writer58
|
mercoledì 16 marzo 2011
|
viva la muerte!
|
|
|
|
Di Iňárritu ho visto "21 grammi" e "Babel", due film eccellenti, in cui la rappresentazione del tempo è circolare e quella dello spazio e dei contesti narrativi -soprattutto in "Babel"- scomposta e frammentata. Ancora prima, ho seguito, nella versione originale "Amores perros", la sua opera prima, un film adrenalico ambientato a Città del Messico, una pellicola dura, veloce e spietata che traccia un ritratto a tinte forti della megalopoli messicana. Biutiful, in qualche modo, rappresenta un ritorno alle origini. Forse a causa del distacco da Arriaga- lo scrittore che aveva sceneggiato i primi film di Iňárritu- le architetture temporali e narrative appaiono più rettilinee e l'esame del contesto urbano - una Barcellona livida e dolente- ricorda quello del suo primo film.
[+]
Di Iňárritu ho visto "21 grammi" e "Babel", due film eccellenti, in cui la rappresentazione del tempo è circolare e quella dello spazio e dei contesti narrativi -soprattutto in "Babel"- scomposta e frammentata. Ancora prima, ho seguito, nella versione originale "Amores perros", la sua opera prima, un film adrenalico ambientato a Città del Messico, una pellicola dura, veloce e spietata che traccia un ritratto a tinte forti della megalopoli messicana. Biutiful, in qualche modo, rappresenta un ritorno alle origini. Forse a causa del distacco da Arriaga- lo scrittore che aveva sceneggiato i primi film di Iňárritu- le architetture temporali e narrative appaiono più rettilinee e l'esame del contesto urbano - una Barcellona livida e dolente- ricorda quello del suo primo film.
Il protagonista è una persona che vive ai margini della legalità, un mediatore di forza lavoro composta da africani e cinesi che vivono ammassati in 20 dentro miserabili capannoni e che lavorano 16 ore al giorno in laboratori artigianali clandestini o in cantieri edili. Il protagonista - un magnifico Bardem- ha una relazione conflittuale con una donna affetta da sindrome bipolare, gestisce a fatica il rapporto con due figli di 7 e 10 anni e scopre di essere in fin di vita, per un tumore alla prostata allo stadio terminale.
"Biutiful" racconta la caduta del protagonista verso la morte, la sua iniziale ribellione davanti all'esito fatale che la malattia prospetta, i suoi tentativi di lasciare un minimo di protezione per i suoi figli, le condizioni di vita subumane degli immigrati clandestini. Lo fa con uno stile duro ed efficace che concede pochissimo alla spettacolarizzazione o a estetismi inessenziali.
Solo due appunti critici: ho trovato superflua la "love story" tra i due cinesi e il rapporto del protagonista conn i morti, come se fosse un sensitivo alla "Hereafter". La scena finale del film si ricollega a quella iniziale: è l'unica concessione di Iňárritu al "tempo circolare. Il resto del film scivola verso la sua conclusione come una punta di lancia.
[-]
[+] stesso pensiero
(di stefano)
[ - ] stesso pensiero
[+] d'accordo su tutto, tranne...
(di globetrotter76)
[ - ] d'accordo su tutto, tranne...
|
|
[+] lascia un commento a writer58 »
[ - ] lascia un commento a writer58 »
|
|
d'accordo? |
|
pipay
|
lunedì 7 febbraio 2011
|
stupendo. ma doloroso da stordire.
|
|
|
|
Il film è un viaggio nel cuore infranto e straziato di una città: Barcellona. Ed è anche un viaggio doloroso attorno alla figura del protagonista, condannato da un male incurabile. Si apre dinanzi allo spettatore il baratro di un panorama desolante e senza via di uscite, fatto di atroce degrado, di malattia, di dolore, di droga, di sfruttamento e di prostituzione. E purtroppo questo baratro riflette perfettamente la realtà dei nostri giorni: la realtà degli emarginati, dei clandestini, dei profughi, degli stranieri che provano qualsiasi espediente per sopravvivere. Non c'è redenzione né speranza per nessuno. Forse solo qualche timido sorriso di un bimbo, qualche sguardo innocente, ci regalano esili sprazzi di luce.
