andrea lade
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sabato 17 novembre 2012
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primo film in concorso al festival
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Siamo molto distanti dai canoni occidentali che producono film basati sull’impatto visivo e in particolare su perizia fotografica o sequenze molto visionarie. Il regista ci presenta un film ragionato , dove la nostra testa deve pensare ,in alcuni momenti anche con grande sforzo per comprendere un leitmotiv in odore di ricerca psicologica, che potrebbe annoiare lo spettatore avido di emozioni immediate. Ma è solo questione di minuti (al massimo di una quarantina).
A parte un incipit molto, troppo simile al primo episodio della saga di Halloween di John Carpenter, la prima parte del film è costruita per presentarci un giovane insegnante di inglese, istruito, istrionico, energico e stranamente molto bello per essere un nipponico; Seiji, così è il suo nome seduce e conquista una scolaresca che inizia a fidarsi di lui e a considerarlo un punto di riferimento: l'insegnante coprirà le malefatte degli studenti e si schiererà dalla loro parte anche di fronti agli adulti accusatori, è inoltre anche un ottimo docente, trascinatore , con un buon metodo ; insomma un’immagine quasi perfetta per una scolaresca descritta invece in modo corale, e appositamente asettica e priva di soggetti intellettivamente interessanti.
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Siamo molto distanti dai canoni occidentali che producono film basati sull’impatto visivo e in particolare su perizia fotografica o sequenze molto visionarie. Il regista ci presenta un film ragionato , dove la nostra testa deve pensare ,in alcuni momenti anche con grande sforzo per comprendere un leitmotiv in odore di ricerca psicologica, che potrebbe annoiare lo spettatore avido di emozioni immediate. Ma è solo questione di minuti (al massimo di una quarantina).
A parte un incipit molto, troppo simile al primo episodio della saga di Halloween di John Carpenter, la prima parte del film è costruita per presentarci un giovane insegnante di inglese, istruito, istrionico, energico e stranamente molto bello per essere un nipponico; Seiji, così è il suo nome seduce e conquista una scolaresca che inizia a fidarsi di lui e a considerarlo un punto di riferimento: l'insegnante coprirà le malefatte degli studenti e si schiererà dalla loro parte anche di fronti agli adulti accusatori, è inoltre anche un ottimo docente, trascinatore , con un buon metodo ; insomma un’immagine quasi perfetta per una scolaresca descritta invece in modo corale, e appositamente asettica e priva di soggetti intellettivamente interessanti. Qualcosa però non quadra, perché questo bell’insegnante non ci piace, non ci convince e non solo a noi spettatori, oramai diventati troppo abili per non intuire l’imminente strage. Il narcisismo e l'eccessiva solidarietà di quest'uomo insospettiscono un suo collega che inizia a fare delle ricerche sul suo passato e scopre che la natura del protagonista è tutt’altro differente dall’immagine oramai dipinta e quasi inossidabile.
Il percorso narrativo del film , ottimamente costruito, fa emergere quasi repentinamente la follia distruttrice del professore che inabissandosi in una spirale omicida ,sterminerà la totalità (o quasi) degli allievi che scopriranno troppo tardi la natura del loro carnefice.
Una sottile critica verso una generazione passiva, perduta, inerte si intravede nelle reazioni degli studenti che son già devastati dalla loro totale inespressività : dialoghi vuoti, silenzi assurdi , espressioni monotòne e a volte anche monotone caratterizzano gli sguardi di alcuni allievi e allieve troppo facilmente soggiogabili. Il violento stragista non cede nemmeno per un secondo , e se lo fa è solo con una psicotica ironia che sempre emerge nei film del regista nipponico che ci regala momenti di riso amarissimo. Ma alla fine sarà il bagno di sangue collettivo e la potente espressività di alcuni studenti a rimanere impressi al pubblico.
A me è piaciuto assai : nonostante un inizio un po’ troppo lento, il film è spietatamente diretto verso la conclusione del processo di follia del protagonista con una sceneggiatura di una logica implacabile e una colonna sonora inquietante. Pur non essendo un grande amante dei finali aperti, men che mai dei “to be continued”, a distanza di giorni mi è rimasto molto di questo “Canone”.
Volevo segnalare infine a mò di congedo un piano sequenza formidabile, tragicamente modulato, in cui la freccia di una vittima lotta contro i proiettili dell’aggressore disegnando un’interminabile ed ansiogena traiettoria.
Molto consigliato. Voto : 8.
