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felicity
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lunedì 8 settembre 2025
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escape survival movie carico di black humour
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Green Room ricorre a una brutalità così estrema da risultare a tratti quasi nauseante: il film sembra concentrarsi più sulla violenza visiva che su quella psicologica. Jeremy Saulnier non fa affidamento sui retroscena dei personaggi principali per costruire empatia nei loro confronti, anzi, opera interamente dal presupposto che vedere persone comuni che cercano di superare circostanze straordinarie sarà sufficiente a indurre gli spettatori a preoccuparsi se sopravvivranno oppure moriranno provandoci.
I modi realistici e spesso goffi e stupidi con cui i protagonisti cercano di superare gli ostacoli ispirano certo empatia, peccato che, dopo che il pubblico ha imparato ad affezionarcisi, alcuni di loro facciano una brutta fine fin troppo velocemente, senza una spiegazione o una parola a riguardo.
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Green Room ricorre a una brutalità così estrema da risultare a tratti quasi nauseante: il film sembra concentrarsi più sulla violenza visiva che su quella psicologica. Jeremy Saulnier non fa affidamento sui retroscena dei personaggi principali per costruire empatia nei loro confronti, anzi, opera interamente dal presupposto che vedere persone comuni che cercano di superare circostanze straordinarie sarà sufficiente a indurre gli spettatori a preoccuparsi se sopravvivranno oppure moriranno provandoci.
I modi realistici e spesso goffi e stupidi con cui i protagonisti cercano di superare gli ostacoli ispirano certo empatia, peccato che, dopo che il pubblico ha imparato ad affezionarcisi, alcuni di loro facciano una brutta fine fin troppo velocemente, senza una spiegazione o una parola a riguardo.
I naziskin, d’altro canto, si limitano ad aggrottare le sopracciglia e digrignare i denti, ma non si sente mai una parola su ciò in cui credono e, fondamentalmente, sono alla fine soltanto il corrispettivo di spaventosi mostri dai quali i nostri eroi devono difendersi e fuggire.
Dopo la prima metà questa dinamica inizia a stancare, la tensione cala, forse anche per la mancanza di grossi colpi di scena e le situazioni diventano prevedibili.
Oltre alla mancanza di simbolismi specifici e di profili psicologici più curati, c’è da dire che Green Room tralascia anche la colonna sonora.
In un film con protagonista una band punk rock, la musica avrebbe meritato di essere decisamente più centrale, invece rimane sullo sfondo e fa solo da banale accompagnamento.
In definitiva, Green Room si rivela come un escape survival movie carico di black humour, ultra violento e con riusciti momenti d’azione, gravato da una sceneggiatura sbilanciata che privilegia il gusto per lo shock alla bidimensionalità dei personaggi.
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carloalberto
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martedì 21 dicembre 2021
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noioso pulp tarantiniano
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Un film di Jeremy Saulnier, oscillante tra horror splatter e black comedy, piuttosto noioso, con un cast appena decente, in cui spicca il vecchio Patrick Stewart,costretto, in un plot banale ed inverosimile, da una sceneggiatura tarantiniana, con dialoghi da teatro dell’assurdo, ad interpretare personaggi stereotipati, dal carattere superficialmente abbozzato, che si confondono nella mattanza finale nella quale non si distinguono più le vittime dai carnefici. Terribile il sottofondo musicale heavy metal punk rock.
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wolvie
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sabato 25 luglio 2020
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punk vs nazi
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Film d assedio: gruppo eterogeneo di persone che devono unirsi per sopravvivere ad un nemico esterno che li soverchia in quantità e potenza. Da " Un Dollaro d' Onore" a " District 13 ", questo " Green Room" s inserisce nel solco del genere.
Qui un giovane gruppo musicale punk, in ristrettezze economiche, accetta un ingaggio nella campagna dell Oregon davanti ad un "pubblico" di neo nazisti suprematisti violenti, comandati da un Jean-Luc Picard che non ti aspetti.