[+]
Il film è un viaggio nel cuore infranto e straziato di una città: Barcellona. Ed è anche un viaggio doloroso attorno alla figura del protagonista, condannato da un male incurabile. Si apre dinanzi allo spettatore il baratro di un panorama desolante e senza via di uscite, fatto di atroce degrado, di malattia, di dolore, di droga, di sfruttamento e di prostituzione. E purtroppo questo baratro riflette perfettamente la realtà dei nostri giorni: la realtà degli emarginati, dei clandestini, dei profughi, degli stranieri che provano qualsiasi espediente per sopravvivere. Non c'è redenzione né speranza per nessuno. Forse solo qualche timido sorriso di un bimbo, qualche sguardo innocente, ci regalano esili sprazzi di luce. Il film sfiora il capolavoro, ma è talmente triste che lascia disorientati e storditi.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a pipay »
[ - ] lascia un commento a pipay »
|
|
d'accordo? |
|
fabio2
|
martedì 8 febbraio 2011
|
bardem e il suo requiem
|
|
|
|
Inarritu, c'introduce con la struggente storia di Uxbal, in una Barcellona lontana dalle guide turistiche. Non la movida della Catalogna ma la triste realtà delle favelas spagnole, le lacrime dei "vu cumprà" la schiavitù dei cinesi. Al centro di questo microcosmo, Bardem si guarda attorno, consapevole del suo tragico destino. Il film per me è un De profundis non solo del protagonista ma della società odierna. In poco più di 2 ore vengono concentrati i mali degli anni 2000: cocaina, povertà, prostituzione, sfruttamento della manodopera. Bardem dopo Mare Dentro e Non è un paese per vecchi ci offre una grande interpretazione di umanità e dignità di fronte alla morte. L'abbraccio con la figlia è una delle scene più struggenti degli ultimi anni ove si vede la paura della morte imminente ed il q
[+]
Inarritu, c'introduce con la struggente storia di Uxbal, in una Barcellona lontana dalle guide turistiche. Non la movida della Catalogna ma la triste realtà delle favelas spagnole, le lacrime dei "vu cumprà" la schiavitù dei cinesi. Al centro di questo microcosmo, Bardem si guarda attorno, consapevole del suo tragico destino. Il film per me è un De profundis non solo del protagonista ma della società odierna. In poco più di 2 ore vengono concentrati i mali degli anni 2000: cocaina, povertà, prostituzione, sfruttamento della manodopera. Bardem dopo Mare Dentro e Non è un paese per vecchi ci offre una grande interpretazione di umanità e dignità di fronte alla morte. L'abbraccio con la figlia è una delle scene più struggenti degli ultimi anni ove si vede la paura della morte imminente ed il quesito "che ne sarà dei miei figli?"
Da rivedere in lingua originale!!
[-]
|
|
[+] lascia un commento a fabio2 »
[ - ] lascia un commento a fabio2 »
|
|
d'accordo? |
|
paapla
|
sabato 5 febbraio 2011
|
non è un film per tutti
|
|
|
|
Clinton Eastwood o Alejandro Inarritu? Hereafter o Biutiful? Il californiano o il messicano? Due grandi del cinema mondiale che hanno raccontato la stessa storia con fantasia e maestria. Il film Biutiful, scritto e diretto da Alejandro Inarritu, da voce ai forzati delle produzioni a basso prezzo ma dai costi sociali altissimi. Lo spettatore per 138 minuti rimane in apnea e segue uno Javier Bardem, mirabile, che si muove in una Barcelona corrotta e smarrita, dove i cadaveri dei cinesi clandestini affiorano davanti il Big Fsh di Frank Gehry. Non è un film per tutti. Tutti lo dovrebbero vedere.
