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shagrath
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martedì 31 dicembre 2024
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disturbante e provocante, come piace a noi
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Eli Roth ci propone questo omaggio al genere cannibalico, riesumandolo direttamente dagli anni ’80, un filone quasi tutto italiano che fu controverso e dissacrante per le scene di inaudita violenza, perfino nel contesto dei film estremi.
Roth dimostra grande competenza nel reinterpretare i topoi classici del genere, omaggiando senza copiare i cineasti italiani, evitando cliché, trovando spunti innovativi che rendono la narrazione più moderna. Del tutto abbandonata, ad esempio, la tecnica ormai trita del “mockumentary” (ovvero di dare l’illusione che il girato sia tratto da immagini “reali” riprese dai protagonisti, scossoni e sfocature annesse), in favore di una fotografia patinata studiata con attenzione.
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Eli Roth ci propone questo omaggio al genere cannibalico, riesumandolo direttamente dagli anni ’80, un filone quasi tutto italiano che fu controverso e dissacrante per le scene di inaudita violenza, perfino nel contesto dei film estremi.
Roth dimostra grande competenza nel reinterpretare i topoi classici del genere, omaggiando senza copiare i cineasti italiani, evitando cliché, trovando spunti innovativi che rendono la narrazione più moderna. Del tutto abbandonata, ad esempio, la tecnica ormai trita del “mockumentary” (ovvero di dare l’illusione che il girato sia tratto da immagini “reali” riprese dai protagonisti, scossoni e sfocature annesse), in favore di una fotografia patinata studiata con attenzione. La pellicola immerge così lo spettatore nella lussureggiante ma inquietante e labirintica giungla amazzonica, sfruttandone la bellezza naturale, i colori sgargianti, per enfatizzare il contrasto tra il mondo “ordinato” e quello "selvaggio". Come il body painting e gli ornamenti dei “primitivi”, curati nei dettagli con colori accesi, contrapposto alle tute da lavoro tutte uguali dei “civilizzati”, nonché ai loro grigi e anonimi tatuaggi. Il comparto tecnico si distingue anche per l'abilità nel creare un'atmosfera di estrema violenza e disgusto, con effetti speciali realistici e un sound design che amplifica l'angoscia delle sequenze più cruente. Non si tratta di un film ad alto budget, ma i pochi soldi a disposizione sono stati impiegati con abilità.
Tuttavia, "The Green Inferno" non si limita a scioccare, ma è da apprezzare anche la riflessione etica e morale che si accompagna, tipica in effetti del filone cannibal, ma qui rinnovata e modernizzata. Una implicita critica al “colonialismo culturale”, nonché all’ingenuo “pacifismo occidentale”, risuonano con forza, evidenziando l'ipocrisia di chi pretende di "salvare il mondo" senza comprenderne le complessità. L’arrogante pretesa di dare “diritti umani” non solo a chi non li vuole, ma a chi non li riconosce a te, porta a un sanguinario quanto inevitabile epilogo.
Pur non privo di imperfezioni, il film trova un equilibrio tra omaggio e originalità, facendo rivivere un genere assopito con uno stile che non rinuncia alla provocazione intellettuale.
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mr.rizzus
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mercoledì 24 febbraio 2021
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wow
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felicity
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giovedì 7 febbraio 2019
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un omaggio pasticciato ai cannibal movies
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Un omaggio alla tradizione dei "cannibal movies", ma il pasticcio è dietro l'angolo.
II regista sembra non voler prendersi troppo sul serio e gioca con lo spettatore usando anche toni politicamente scorretti e situazioni grottesche e paradossali.
The Green Inferno è un film casto, senza nudità, mentre si smembra e si divora allegramente e il sangue scorre a fiumi, ennesima prova che il puritanesimo del cinema americano tollera assai meglio la morte più selvaggia di un seno denudato, anche in mezzo alla giungla.
Il regista esaspera la dimensione satirica e sarcastica mettendo alla berlina la buona coscienza umanitaria.
I giovani americani decisi a impegnarsi nella giusta causa della salvaguardia della foresta tropicale e delle sue popolazioni primitive scopriranno più tardi che sono stati manipolati.