La band diventa involontariamente testimone di un omicidio durante il rave punk skinhead e si troveranno costretti a lottare disperatamente per la sopravvivenza.
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Film d assedio: gruppo eterogeneo di persone che devono unirsi per sopravvivere ad un nemico esterno che li soverchia in quantità e potenza. Da " Un Dollaro d' Onore" a " District 13 ", questo " Green Room" s inserisce nel solco del genere.
Qui un giovane gruppo musicale punk, in ristrettezze economiche, accetta un ingaggio nella campagna dell Oregon davanti ad un "pubblico" di neo nazisti suprematisti violenti, comandati da un Jean-Luc Picard che non ti aspetti.
La band diventa involontariamente testimone di un omicidio durante il rave punk skinhead e si troveranno costretti a lottare disperatamente per la sopravvivenza.
Per lo spettatore è visibilio, chi resterà vivo? Con una propensione per la violenza "gore", la narrazione procede spedita, certo, con qualche buco narrativo, ma con un buon crescendo di ritmo e suspense.
Il momento clou, neanche a dirlo è la cover dei "The Dead Kennedys - Nazi Punks Fuck Off" come apertura al concerto dei nazi, per caratterizzare chi sono i nostri e chi i cattivi, qualora c'è ne fosse stato bisogno.
Piacevole neo western, travestito da efferato gioco al massacro.
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francismetal
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lunedì 20 novembre 2017
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nazi punk, nazi punk, fuck off!!!
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Secondo me la scena chiave del film è quando suonano la cover dei Dead Kennedys, facendo incazzare il pubblico. Io mi aspettavo una rissa, ma poi hanno iniziato a cantare le loro canzoni e il pubblico si è messo a pogare. Sembrava tutto troppo tranquillo. Ma fu lì che si sono resi i capri espiatori ideali per essere incolpati di quell'omicidio.
I risvolti della trama sono insoliti, i naziskin hanno fatto di tutto per evitare che la polizia sapesse di quella storia, a costo di scatenare una battaglia e di inventarsene altre per coprire quella strage.
Tutto questo perché una piccola band hardcore, molto promettente, si doveva accontentare di qualunque cosa e qualunque cifra pur di suonare e guadagnare.
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Secondo me la scena chiave del film è quando suonano la cover dei Dead Kennedys, facendo incazzare il pubblico. Io mi aspettavo una rissa, ma poi hanno iniziato a cantare le loro canzoni e il pubblico si è messo a pogare. Sembrava tutto troppo tranquillo. Ma fu lì che si sono resi i capri espiatori ideali per essere incolpati di quell'omicidio.
I risvolti della trama sono insoliti, i naziskin hanno fatto di tutto per evitare che la polizia sapesse di quella storia, a costo di scatenare una battaglia e di inventarsene altre per coprire quella strage.
Tutto questo perché una piccola band hardcore, molto promettente, si doveva accontentare di qualunque cosa e qualunque cifra pur di suonare e guadagnare. Dei veri musicisti che amano la musica e si accontentano di briciole per vivere. Da notare la bella differenza tra loro, che tutto sommato, fino a prova contraria sono dei bravi ragazzi, con i naziskin, che pur amando la loro stessa musica, sono completamente diversi da loro.
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marci
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venerdì 28 luglio 2017
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ridicolo!
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storia assurda
dialoghi assurdi
situazioni assurde...no, ridicole
uno dei peggiori film mai visti
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fabrizioarn�
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venerdì 7 aprile 2017
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horror nel senso di orribile
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Era da tempo che non vedevo un film così brutto, melenso, senza senso e con una sceneggiatura ridicola ai limiti del paranormale. Interpretazioni quasi assenti, un soggetto che farebbe ridere i polli fino allo sfinimento e la regia... vogliamo parlarne? No no soprassediamo! Non capisco come questo filmetto da serie D abbia potuto ricevere un voto così alto da un sito serio come il vostro. Non sarà che l'autore della recensione è un parente del regista?