[+] javier bardem conferma la sua bravura!
(di massibrucia)
[ - ] javier bardem conferma la sua bravura!
|
|
[+] lascia un commento a paapla »
[ - ] lascia un commento a paapla »
|
|
d'accordo? |
|
sergio dal maso
|
domenica 28 giugno 2015
|
una goccia di umanità
|
|
|
|
“ .. per chi viaggia in direzione ostinata e contraria col suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità, di verità …. “ Smisurata preghiera (Fabrizio De André)
Tra i film definiti capolavori alcuni sono diretti, immediati, trovano fin da subito l’approvazione incondizionata della critica e l’entusiasmo del pubblico. Altri invece “disturbano” lo spettatore, sono complessi e difficili da metabolizzare, a volte vengono prima snobbati dai critici per poi essere rivalutati molto tempo dopo.
[+]
“ .. per chi viaggia in direzione ostinata e contraria col suo marchio speciale di speciale disperazione e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità, di verità …. “ Smisurata preghiera (Fabrizio De André)
Tra i film definiti capolavori alcuni sono diretti, immediati, trovano fin da subito l’approvazione incondizionata della critica e l’entusiasmo del pubblico. Altri invece “disturbano” lo spettatore, sono complessi e difficili da metabolizzare, a volte vengono prima snobbati dai critici per poi essere rivalutati molto tempo dopo. Nei primi i protagonisti sono quasi sempre eroi positivi, incarnano valori universali e seducono il pubblico che si identifica nei personaggi. Negli altri chi guarda deve mettersi in discussione, immedesimarsi e confrontarsi con le scelte e le emozioni dei protagonisti.
Biutiful fa parte senza dubbio del secondo gruppo. E’ un film tanto duro quanto stupendo, doloroso e profondo, devastante da stordire. Il protagonista Uxbal, interpretato da un immenso Javier Bardem, è un delinquente miserabile, malato terminale, ma è anche un uomo generoso e altruista, abietto e meschino ma con una umanità commovente. Trascina lo spettatore nel suo ultimo viaggio alla ricerca della redenzione e della riconciliazione con gli amatissimi figli in una passione laica piena di sofferenza e di umanità. E’ una presenza straziante, resta attaccato alla pelle di chi guarda, costringe lo spettatore a confrontarsi con il suo dolore e con la disperata dignità con cui affronta il destino e la morte.
Uxbal vive nel degradato quartiere multietnico di Santa Coloma a Barcellona con i due splendidi figli Ana e Mateo, è in perenne conflitto con la moglie Maramba, tossicodipendente e affetta da una forma di schizofrenia. Traffica nell’illegalità come intermediario di clandestini cinesi e corrompe la polizia per far lavorare i venditori di strada africani, si muove come un animale in una giungla moderna. Accompagna il suo declino fisico alla decadenza della società occidentale, spesso dominata da sfruttamento e corruzione. Non c’è nulla di beautiful nella vita di Uxbal e neanche nella Barcellona in cui vive, assai lontana dalla patinata città delle Ramblas e di Gaudì, le guglie della Sagrada Familia si vedono solo dalla finestra dell’ospedale. Proprio l’altra Barcellona è il secondo personaggio del film. Con gli occhi di Uxbal si scopre una città/civiltà malata; come un moderno Virgilio ci accompagna in un girone dantesco metropolitano, ci costringe a guardare gli angoli sporchi, i bassifondi, i vicoli nascosti.
