mancare.
Valutazione *** e 1/2
FabioFeli
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kimkiduk
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lunedì 9 novembre 2015
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la turchia è così?
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Film bellissimo, sorprendenti le ragazze ... bravissime soprattutto chiaramente la protagonista Lale.
Ma la Turchia è così? Non è un film sulla Turchia o sulla religione o sulla mancanza di libertà delle donne in assoluto. E' la descrizione di una situazione che "ancora" può succedere. Le ragazze non hanno genitori, ma prima di allora non erano recluse. Le amiche e le donne vanno allo stadio. Le compagne di scuola vanno a scuola. Sognano Istanbul come libertà ed Istanbul è in Turchia. In casa vivono in costume o con abiti moderni, non hanno burqa o veli o si devono inginocchiare a pregare. Mai e poi mai si vedono oppressioni religiose.
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Film bellissimo, sorprendenti le ragazze ... bravissime soprattutto chiaramente la protagonista Lale.
Ma la Turchia è così? Non è un film sulla Turchia o sulla religione o sulla mancanza di libertà delle donne in assoluto. E' la descrizione di una situazione che "ancora" può succedere. Le ragazze non hanno genitori, ma prima di allora non erano recluse. Le amiche e le donne vanno allo stadio. Le compagne di scuola vanno a scuola. Sognano Istanbul come libertà ed Istanbul è in Turchia. In casa vivono in costume o con abiti moderni, non hanno burqa o veli o si devono inginocchiare a pregare. Mai e poi mai si vedono oppressioni religiose. Pregano o inneggiano Allah come una famiglia credente italiana prega Dio o santifica il Papa. Evidentemente si vuole ancora evidenziare che ci possono essere situazioni così e che queste possano essere sostenute da uno spaccato di società. Ma non da tutti. Il ragazzo le aiuta e sostiene Lale sempre. Il film in pratica parla di un retaggio culturale ... la gente dice e parla ... dobbiamo mettere a posto .... salvare la mia immagine di nonna che non sa educare. Il problema dell'educazione. Questo forse il neo del film ... il non capire se realmente è una denuncia alla Turchia o il racconto di una famiglia e di 5 ragazze sfortunate. Ma il film merita. La regista è turca ma vive in Francia e la Francia lo ha addirittura candidato all'Oscar. Aspetteremo il suo secondo film.
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flyanto
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venerdì 6 novembre 2015
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un inno alla propria libertà
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Un'educazione e dei principi troppo rigidi non portano mai nulla di buono ed è quello che puntualmente si verifica nella vicenda narrata in "Mustang".
In un villaggio vicino al mare in Turchia vivono cinque sorelle di varia età ma tutte più o meno adolescenti. Esse frequentano la scuola locale ma appartengono ad una famiglia molto rigida dal punto di vista dei principi educativi e religiosi e pertanto quando esse, l'ultimo giorno di scuola, si recano a festeggiarlo al mare con alcuni compagni maschi, una volta tornate a casa vengono severamente sgridate in quanto ritenute essersi comportate scandalosamente, ed obbligate conseguentemente a trascorrere le proprie giornate a casa, dedicandosi ai lavori domestici in vista di futuri e troppo precoci matrimoni loro organizzati.
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Un'educazione e dei principi troppo rigidi non portano mai nulla di buono ed è quello che puntualmente si verifica nella vicenda narrata in "Mustang".
In un villaggio vicino al mare in Turchia vivono cinque sorelle di varia età ma tutte più o meno adolescenti. Esse frequentano la scuola locale ma appartengono ad una famiglia molto rigida dal punto di vista dei principi educativi e religiosi e pertanto quando esse, l'ultimo giorno di scuola, si recano a festeggiarlo al mare con alcuni compagni maschi, una volta tornate a casa vengono severamente sgridate in quanto ritenute essersi comportate scandalosamente, ed obbligate conseguentemente a trascorrere le proprie giornate a casa, dedicandosi ai lavori domestici in vista di futuri e troppo precoci matrimoni loro organizzati. Tutto ciò ovviamente viene mal accettato ed mal sopportato dalle ragazze e, chi più, chi meno, si ribella a questa decisione troppo severa impostale adottando per ritorsione una condotta abbastanza libertina all'insaputa di tutto il parentado. Dopo le nozze obbligate e combinate delle due sorelle maggiori le altre tre cercheranno in ogni modo di opporsi all'esistenza grigia e soprattutto rigida imposta loro con soluzioni differenti per ognuna di loro.