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gianleo67
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venerdì 23 settembre 2016
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nazi punks... fuck off
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Dopo lo scarso successo commerciale della loro tourneè itinerante, una giovane punk band viene indirizzata verso il rave party nello sperduto locale alternativo frequentato da una numerosa comunità neonazista. Testimoni involontari dell'omicidio di una giovane spettatrice però, saranno trattenuti contro la loro volontà e dovranno ingaggiare una dura lotta per la vita.
Che il thriller party ed il revenge movie fossero nelle corde del giovane Saulnier, s'era capito dai suoi fortunati esordi dietro la macchina da presa (buona la seconda), con una inclinazione non comune ad utilizzare i luoghi comuni del genere (pulp) per raccontare l'emergere di pulsioni ancestrali e patemi esistenziali nelle situazioni estreme in cui individui socialmente pacifici possono, loro malgrado, vedersi precipitati.
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Dopo lo scarso successo commerciale della loro tourneè itinerante, una giovane punk band viene indirizzata verso il rave party nello sperduto locale alternativo frequentato da una numerosa comunità neonazista. Testimoni involontari dell'omicidio di una giovane spettatrice però, saranno trattenuti contro la loro volontà e dovranno ingaggiare una dura lotta per la vita.
Che il thriller party ed il revenge movie fossero nelle corde del giovane Saulnier, s'era capito dai suoi fortunati esordi dietro la macchina da presa (buona la seconda), con una inclinazione non comune ad utilizzare i luoghi comuni del genere (pulp) per raccontare l'emergere di pulsioni ancestrali e patemi esistenziali nelle situazioni estreme in cui individui socialmente pacifici possono, loro malgrado, vedersi precipitati. Il canovaccio ovviamente non fa difetto nemmeno per questo road movie sulle piste di un'america autocratica e marginale (Southern Comfort) alla ricerca delle emozioni pulsanti di una passione musicale vissuta come momento fugace ed estemporaneo, lontana tanto dagli stereotipi dell'industria discografica quanto dalle certezze di un consenso commerciale normalizzato ma rassicurante. La fortuna, si sà, premia gli audaci ma non gli sprovveduti, e così lo spunto per questa trappola per topi nel buco del culo di una radura nell'Oregon si trasforma nella giusta nemesi di chi ha voluto sfidare la sorte sbarcando il lunario a colpi di riff di chitarra elettrica ed urla lancinanti, prendendosi perfino la libertà di mandare a quel paese una platea di nazisti col pallino del punk ('Nazi Punks Fuck Off'). Decisamente accorto nell'alimentare una tensione claustrofobica nelle ristrettezze scenografiche di uno squallido camerino quale copertura per una green room che riveli il crollo dell'ideologia (per quanto malata e reazionaria quale quella nazista) e l'emergere di finalità commerciali tutt'altro che nobili (la piazza dello spaccio nigger), il film di Saulnier si irretisce nell'andirivieni tra 2 negoziazioni non andate a buon fine e 3 tentativi di fuga con relative mattanze, palesando nel finale il primato della disperazione sull'organizzazione (Teoria del Paintball) ed una fatale sottovalutazione della debolezza del nemico. Tra il minimalismo di una fotografia virata sul blu e sull'ocra ed lo scabro realismo di scene cruente che non fanno concessioni alla gratuità nè agli stomaci deboli, è un thriller d'azione che si tira fuori bene dal cul-de-sac in cui si era volontariamente cacciato, rivendicando il diritto-dovere del tenete Yelchin (qui al suo ultimo ruolo prima della prematura scomparsa nel Giugno del 2016) di sparare alle spalle del suo ex capitano di vascello preferito (un trasandato e cinico Patrick Stewart). Presentato al Toronto International Film Festival 2015, vanta ottimi riscontri di critica e di pubblico.
E voi quale gruppo musicale vi portereste dietro su di un'isola deserta?
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