Ma ci fa conoscere anche una moltitudine di microstorie, di persone vere che soffrono e vivono con solidarietà e grande dignità, come per esempio l’immigrata somala Ige che riscatterà il suo dolore prendendosi cura dei suoi bambini. Nell’estrema sofferenza di Uxbal, però, non c’è una spettacolarizzazione del dolore, Biutiful non specula sui sentimenti cercando una facile commozione, può forse essere accusato di essere eccessivamente ambizioso o pretenzioso, di certo non manca di sincerità e di coraggio. Il calvario di Uxbal termina con la consapevolezza di essersi riconciliato con i figli, con la speranza data dall’aiuto dell’amica africana Ige e con il passaggio dell’anello di suo padre alla figlia in una scena di una intensità struggente. Uxbal prima di morire incontra in sogno il padre che non aveva mai conosciuto e chiude il cerchio che lo lega al padre e che lega i suoi figli a lui. Per il regista Alejandro Inarritu, infatti, oltre ad essere un film sul dolore e sulla morte (e quindi sul senso della vita), “Biutiful è soprattutto un film sulla paternità, sulla paura di perdere un padre, di essere padre e su quel momento in cui cominci a diventare il tuo proprio padre e i tuoi figli cominciano a diventare te”.
Al suo primo lavoro dopo la separazione dallo sceneggiatore Guillermo Arriaga il regista messicano rinuncia alla costruzione ad incastro spazio-temporale che aveva reso film di culto i precedenti capolavori come Amores Perros, 21 Grammi e Babel. La sceneggiatura di Biutiful è invece lineare, fortemente focalizzata sulle vicende di Uxbal che compare in quasi tutte le inquadrature. Dello strepitoso Bardem parliamo a parte, non resta che evidenziare che Biutiful è anche un film di un regista dotato di una tecnica straordinaria e capace di immagini e scene di grandissimo cinema. Ricordiamo solo la spettacolare retata della polizia contro i venditori ambulanti o il piano sequenza di Uxbal che attraversa malinconicamente un ponte della città. Immagini e personaggi che non si dimenticano.
Una storia durissima e intensa, quindi, capace di farci pensare per giorni e riflettere su cosa rende veramente beautiful la vita.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a sergio dal maso »
[ - ] lascia un commento a sergio dal maso »
|
|
d'accordo? |
|
seiza
|
giovedì 17 febbraio 2011
|
vibrante
|
|
|
|
Un capolavoro. Crudo,duro,triste ma con un profondo messaggio di speranza.Ti coinvolge e sconvolge emotivamente, ti fa vibrare. Fotografia sublime. Bardem da oscar.Nella mia città, come in molte altre,non era in programmazione ed ho fatto piu di 100 km per gustarmelo al cinema, ma ne è valsa la pena.
|
|
[+] lascia un commento a seiza »
[ - ] lascia un commento a seiza »
|
|
d'accordo? |
|
andyzerosettesette
|
sabato 5 febbraio 2011
|
dramma sociale e redenzione individuale
|
|
|
|
Il tema dell'aldilà e del rapporto con la morte, pur presente sotto traccia in non poca cinematografia anche hollywoodiana, generalmente era però secondario e finiva per essere affrontato in modo ingenuo o per servire allo scopo di confezionare qualche blockbuster senza pretese. Negli ultimi due anni si assiste invece all'uscita di film di grande qualità, sia pure diversissimi per sviluppi narrativi e sensibilità dei rispettivi autori, che sono fondamentalmente delle riflessioni sulle conseguenze della morte o sul modo in cui la morte, intesa come partenza verso un altro mondo, può sconvolgere l'esistenza di chi resta.
Se ad esempio Scorsese con Shutter Island indagava sugli aspetti psichici di uno shock causato dalla morte violenta di persone care, e Peter Jackson provava in Amabili resti a declinare il tema in un'ottica più intimista e per certi versi consolatoria, più recentemente è stato addirittura Clint Eastwood, che un tempo si sarebbe considerato distante anni luce da argomenti di carattere "spirituale" in senso lato, a costruire con Hereafter una bella storia incentrata sul passaggio da l nostro all'"altro" mondo e su come il contatto con quest'utimo possa cambiare per sempre la percezione della realtà.
