siebenzwerg
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martedì 9 luglio 2013
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la colpa da vicino
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A parte la scelta poco credibile di far interpretare il ruolo di due fratelli a due attori (bravissimi, come tutti gli altri) ma completamente diversi nel fisico, il film è un bel poliziesco, con aspetti psicologici profondi, anche se poco esplicitati, più che nel personaggio dell'omicida, negli altri personaggi, che non sono di contorno ma a momenti veri co-protagonisti, in particolare il fratello (Stephen Graham). Sembra la riproposizione nella nostra società moderna di temi antichi e mai risolti: la relazione tra la colpa, l'espiazione, la verità, la menzogna, l'affetto e la coscienza. La fotografia, poco luminosa, aiuta a dare un tocco di angoscia e cupezza che cresce con i minuti verso l'acme.
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A parte la scelta poco credibile di far interpretare il ruolo di due fratelli a due attori (bravissimi, come tutti gli altri) ma completamente diversi nel fisico, il film è un bel poliziesco, con aspetti psicologici profondi, anche se poco esplicitati, più che nel personaggio dell'omicida, negli altri personaggi, che non sono di contorno ma a momenti veri co-protagonisti, in particolare il fratello (Stephen Graham). Sembra la riproposizione nella nostra società moderna di temi antichi e mai risolti: la relazione tra la colpa, l'espiazione, la verità, la menzogna, l'affetto e la coscienza. La fotografia, poco luminosa, aiuta a dare un tocco di angoscia e cupezza che cresce con i minuti verso l'acme. È interessante e intelligente che il momento in cui si scioglie la tensione non è una scena di esplosione emotiva ma quasi sommessa, col primissimo piano dello sguardo del vecchio padre. Padre che poi torna nell'ultima scena attraverso le sue parole riprese dal ricordo d'infanzia del protagonsta. Un racconto bello carico, forse perché concentrato da una miniserie tv, in cui non ho sentito (non avendo visto l'opera originaria) la carenza di sviluppi di sotto-trame e personaggi collaterali. Anzi direi un'opra ben compiuta.
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albymarat
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sabato 29 giugno 2013
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murphy non è superficiale e questo ha pagato
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"Blood" di Nick Murphy è un film nel quale era facile cadere ( come tutti i thriller ) non tanto in banalità, dato l'argomento di tensione che regge il gioco, quanto in canovacci già visti,ritriti occultamenti di cadavere e ancor più insipidi sensi di colpa. Si viene introdotti invece ( e con discreta efficacia ) a una serie di drammi scaturiti dall'agire insensato di due fratelli poliziotti, Joe e Chrissie Fairburn. Il primo è la mano dell'omicidio a sangue freddo dell'indiziato numero uno per un caso di uccisione ai danni di una giovanissima ragazza. Il secondo il complice forzato di una notte maledetta, accomunato al fratello nel tentativo vano di dimenticare, grazie alla quotidianità e all'illusione.
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"Blood" di Nick Murphy è un film nel quale era facile cadere ( come tutti i thriller ) non tanto in banalità, dato l'argomento di tensione che regge il gioco, quanto in canovacci già visti,ritriti occultamenti di cadavere e ancor più insipidi sensi di colpa. Si viene introdotti invece ( e con discreta efficacia ) a una serie di drammi scaturiti dall'agire insensato di due fratelli poliziotti, Joe e Chrissie Fairburn. Il primo è la mano dell'omicidio a sangue freddo dell'indiziato numero uno per un caso di uccisione ai danni di una giovanissima ragazza. Il secondo il complice forzato di una notte maledetta, accomunato al fratello nel tentativo vano di dimenticare, grazie alla quotidianità e all'illusione. Il destino è beffardo e implacabile: dopo pochi giorni viene trovato il vero colpevole, facendo precipitare i due in un vortice impetuoso di sensi di colpa. Murphy a questo punto mette i mattoni per creare un buon film. Escono le psicologie dei personaggi, dipinti a tinte fosche o con pennellate più leggere ma non meno vive.I minuti passano e si dipanano le coscienze, particolari di vite parallele escono prepotenti,sussurrati o urlati. Anche le figure minori acquistano una loro dignità cinematografica, una sensibilità e un giudizio morale sul mondo e sull'agire umano. E' fortemente strutturale e simbolica la dicotomia tra padre e figli: il primo dalla demenza parziale dell'alzahimer giunge a una lucidità inattesa, i secondi attuano un percorso inverso cercando disperatamente di aggrapparsi alla liana del cinismo e della realtà, per poi cadere vittime delle proprie coscienze e quindi della loro parte irrazionale, incontrollabile. Joe( un bravo paul bettany, che dopo scempi come "wimbledon", parti "tarantiniane" alla Gangster N.1 e ritrova una sensibilità più intima lontana dai riflettori più splendenti e patinati del "codice da vinci" ) cerca nel vento una via d'uscita, vana e poetica, alla realtà terrena e dolorosa di una vita.