"Mustang", così il titolo dal veicolo che condurrà due delle sorelle "superstiti", cioè non ancora maritate, a fuggire dalla propria casa familiare verso la grande città di Istanbul e pertanto verso la libertà più totale, ricorda immediatamente "Il Giardino delle Vergini Suicide" , primo lungometraggio di una'allora giovanissima Sofia Coppola, dove, ambientato negli Stati Uniti, le cinque sorelle protagoniste vivevano anch'esse in una città di provincia e presso una famiglia dai rigidi principi a cui decisero di ribellarsi radicalmente suicidandosi. Ma mentre nella pellicola della Coppola l'anelito di libertà e la lotta a favore di essa, in quanto considerata irrealizzabile, terminava tragicamente con la morte ricercata da parte di tutte le ragazzze, in "Mustang", vi è un leggero spiraglio di speranza poichè, almeno due delle cinque sorelle protagoniste, riusciranno ad evadere dalla prigionia loro imposta e da un'esistenza e da un ambiente fatti di sacrifici e rigide leggi. E pertanto questo lungometraggio, anch'esso il primo per l'esordiente regista turca Deniz Ganìmze Erguven, risulta in qualche maniera provvisto di un più positivo significato ed un maggiore incitamento a lottare ai fini di raggiungere ciò che tanto si agogna.
La pellicola risulta ben diretta e ben esplicativa nel rappresentare la chiusura più totale di un ambiente troppo severo ed ottuso, ma nel complesso essa è un pò troppo semplicistica nello descrivere certi episodi, divenendo così un poco irreale e quasi esagerato. Sicuramente ciò che più premeva alla regista era testimoniare la lotta estrema verso la libertà e la sua possibilità a raggiungerla, ma in certe parti del film, svariate soluzioni si verificano essere quanto mai poco credibili. A parte ciò, comunque, il film consegna un messaggio di profonda speranza ed un interessante spunto di riflessione.
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cos53
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mercoledì 4 novembre 2015
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cinque piccole donne in lotta
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Piccola città del Mar Nero, Turchia: tra attestati di verginità, vestiti che mortificano l’aspetto, corsi di cucina per mogli premurose e nozze combinate, cinque sorelle adolescenti pagano lo scotto per un comportamento giudicato immorale. La nonna e lo zio che si prendono cura di loro da quando sono rimaste orfane, cercano di infiacchire lo spirito delle cinque ragazze, abituate, fino a quel momento, a un modello di vita occidentale. Puledre selvagge da domare come i cavalli Mustang, noti per la loro fierezza e indipendenza.
"Mustang" opera prima della regista turca Deniz Gamze Ergüven, residente a Parigi, è stato scelto per rappresentare la Francia agli Oscar 2015.
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Piccola città del Mar Nero, Turchia: tra attestati di verginità, vestiti che mortificano l’aspetto, corsi di cucina per mogli premurose e nozze combinate, cinque sorelle adolescenti pagano lo scotto per un comportamento giudicato immorale. La nonna e lo zio che si prendono cura di loro da quando sono rimaste orfane, cercano di infiacchire lo spirito delle cinque ragazze, abituate, fino a quel momento, a un modello di vita occidentale. Puledre selvagge da domare come i cavalli Mustang, noti per la loro fierezza e indipendenza.
"Mustang" opera prima della regista turca Deniz Gamze Ergüven, residente a Parigi, è stato scelto per rappresentare la Francia agli Oscar 2015. Già vincitore di numerosi premi al Festival di Cannes, il film della Ergüven racconta il difficile percorso delle giovani donne, costrette a riti tribali e vessazioni, soprattutto nei piccoli centri lontani da Istanbul e Ankara.Con uno stile asciutto e privo di contrapposizioni manichee tra bene e male, la Ergüven tratteggia i caratteri delle sorelle e le differenti reazioni alla violenza cui sono sottoposte. L’appartamento in cui le ragazzine vengono recluse viene dipinto come una casa di bambole. Loro, le bambole, hanno un orizzonte ristretto da spiare: la strada di sotto e le finestre di fronte. Un mondo altro da cui sono escluse. Lale, la più piccola, risparmiata ancora per poco da combines matrimoniali, è la voce narrante. Una bimba attenta e ribelle che tenterà un riscatto per sé e le sue sorelle. La vicenda si snoda in modo drammatico e lo iato tra le modernità apparenti (il Suzuki dello zio, le mise disinvolte che le ragazzine possono ancora indossare tra di loro al riparo da sguardi maschili) e il medioevo in cui sono costrette, è angosciante. Belle, anzi bellissime, le cinque protagoniste, coi lunghi capelli, gli occhi chiari, i corpi slanciati da adolescenti che nemmeno le tuniche informi, color merda – come lo definiscono le ragazze – riescono a mortificare. La cultura misogina e maschilista che le avvilisce non è solo appannaggio della società mussulmana, ma frutto di retaggi ancestrali presenti, a volte, anche nelle civiltà più evolute.La battaglia di Lale e delle sue sorelle, è, alla fine, di tutte le giovani turche. E, nonostante la pena che ci stringe il cuore e la rabbia che ci monta alla testa, “Mustang” lascia dentro un grumo di speranza. Che la barbarie possa essere sconfitta, prima o poi, dal coraggio di piccole donne che crescono.