[+]
Il tema dell'aldilà e del rapporto con la morte, pur presente sotto traccia in non poca cinematografia anche hollywoodiana, generalmente era però secondario e finiva per essere affrontato in modo ingenuo o per servire allo scopo di confezionare qualche blockbuster senza pretese. Negli ultimi due anni si assiste invece all'uscita di film di grande qualità, sia pure diversissimi per sviluppi narrativi e sensibilità dei rispettivi autori, che sono fondamentalmente delle riflessioni sulle conseguenze della morte o sul modo in cui la morte, intesa come partenza verso un altro mondo, può sconvolgere l'esistenza di chi resta.
Se ad esempio Scorsese con Shutter Island indagava sugli aspetti psichici di uno shock causato dalla morte violenta di persone care, e Peter Jackson provava in Amabili resti a declinare il tema in un'ottica più intimista e per certi versi consolatoria, più recentemente è stato addirittura Clint Eastwood, che un tempo si sarebbe considerato distante anni luce da argomenti di carattere "spirituale" in senso lato, a costruire con Hereafter una bella storia incentrata sul passaggio da l nostro all'"altro" mondo e su come il contatto con quest'utimo possa cambiare per sempre la percezione della realtà. E' difficile non collocare Biutiful in questo filone, e soprattutto sfuggire alla tentazione di cogliere il parallelismo fra il personaggio interpretato da Javier Bardem e quello di Matt Damon in Hereafter, accomunati da un dono che entrambi vivono come un fardello e che talora "usano" più per destino che per scelta, ma di cui mai abusano. Ma mentre Eastwood, forse anche con qualche semplicismo, si muove principalmente sul terreno dello spirito, Inarritu preferisce puntare su quello del corpo e riesce magistralmente a sviluppare la sua storia su più piani paralleli ma tutti ugualmente "carnali": il dramma personale e fisico di Uxbal si sovrappone a quello della sua difficile situazione famigliare reso evidente dagli eccessi del fratello, dagli squilibri della moglie e dalle conseguenze di tutto questo sui due bambini, e al dramma sociale di una Spagna (di un Occidente) in cui gli "ultimi" esistono ancora, hanno la pelle nera o gli occhi a mandorla e con la morte, oltre che col rifiuto della società, convivono quotidianamente.
Uxbal, proprio a partire dal momento in cui scopre di stare affrontando un suo percorso senza ritorno verso la fine, trova una sorta di redenzione personale in parte negli affetti familiari (il tema del rapporto padre-figli percorre tutta la storia), ma soprattutto in una sua personalissima condivisione del dolore con un mondo di emarginati di cui aveva sempre fatto parte anch'egli, ma in precedenza ricoprendo un ruolo per così dire "compromesso" con gli squilibri della società ricca e sfruttatrice. Un Bardem sempre più a suo agio in ruoli dove anche fisicamente sembra portare il peso del dolore, rende progressivamente palese questa sorta di lenta evoluzione del suo personaggio, complicata peraltro, e per questo resa più "eroica", da eventi tragici in cui il destino sembra giocare il classico ruolo crudele che in genere gli spetta. Ma se la redenzione, il "redde rationem" prima di andarsene, è dei singoli, la società ne esce invece fatta a pezzi perchè non mostra alcun segno di "pentimento" per le iniquità globali che produce con noncuranza, facendo della vita umana una lotta per la sopravvivenza e scatenando nelle sue vittime comportamenti estremi, tanto bassi istinti quanto slanci di umana compassione.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a andyzerosettesette »
[ - ] lascia un commento a andyzerosettesette »
|
|
d'accordo? |
|
algernon
|
domenica 6 febbraio 2011
|
l'universo non paga l'affitto
|
|
|
|
bellissimo film, drammatica immersione nel degrado dei quartieri poveri di Barcellona, dove lo sfruttamento e l'emarginazione sono la regola e dove Uxbal conduce la sua vita di espedienti. in tale contesto, i problemi non vengono mai da soli, perciò non ci stupiamo se Uxbal è pure malato di cancro e separato dalla moglie maniaco-depressiva e gravato dalla cura dei figli. eppure il personaggio è molto umano in questo compito difficile e il suo rapporto coi figli è uno degli aspetti più belli del film. "non ti devi occupare dei tuoi figli, l'Universo si occupa di loro" gli dice una amica, cui Uxbal risponde: "ma l'Universo non paga l'affitto". bellissima l'interpretazione di Javier Bardem, ottima la regia, belle le riprese con la camera a mano, bella la fotografia con colori soprasaturi.