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Un omaggio alla tradizione dei "cannibal movies", ma il pasticcio è dietro l'angolo.
II regista sembra non voler prendersi troppo sul serio e gioca con lo spettatore usando anche toni politicamente scorretti e situazioni grottesche e paradossali.
The Green Inferno è un film casto, senza nudità, mentre si smembra e si divora allegramente e il sangue scorre a fiumi, ennesima prova che il puritanesimo del cinema americano tollera assai meglio la morte più selvaggia di un seno denudato, anche in mezzo alla giungla.
Il regista esaspera la dimensione satirica e sarcastica mettendo alla berlina la buona coscienza umanitaria.
I giovani americani decisi a impegnarsi nella giusta causa della salvaguardia della foresta tropicale e delle sue popolazioni primitive scopriranno più tardi che sono stati manipolati.
Consigliato se si è nostalgici amanti del genere e se si riescono a sopportare le interpretazioni di attori non proprio da Oscar.
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vivi
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sabato 21 luglio 2018
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non è male...
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A me è piaciuto. Si guarda tranquillamente x chi ama il genere splatter. Ho visto di peggio. Non è fatto male.
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dandy
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sabato 11 marzo 2017
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un cannibalico fallimento.
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Roth ha voluto cercare di omaggiare quello che definisce il suo film preferito,"Cannibal Holocaust" di Ruggero Deodato.Ma gli è riuscito solo fare peggio di quanto ha fatto con i due Hostel.Ed è tutto dire.Era scontato che l'espediente ecologista-anti-colonialista fosse un pretesto per scatenare la carneficina,ma Roth non si sforza nemmeno di caratterizzare minimamente i personaggi.O sono odiosi(Alejandro e la fidanzata su tutti) o stereotipati,o imbecilli,o inutili.Dopo averli conosciuti si spera solo che muoiano in fretta,e a nessuno importa un accidente della loro missione.Poi dopo 40 minuti inizia di netto il massacro,ma anche lo splatter a base di macellazioni e stupri rituali è stravisto,e guarda caso l'atrocità peggiore ai danni della protagonista,l'unica che poteva essere davvero disturbante,non avviene.
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Roth ha voluto cercare di omaggiare quello che definisce il suo film preferito,"Cannibal Holocaust" di Ruggero Deodato.Ma gli è riuscito solo fare peggio di quanto ha fatto con i due Hostel.Ed è tutto dire.Era scontato che l'espediente ecologista-anti-colonialista fosse un pretesto per scatenare la carneficina,ma Roth non si sforza nemmeno di caratterizzare minimamente i personaggi.O sono odiosi(Alejandro e la fidanzata su tutti) o stereotipati,o imbecilli,o inutili.Dopo averli conosciuti si spera solo che muoiano in fretta,e a nessuno importa un accidente della loro missione.Poi dopo 40 minuti inizia di netto il massacro,ma anche lo splatter a base di macellazioni e stupri rituali è stravisto,e guarda caso l'atrocità peggiore ai danni della protagonista,l'unica che poteva essere davvero disturbante,non avviene.Ora parliamo dei cannibali:pitturati e appagliacciati per far scena,cattivi e capeggiati da una donna che pare più una zingara che un'india.Detto tutto.Che Roth è anche sceneggiatore si vede:certe trovate sono assurde(lo sfogo anti-stress di Alejandro;l'attacco di dissenteria coi piccoli indios che si agitano la mano davanti alla faccia[è rispauto che gli indios sono molto puliti e tengono all'igene personale no?]),ma l'idea di far "sballare" la tribù per poter svignarsela è oltre ogni limite di idiozia....E la sorpresina a metà dei titoli di coda è anche peggio,visto il personaggio che coinvolge.Insomma l'ennesima prova dell'incapacità totale di Roth alla regia,e alla sceneggiatura.Ad anni luce di distanza dal cult di Deodato e da qualsiasi altro cannibal movie anni '70-'80(tra l'altro qui non viene ammazzato un solo singolo animale,non sia mai che poi gli animalisti facciano baccano vero?).Sembra che Roth abbia convinto gli indigeni a partecipare mostrando loro il film di Deodato.Il che nel contesto suona ancora più ipocrita e bieco.La popstar Sky Ferreira è la coinquilina della protagonista.Se non altro stavolta anche il pubblico non è stato entusiasta.E meno male!