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peer gynt
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domenica 22 marzo 2015
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a lezione dal professore del male
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Notevole film horror del super-prolifico regista giapponese Takashi Miike (oltre 60 film in 20 anni) nettamente diviso in due parti: nella prima ora il racconto si snoda, lento e pacato, ad illustrare la singolare figura del professor Hasumi, bello e intelligente, amichevole e comprensivo, una sorta di "Nice man Jack" di johnmilesiana memoria (John Miles 1978: "Nice man Jack, so very warm and kind, it's a pity there aren't more like him"). Sappiamo però che il nostro non è un bravo ragazzo fin dalla prima scena, un flash-back che ricorda altri famosi incipit in flashback (un titolo su tutti, ovviamente: l'"Halloween" di Carpenter). Allora non stupisce che la seconda ora del film sia tutta dedicata ad un'iperrealistica esplosione di violenza, connotata (come sempre nel regista giapponese) da una buona dose di ironia, che troviamo fra l'altro sia nel comportamento freddo e controllato di Hasumi (in mezzo alla strage fa cadere un pupazzo che raffigura il primo uomo sulla Luna, e ovviamente appoggia il fucile e riposiziona con cura l'astronauta presso la navicella) sia nel leit-motiv musicale che accompagna tutto il film, la ballata di Kurt Weill "Die Moritat von Mackie Messer", archetipo dell'ironico modo di raccontare un assassino.
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Notevole film horror del super-prolifico regista giapponese Takashi Miike (oltre 60 film in 20 anni) nettamente diviso in due parti: nella prima ora il racconto si snoda, lento e pacato, ad illustrare la singolare figura del professor Hasumi, bello e intelligente, amichevole e comprensivo, una sorta di "Nice man Jack" di johnmilesiana memoria (John Miles 1978: "Nice man Jack, so very warm and kind, it's a pity there aren't more like him"). Sappiamo però che il nostro non è un bravo ragazzo fin dalla prima scena, un flash-back che ricorda altri famosi incipit in flashback (un titolo su tutti, ovviamente: l'"Halloween" di Carpenter). Allora non stupisce che la seconda ora del film sia tutta dedicata ad un'iperrealistica esplosione di violenza, connotata (come sempre nel regista giapponese) da una buona dose di ironia, che troviamo fra l'altro sia nel comportamento freddo e controllato di Hasumi (in mezzo alla strage fa cadere un pupazzo che raffigura il primo uomo sulla Luna, e ovviamente appoggia il fucile e riposiziona con cura l'astronauta presso la navicella) sia nel leit-motiv musicale che accompagna tutto il film, la ballata di Kurt Weill "Die Moritat von Mackie Messer", archetipo dell'ironico modo di raccontare un assassino.
E, come sempre nel cinema di Miike, accanito cinefilo (e si vede), non mancano invenzioni geniali sparse qua e là: dal corvo inviato da Odino che il nostro riesce a fulminare con un finto trespolo elettrificato ad alto voltaggio, all'incontro-scontro fra le pallottole del professore-killer e la freccia scagliata da uno dei suoi studenti in un vano tentativo di difesa, infine all'allucinatoria presenza del fucile organico monoculo, doveroso omaggio al grande David Cronenberg ("Videodrome").
Un film che convince perché, pur giocando con storie già viste e con un genere che ha già fatto vedere tutto o quasi, è stato girato con stile. Cosa che non manca mai nell'horror d'autore.
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andrej
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martedì 21 febbraio 2017
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il bel volto del male
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Un buon thriller, lungo ma sempre interessante. Storia estrema (altrimenti non sarebbe un film di Miike) ma nel complesso plausibile e comunque (nonostante il bagno di sangue finale) assai meno estrema di altre dello stesso regista; bravi gli attori, bellissimo e convincente il protagonista; regia sicura e di impostazione piu’ tradizionale rispetto ad altri film di questo estroso ma imprevedibile autore: non vi sono qui certe stranezze eccessive e a mio avviso controproducenti che abbiamo trovato in Dead or Alive 1 e 2 e in Ichi the killer (cosa che ho apprezzato) ma non vi sono neppure la poesia maledetta e disperata e la potenza delle immagini di Ley lines ne’ la perfezione formale e l’equilibrio stilistico di Audition o di 13 assassini (di cui ho sentito la mancanza): e’ un film meno alla Miike e piu’ all’occidentale, direi.
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Un buon thriller, lungo ma sempre interessante. Storia estrema (altrimenti non sarebbe un film di Miike) ma nel complesso plausibile e comunque (nonostante il bagno di sangue finale) assai meno estrema di altre dello stesso regista; bravi gli attori, bellissimo e convincente il protagonista; regia sicura e di impostazione piu’ tradizionale rispetto ad altri film di questo estroso ma imprevedibile autore: non vi sono qui certe stranezze eccessive e a mio avviso controproducenti che abbiamo trovato in Dead or Alive 1 e 2 e in Ichi the killer (cosa che ho apprezzato) ma non vi sono neppure la poesia maledetta e disperata e la potenza delle immagini di Ley lines ne’ la perfezione formale e l’equilibrio stilistico di Audition o di 13 assassini (di cui ho sentito la mancanza): e’ un film meno alla Miike e piu’ all’occidentale, direi. Rimane comunque una pellicola interessante e che merita di essere vista.
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