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donni romani
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mercoledì 26 giugno 2013
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lo spazio oscuro dell'animo umano
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Tratto dalla miniserie televisiva "Conviction" prodotta dalla BBC anni fa "Blood soffre un po' - soprattutto per chi ha visto la serie TV - della necessità di condensare in poco più di un'ora e mezzo un plot che nella serie originale aveva tutto il tempo di dilatarsi, dedicarsi a rigagnoli narrativi e dinamiche familiari che qui obbligatoriamente vengono solo accennate, però la colonna vertebrale del film è solida, la trama importante, le sotto trame ricche di pathos e il rigore stilistico, narrativo e recitativo ne fanno un ottimo concentrato di indagine poliziesca, dramma familiare e fatale resa dei conti con i propri sensi di colpa. Siamo in Inghilterra, il vento spazza le coste e il mare si fa spesso burrascoso, scenario destinato ad ospitare un delitto atroce su una ragazzina di 12 anni.
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Tratto dalla miniserie televisiva "Conviction" prodotta dalla BBC anni fa "Blood soffre un po' - soprattutto per chi ha visto la serie TV - della necessità di condensare in poco più di un'ora e mezzo un plot che nella serie originale aveva tutto il tempo di dilatarsi, dedicarsi a rigagnoli narrativi e dinamiche familiari che qui obbligatoriamente vengono solo accennate, però la colonna vertebrale del film è solida, la trama importante, le sotto trame ricche di pathos e il rigore stilistico, narrativo e recitativo ne fanno un ottimo concentrato di indagine poliziesca, dramma familiare e fatale resa dei conti con i propri sensi di colpa. Siamo in Inghilterra, il vento spazza le coste e il mare si fa spesso burrascoso, scenario destinato ad ospitare un delitto atroce su una ragazzina di 12 anni. Primo indiziato Jason Buleigh, uomo problematico, con un passato di abusi sessuali da cui però sembra essersi allontanato "dopo aver trovato Gesù". Ad indagare un pool di detective amici fra loro, compagni di feste e bevute, fra cui i fratelli Joe e Chris Fairburn, figli di un anziano poliziotto affetto da demenza senile, che nel cercare di ottenere una confessione da Jason daranno il via ad un percorso di dolore, di sensi di colpa, di rinunce e di sacrifici che sciolgono la trama gialla in un crescendo di emozione e di sofferenza personale, che lambisce tutti coloro che sono coinvolti nell'indagine. La potenza narrativa di film di Nick Murphy sta nel gioco di sovrapposizioni fra coscienza e istinto, fra rimorso e ricordo, fra amore e delusione. Le scene brevissime in cui la madre della ragazza uccisa e la madre del sospetto manifestano ognuna a proprio modo il dolore sono una lezione di cinema per chi abbonda in pietismi e in lacrime urlate al vento, e tutta l'atmosfera emozionale del film, trattenuta e proprio per questo tesa e vibrante, ha uno spessore che sostiene l'andamento poliziesco dell'indagine, che del resto si scioglie ben presto, a testimoniare che non è la scoperta del colpevole il centro intorno a cui ruota la vera indagine, ma la scoperta del proprio io più nascosto, di un destino frutto del passato che possiamo sfuggire fin che vogliamo ma che ci perseguiterà per sempre. Peccato l 'uscita in Italia in finale di stagione, perchè un prodotto così rigoroso e corposo meritava ben altro spazio.
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