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noia1
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domenica 5 marzo 2017
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uno spreco
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Un gruppo di ragazzi decide di andare a protestare contro una costruzione che andrebbe ad intaccare il territorio di alcune tribù indigene, l’atto di protesta sembra andare bene ma tornando a casa l’aeroplano su cui sono a bordo precipita, saranno loro stessi costretti a vedersela faccia a faccia con la vera cinica natura dei genuini indigeni.
Un film il cui aspetto tecnico è sorprendente con effetti speciali esplosivi e con patinati colori sparati che rendono le esagerate spruzzate di sangue veri e propri pugni allo stomaco. Anche il finale è interessante e sembra, più che dar ragione o colpa qua e là, voler piuttosto sbattere in faccia una realtà che è così e basta con un bel colpo di scena e una conclusione che vuole più che altro rappresentare una società senza più uno straccio di principio o idea.
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Un gruppo di ragazzi decide di andare a protestare contro una costruzione che andrebbe ad intaccare il territorio di alcune tribù indigene, l’atto di protesta sembra andare bene ma tornando a casa l’aeroplano su cui sono a bordo precipita, saranno loro stessi costretti a vedersela faccia a faccia con la vera cinica natura dei genuini indigeni.
Un film il cui aspetto tecnico è sorprendente con effetti speciali esplosivi e con patinati colori sparati che rendono le esagerate spruzzate di sangue veri e propri pugni allo stomaco. Anche il finale è interessante e sembra, più che dar ragione o colpa qua e là, voler piuttosto sbattere in faccia una realtà che è così e basta con un bel colpo di scena e una conclusione che vuole più che altro rappresentare una società senza più uno straccio di principio o idea.
Il problema è che anch’io posso fare un bellissimo discorso moralista raccontatomi da un altro ma se nemmeno io stesso che lo pronuncio ci credo allora posso lasciar perdere, non parlo di questioni di etica quanto più di valore della forma finita perché la prima cosa che si vede in un film che vuol fare una morale (o qualcosa di simile) è se il narratore ci creda o meno, paradossalmente qualsiasi stronzata può aver valore purché sia sentita. In questo caso il regista non aveva la minima idea di ciò che stava facendo, l’idea non l’ha coinvolto e ciò si riflette nello svolgimento privo di mordente.
Io capisco l’idea di voler sviluppare l’horror dal terrore dei ragazzi in trappola, ma se per tutta la seconda parte stanno chiusi in una gabbia non ha senso che la prima si svolga come una soap opera. Capisco anche mettere come protagonisti delle macchiette ma non ha senso poi buttar tutto così sul serio, sbadigliavo al veder quei quattro coglioni piagnucolare se per un’ora hanno avuto la profondità d’un pezzo di legno. Come posso essere impaurito o deluso della morte di persone che nella trama nemmeno sono sviluppate? E perché quando vengono chiusi in gabbia invece di uscire qualcosa d’interessante non fanno altro che piagnucolii accompagnati da spettacolari soluzioni quasi più da commedia demenziale (che per di più neanche fa ridere)?
Insomma uno dei motivi per i quali ormai al suono di “cinema commerciale” ci si volta dall’altra parte a priori, film senza un’anima, una specie di filastrocca di quelle che i bambini ripetono a memoria a scuola senza capirci loro stessi un cavolo.
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no_data
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venerdì 2 settembre 2016
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jack sparrow? what the hell?
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A parte jack sparrow che non so che cosa ci faccia in mezzo a una tribu di cannibali , forse a lasciato perdere i pirati ed è diventato un cannibale boh... va be cmq il film non è male , poteva però farlo più schifoso. Cannibal Holocaust è tutta un altra cosa.