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miguel angel tarditti
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martedì 3 novembre 2015
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cuánto dificil es aceptar las diferencias!
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MUSTANG, film de la Francia, 2015
Opera prima de la actrìz y directora turca
Deniz Gamze Erguven
Cada cultura es diferente, justamente porque cada una tiene sus normas, creencias, religiones, idiomas diferentes. Diferentes.
Prejuicios tambien diferentes.Tienen.
El desafio es mirar a las otras culturas sin creer que la nuestra es la mejor. Sin creer, como suele suceder, que somos el ombligo del mundo. Quizas del universo.
Ya las silenciosas piedras, los gentiles árboles, los ondulantes mares, las orgullosas montañas (miran desde lo alto!), y ni hablar de los maltratados animales que sufren nuestro sentido de superioridad casi divina.
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MUSTANG, film de la Francia, 2015
Opera prima de la actrìz y directora turca
Deniz Gamze Erguven
Cada cultura es diferente, justamente porque cada una tiene sus normas, creencias, religiones, idiomas diferentes. Diferentes.
Prejuicios tambien diferentes.Tienen.
El desafio es mirar a las otras culturas sin creer que la nuestra es la mejor. Sin creer, como suele suceder, que somos el ombligo del mundo. Quizas del universo.
Ya las silenciosas piedras, los gentiles árboles, los ondulantes mares, las orgullosas montañas (miran desde lo alto!), y ni hablar de los maltratados animales que sufren nuestro sentido de superioridad casi divina. Los seres humanos somos el centro del cosmos. Miramos desde lo alto. Complejo de montaña?
El problema es justamente dificil porque debemos despojarnos de nuestra propia cultura para poder entender a las otras. Porqué?
Quizas porque somos una unidad en nuestro singular ser, y si vemos otros paradigmas o modelos, que piensan o actuan en modo diverso, podemos sentir que somos diferentes y perdemos nuestro centro referencial.
Tal vez las culturas tribales, a veces crueles, lograban ser mas felices que nuestras pobres sociedades modernas, flagelados por sofisticados recursos, que en realidad no nos ayudan mucho a ser felices, no?
Menos mal que un dìa existiò Freud, que si bien hijo del modernismo, nos alertò:
“Atención existe el inconsciente, y golpea insistentemente las puertas, permanentemente!”. Al menos nos ayudò bastante.
Como lograr ver la diferencia sin desvalorizarla. Sin decir: “Nosotros somos más evolucionados, somos los mejores!”
Mustang, nos habla de la cultura turca, muestra una cultura machista, donde 5 hermanas de distintas edades, muy jóvenes, son “prisioneras” de propios familiares en la casa familiar, para impedirles “desbordes” propios de las pulsiones adolescenciales.
Habla de como serán casadas con candidatos elegidos por las familias. Habla de cómo -aunque enceradas, custodiadas-, lograrán el modo, el medio, para escapar a la represión familiar, para canalizar sus impulsos juveniles.
En particular la más joven será las que llevará en su rebeldía, el germen de la libertad, el germen revolucionario de la libertad individual. Bendito sea!
Obviamente eso no sucede en nuestra cultura (suceden otras cosas por cierto!), y resultará difícil no censurar lo que desde nuestra visión egocentrista es un comportamiento social y religioso retrogrado.
En definitiva, el desafio es ese. Y por eso el film es estupendo.
Con un ritmo lento, con una música incidental adecuada, con actores esplendidos, esta ópera prima de la regista turca Deniz Gamze Erguven provocanuestra inteligencia reflexiva.
Hagamos nuestro ejercicio de humildad del día, mirando el film sin sentirnos el ombligo del mundo.
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