[+]
bellissimo film, drammatica immersione nel degrado dei quartieri poveri di Barcellona, dove lo sfruttamento e l'emarginazione sono la regola e dove Uxbal conduce la sua vita di espedienti. in tale contesto, i problemi non vengono mai da soli, perciò non ci stupiamo se Uxbal è pure malato di cancro e separato dalla moglie maniaco-depressiva e gravato dalla cura dei figli. eppure il personaggio è molto umano in questo compito difficile e il suo rapporto coi figli è uno degli aspetti più belli del film. "non ti devi occupare dei tuoi figli, l'Universo si occupa di loro" gli dice una amica, cui Uxbal risponde: "ma l'Universo non paga l'affitto". bellissima l'interpretazione di Javier Bardem, ottima la regia, belle le riprese con la camera a mano, bella la fotografia con colori soprasaturi. da non perdere.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a algernon »
[ - ] lascia un commento a algernon »
|
|
d'accordo? |
|
livio costarella
|
mercoledì 9 febbraio 2011
|
biutiful, adagio assai.
|
|
|
|
Scavare nel dolore per esorcizzarlo. Guardarlo e toccarlo. Adagio e assai. Forse è lì il senso ultimo di tutte le cose, che si contorcono a dismisura per ritrovare, a un certo punto, un senso infinito di pace. «Perché dolore è più dolor, se tace», direbbe Giovanni Pascoli. E allora c’è poco da nascondere, ci ricorda Alejandro Gonzalez Inarritu: meglio scorgere in faccia la miseria imperante, capiremo meglio chi siamo.
Così Barcellona non è solo il top della movida turistica europea del momento, ma una città imbarcata nei suoi drammi quotidiani multietnici. Tuttavia la vita è “Biutiful”, come sogna una bambina di 10 anni che nel suo disegno falsa sinistramente la giusta scrittura dell’aggettivo inglese.
[+]
Scavare nel dolore per esorcizzarlo. Guardarlo e toccarlo. Adagio e assai. Forse è lì il senso ultimo di tutte le cose, che si contorcono a dismisura per ritrovare, a un certo punto, un senso infinito di pace. «Perché dolore è più dolor, se tace», direbbe Giovanni Pascoli. E allora c’è poco da nascondere, ci ricorda Alejandro Gonzalez Inarritu: meglio scorgere in faccia la miseria imperante, capiremo meglio chi siamo.
Così Barcellona non è solo il top della movida turistica europea del momento, ma una città imbarcata nei suoi drammi quotidiani multietnici. Tuttavia la vita è “Biutiful”, come sogna una bambina di 10 anni che nel suo disegno falsa sinistramente la giusta scrittura dell’aggettivo inglese.
Il talentuosissimo Inarritu non delude neanche stavolta. E anche se “Biutiful” non lascia scampo, se non nel bellissimo e poetico finale, c’è una potenza visiva straordinaria che tiene incollati 2 ore 20 minuti alla sedia: è l’immenso Javier Bardem, che nei panni del morente Uxbal, invita a soffrire con e per lui.
Soffre anche la camera di Inarritu, impossibilitata a star ferma su un cavalletto, ma costante nel tremolare accanto al suo eroe pieno di metastasi. Sporco affarista o tenero padre di famiglia? Cinico o impaurito da una vita che lo sta per lasciare? Eppure lui il rumore del mare e delle onde lo conosce.
La metafora di “Biutiful” è più profonda di quanto si pensi: nella profondità del mare si agitano le paure inconsce di Uxbal e sembra quasi di rivedere tutta la società odierna alla deriva, di uomini privati di una dignità e di un posto decente in cui dormire. Ma quanto più è forte l’angoscia e sono irte le spine dei cuori dei protagonisti, tanto più sarà dolce il senso del riscatto, che solo la morte può dare.