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onufrio
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lunedì 29 agosto 2016
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welcome to the green inferno
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L'immensa campagna pubblicitaria, il sangue che scorre a fiumi e tanto altro ancora, lasciavano presagire un qualcosa di terribilmente orrendo (in senso positivo per gli amanti del genere) e conoscendo il caro regista Roth ci si aspettava soltanto che questo. Invece il film parte lento, si prende il suo comodo per oltre tre quarti d'ora per poi finalmente ritrovarsi al punto tanto atteso, ed è lì che a parte qualche due scene, lo spettatore nonchè ammiratore di Roth rimane un pò perplesso e deluso (sorge il dubbio sul fatto che siano state tagliate un paio di scene). Sicuramente crudo e forte in alcuni momenti, ma niente a che vedere con i vari Hostel girati dallo stesso regista.
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L'immensa campagna pubblicitaria, il sangue che scorre a fiumi e tanto altro ancora, lasciavano presagire un qualcosa di terribilmente orrendo (in senso positivo per gli amanti del genere) e conoscendo il caro regista Roth ci si aspettava soltanto che questo. Invece il film parte lento, si prende il suo comodo per oltre tre quarti d'ora per poi finalmente ritrovarsi al punto tanto atteso, ed è lì che a parte qualche due scene, lo spettatore nonchè ammiratore di Roth rimane un pò perplesso e deluso (sorge il dubbio sul fatto che siano state tagliate un paio di scene). Sicuramente crudo e forte in alcuni momenti, ma niente a che vedere con i vari Hostel girati dallo stesso regista. Evitabile ( ma rispettabile) la ramanzina finale ed iniziale sulla salvaguardia dell'ambiente e sul rispetto dei popoli primitivi.
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giowi
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martedì 17 maggio 2016
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molto poco convincente
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Non sono decisamente un amante del genere horror di serie b,non ero riuscito a vedere Hannibal Holocaust interamente , molto più crudele di questo e per questa ragione un film pessimo è irricevibile, direi al limite della vergogna .Soprattutto per le scene estremamente violente nei confronti di animali e la violenza carnale., Questo film fortunatamente si stacca dal precedente al quale si ispira ma lo fa in una versione più corretta e con un elemento di discussione sulla tematica ecologica. Quindi non ci troviamo semplicemente di fronte ad un regista mediocre come Deodato che aveva usato tutti gli stratagemmi pubblicitari per creare successo su una pellicola veramente scarsa come Cannibal Holocaust.
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Non sono decisamente un amante del genere horror di serie b,non ero riuscito a vedere Hannibal Holocaust interamente , molto più crudele di questo e per questa ragione un film pessimo è irricevibile, direi al limite della vergogna .Soprattutto per le scene estremamente violente nei confronti di animali e la violenza carnale., Questo film fortunatamente si stacca dal precedente al quale si ispira ma lo fa in una versione più corretta e con un elemento di discussione sulla tematica ecologica. Quindi non ci troviamo semplicemente di fronte ad un regista mediocre come Deodato che aveva usato tutti gli stratagemmi pubblicitari per creare successo su una pellicola veramente scarsa come Cannibal Holocaust. Qui siamo di fronte ad un regista horror, con buone capacità ed effetti a gogo che riesce tramite la camera da presa a creare un'atmosfera horror nella sua crudezza ma rimanendo nell'ambito dell'horror talmente horror,da non essere credibile o verosimile . Inoltre la trama non è stata sviluppata bene, sembra che manchi una certa coerenza nei personaggi. Secondo me si poteva fare di meglio , sviluppando il soggetto con meno esagerazione e con qualche scena splatter in meno. Tali scelte sono talmente eccessive da essere a volte ridicole, particolarmente comica la fame chimica che assale i cannibali quando vengono riempiti di mariuana per essere sedati...Insomma una trovata tragicomica., Nel complesso una occasione persa.
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cinestabe
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giovedì 18 febbraio 2016
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the green inferno _ il film peggiore di eli roth.
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Eli Roth, è noto per aver diretto Pellicole come il bellissimo CABIN FEVER ed il Cult HOSTEL. Gli elementi che rendono riconoscibili i suoi film, sono: un'atmosfera malsana; una critica (magari velata) alla Politica; e la violenza "estrema". Ma tutto ciò è presente nel film in questione?
A mio modestissimo parere, senza ombra di dubbio, no. La storia vede come protagonista Justine, studentessa americana che si prende una cotta per Alejandro, leader di un gruppo di studenti ambientalisti. Alla ragazza viene proposto di diventare membro del gruppo e di andare, insieme agli altri attivisti, nell'Amazzonia Peruviana per fermare la distruzione (effettuata a scopo di lucro) di una parte della Foresta Amazzonica e per evitare l'estinzione di una tribù locale.
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Eli Roth, è noto per aver diretto Pellicole come il bellissimo CABIN FEVER ed il Cult HOSTEL. Gli elementi che rendono riconoscibili i suoi film, sono: un'atmosfera malsana; una critica (magari velata) alla Politica; e la violenza "estrema". Ma tutto ciò è presente nel film in questione?
A mio modestissimo parere, senza ombra di dubbio, no. La storia vede come protagonista Justine, studentessa americana che si prende una cotta per Alejandro, leader di un gruppo di studenti ambientalisti. Alla ragazza viene proposto di diventare membro del gruppo e di andare, insieme agli altri attivisti, nell'Amazzonia Peruviana per fermare la distruzione (effettuata a scopo di lucro) di una parte della Foresta Amazzonica e per evitare l'estinzione di una tribù locale. Lei, accetterà immediatamente.
Questo è l'incipit non solo del peggior film in assoluto di Eli Roth, ma anche
di uno tra i peggiori film distribuiti tra il 2010 e il 2015. Si tratta di una Pellicola
inutile, in cui non c'è assolutamente nulla di salvabile, eccetto la bellissima e
brava Lorenza Izzo che, però, veste i panni di un personaggio che, per quanto sia il più importante di tutto il film, risulta "vuoto" esattamente come tutti gli altri. Anche la storia risulta poco credibile: una ragazza, può essere così impulsiva da seguire un gruppo di attivisti fino alla Foresta Amazzonica, solo perché le piace un ragazzo che è pure impegnato sentimentalmente? Dai, non ci credo.
La parte migliore (per quanto poco riuscita) risulta proprio quella in cui gli indigeni uccidono i vari personaggi, forse proprio perché ciò avvia lo spettatore verso la fine della suddetta Pellicola. Ma poi arriva anche il finale, tremendo e totalmente insensato, di cui non ne parlo approfonditamente solo per evitare di dare rivelazioni riguardanti la trama, per quanto essa sia prevedibilissima.
Il film è, come se tutto ciò non bastasse, pure strutturato malissimo per quanto riguarda la "narrazione". Prima di arrivare al centro dell'azione, passano più di quaranta minuti; e la parte finale dura più di dieci minuti. Le scene di violenza e di tensione le ho trovate fin troppo veloci e "tagliate" e, di conseguenza, non mi hanno dato nemmeno il tempo di provare inquietudine o fastidio. Proprio non si direbbe che si tratta di un film del regista di HOSTEL, ovvero uno tra i film più disturbanti del primo decennio dei '2000, in cui la dose di dialoghi era equivalente, sia per quantità che per qualità, a quella della violenza. La critica alla Politica, elemento di cui Roth, indiscutibilmente, si è sempre potuto vantare, nel film in questione non è per niente velata. Anzi, è troppo "spiegata"! L'autocompiacimento del regista, non riguarda solamente le scene di violenza (poco riuscite e, di conseguenza, ben poco impressionanti), ma, soprattutto, il voler rendere il Male l'elemento che manda avanti il mondo intero, con complotti ovunque. Lo ha fatto apposta, Eli, per deridere i "complottisti"? Oppure è lui stesso un "complottista"?
Sinceramente, non l'ho ben capito. La fotografia, sarebbe potuta essere l'unico elemento tecnico veramente valido di THE GREEN INFERNO, data la location e dati i colori di cui sono dipinti i corpi degli indigeni. Eppure, persino sotto questo aspetto, il regista statunitense amico di Tarantino, è riuscito a deludere. Ah, le musiche? Ridicole.
Insomma, THE GREEN INFERNO, è un film pessimo. Non mi ha lasciato nulla, se non l'amaro in bocca. Consigliato solo a chi non ha nulla da vedere e/o a chi non ha mai visto CANNIBAL HOLOCAUST.
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