Lo svela il bianco marmoreo della foresta innevata, contraltare finale della putrida oscurità che pervade il film, zeppa di neon e sapori ormai irriconoscibili. Ma c’è un altro contraltare forte, magico e rivelatore: il contrasto musicale. La chitarra di Gustavo Santaolalla (compositore immancabile nei film di Inarritu) ha una presenza fortissima e accompagna meravigliosamente, nelle distorsioni sonore, quelle visive e fisiche di Uxbal. Il riscatto è il dolcissimo “Adagio assai”, dal Concerto in sol di Ravel per pianoforte e orchestra, che interviene in due momenti. Nel primo suggerisce la “pietas” estrema per i cinesi soffocati e nel finale lascia attoniti e rapiti, con quell’assolo del piano che sfocia in una delle più belle entrate orchestrali della storia della musica.
Ravel ultimò il brano nel 1931 e sappiamo con certezza che gli era stata diagnosticata una malattia cerebrale che nel giro di dieci anni l’avrebbe portato alla morte. Eppure il compositore francese scrisse una delle pagine più belle di sempre, il testamento di un’anima sublimata nell’arte. Così Uxbal “mette a posto le cose”, prima della sua dipartita terrena.
E poi il finale - come già detto - rubato ai Coen. Chi non ricorda il sogno di “Non è un paese per vecchi” dello sceriffo Tommy Lee Jones? Suo padre lo aveva superato con una fiaccola per accendere un fuoco da qualche parte in mezzo al buio e al freddo. Forse da qualche parte, in mezzo a tutto il buio e il freddo che ci circonda, c'è ancora una speranza, una luce che ci aspetta? Uxbal ritrova il padre nella foresta incantata, gli sorride nell’ascoltare i suoi versi che riecheggiano il mare. E termina con una domanda: «Cosa c’è lì?». La quiete, risponde Ravel.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a livio costarella »
[ - ] lascia un commento a livio costarella »
|
|
d'accordo? |
|
renato volpone
|
lunedì 7 febbraio 2011
|
la consapevolezza della morte
|
|
|
|
La morte, pesante, ci accompagna per tutta la durata del film, e lo fa portandoci a spasso attraverso una realtà cruda fatta di sofferenza, di fame, di povertà. Questo lato di Barcellona a noi sconosciuto è il lato nascosto, ma vivo e palpitante, di ogni città, di ogni metropoli, dove l'ostentazione della ricchezza nasconde la sofferenza di chi arranca per sopravvivere, e ineluttabile arriva la morte, fortemente sentita, fortemente presente, non celata dall'ipocrisia della società moderna. Il protagonista ha il dono di poter comunicare con i defunti, ma questo non lo esime dalla paura della morte che gli è stata annunciata per un cancro.
[+]
La morte, pesante, ci accompagna per tutta la durata del film, e lo fa portandoci a spasso attraverso una realtà cruda fatta di sofferenza, di fame, di povertà. Questo lato di Barcellona a noi sconosciuto è il lato nascosto, ma vivo e palpitante, di ogni città, di ogni metropoli, dove l'ostentazione della ricchezza nasconde la sofferenza di chi arranca per sopravvivere, e ineluttabile arriva la morte, fortemente sentita, fortemente presente, non celata dall'ipocrisia della società moderna. Il protagonista ha il dono di poter comunicare con i defunti, ma questo non lo esime dalla paura della morte che gli è stata annunciata per un cancro. Si vive il senso di privazione e di sofferenza dei figli che lo vedranno morire, ma anche i bambini muoiono ci racconta il regista: la morte è di tutti. Mirabili le interpretazioni di tutti gli attori
[-]
|
|
[+] lascia un commento a renato volpone »
[ - ] lascia un commento a renato volpone »
|
|
d'accordo? |
|
|