vittorio
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mercoledì 20 maggio 2009
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bruttino...
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Film deludente, pessima fotografia, pessimi dialoghi e doppiato in modo dilettantistico!!
La storia è elementare, non porta nulla di nuovo sullo schermo...peccato grande occasione perduta!!
Da evitare...
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dario carta
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lunedì 11 maggio 2009
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un fantasy privo di ogni spessore
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Uwe Boll sembra tenere molto alla sua impostazione di regista di film che riportano alla struttura dei videogames più applauditi,propendendo più per l'aspetto spettacolaristico e ludico dell'immagine,piuttosto che entrare nella complessità di una trama intrigante ed offrire un prodotto appagante.
Dopo "Bloodrayne","Alone In The Dark" e "House Of The Dead",il regista torna in campo con questa tiepida favola medievale,ispirata anch'essa ad un videogame,con uno sciapo condimento di avventura,amore e leggende,ma ben lontana dal raggiungere uno status di concreto interesse.
Dispiace ricordare l'opinione comune sull'abilità nel campo della regìa cinematografica di Boll,valutata come media fra quella di Ed Wood e di John Woo,ma lo spettatore che ha deciso di guardarsi "In The Name Of The King",non potrà non arrivare alla conclusione che qualche cosa di vero,in questa affermazione,c'è.
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Uwe Boll sembra tenere molto alla sua impostazione di regista di film che riportano alla struttura dei videogames più applauditi,propendendo più per l'aspetto spettacolaristico e ludico dell'immagine,piuttosto che entrare nella complessità di una trama intrigante ed offrire un prodotto appagante.
Dopo "Bloodrayne","Alone In The Dark" e "House Of The Dead",il regista torna in campo con questa tiepida favola medievale,ispirata anch'essa ad un videogame,con uno sciapo condimento di avventura,amore e leggende,ma ben lontana dal raggiungere uno status di concreto interesse.
Dispiace ricordare l'opinione comune sull'abilità nel campo della regìa cinematografica di Boll,valutata come media fra quella di Ed Wood e di John Woo,ma lo spettatore che ha deciso di guardarsi "In The Name Of The King",non potrà non arrivare alla conclusione che qualche cosa di vero,in questa affermazione,c'è.
Non si riesce a cogliere nel film nè il sapore della leggenda o della tradizione ("Beowulf & Grendel","Legend","La saga dei Nibelunghi"),nè la ventata della magìa ("Eragon","Dungeons and Dragons"),nè la poesia che permea una missione da compiere ("Pathfinder","Wolfhound");piuttosto ci si rende conto che in "In The Name",la narrazione procede monotona nella forma di una continua battaglia,peraltro di discutibile effetto visivo e priva d'intensità,dando l'impressione allo spettatore di trovarsi di fronte ad un gioco sul PC in situazione di loop.
Purtroppo neppure il ricorso alla CGI non sortisce gli effetti desiderati,e poco o nulla offrono di speciale,restando banali manipolazioni e convenzionali trucchi da cinema di bassa spesa,che contribuiscono a collocare la pellicola al prodotto televisivo pomeridiano.
Il film appare subito scarno,già nella sua asfittica sceneggiatura,nel montaggio discontinuo e si trascina intuibile attraverso la stanca performance dei protagonisti.
Splendido il cast,che vede insieme Jason Statham ("Transporter","Crank","Death Race"),Leelee Sobieski("Il prescelto","Eyes Wide Shut"),John Rhys-Davies ("Il Signore degli anelli"),Matthew Lillard ("Scream"),Ron Perlman ("Hellboy"),Ray Liotta ("Copland","Smokin' Aces") e il veterano Burt Reynolds (questo è il primo film di Boll con un budget alto) e rincresce vedere non valorizzate queste star che non brillano come dovrebbero,sullo sfondo di un cielo nuvoloso.
A Statham non basta la sua fisicità per conferire carisma al suo personaggio,che si agita in continuazione,restando anonimo.
Ray Liotta, sfoggiando una veste quanto meno anacronistica,è un personaggio a metà strada tra il gangster ed il cattivo stregone,ma non si decide a chi dare più credibilità.
Burt Reynolds si afferma su tutti,restando sornione e bonario,quale egli è,conquistando personaggio e platea.
Matthew Lillard va fuori giri e trascende in eccessive smorfie e versetti isterici,ma valorizza il suo aspetto e lo fa non prendendosi tropo sul serio.
In ultima analisi "In The Name Of The King" è un film che non seduce,nasce da un videogioco cui è stato negato il respiro del cinema,gioco rimane per le due ore di durata e viene dimenticato ai titoli di coda,non lasciando traccia di sè come racconto fantasy,privo di ogni magìa,senza i colori ed calore dell'avventura,del dramma e della fantasia.
Dario Carta
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bigjames
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martedì 7 aprile 2009
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ray liotta di "good fellas"...
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Ma si, il film è come tanti...certamente, trovare un mito come Ray Liotta in queste condizioni lascia perplesso chiunque....
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c&c
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mercoledì 18 marzo 2009
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da quello che è considerato il peggior regista
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un film che può atrarre al cinema tutte le età,con pochi effetti speciali,ma quelli presenti fatti molto bene,la storia,avvicente,e piena di novità,non sono assolutamente d'accordo,con chi ha scritto la recenzione,perchè anche se il signore degli anelli è un cavolavoro,ciò non implica che i film successivi siano,meno belli,anzi,dovrebbero essere considerati,non facendo dei paragoni,ma analizzando il film,tutto sommato,il film è un bel film,dove si vedono piu culture orientali occidentali,unirsi in un fantasy,avvincete,con degli attori da paura
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avatar-6096
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mercoledì 18 marzo 2009
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statemi a sentire
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La critica di mymovies non sbaglia del tutto nel dire che In the name of the King sarebbe potuto andare meglio come B-movie, se fosse uscito vent’anni fa. Quello che risalta di più è infatti la notevole mancanza di originalità, che comunque risulta meno gravosa di quella che possiamo riscontrare in film quali Eragon, Dungeons & Dragons ed Il risveglio delle tenebre (che “rientrerebbero” nella serie A). Seconda e più grave carenza è la sceneggiatura, elemento fondamentalmente importante per un film, che soffre di evidenti carenze narrative (non si capisce perché Gallian faccia catturare ed imprigionare la gente, ne si spiega perché si accanisca tanto contro Farmer) e concede delle ingenuità narrative tali da far compiere acrobazie assurde ad un contadino (che nella vita non aveva mai combattuto) che, nel mezzo della battaglia, carica in prima fila senza armatura e ne esce indenne (mentre altri soldati vengono uccisi a decine nonostante gli scudi e le corazze).
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La critica di mymovies non sbaglia del tutto nel dire che In the name of the King sarebbe potuto andare meglio come B-movie, se fosse uscito vent’anni fa. Quello che risalta di più è infatti la notevole mancanza di originalità, che comunque risulta meno gravosa di quella che possiamo riscontrare in film quali Eragon, Dungeons & Dragons ed Il risveglio delle tenebre (che “rientrerebbero” nella serie A). Seconda e più grave carenza è la sceneggiatura, elemento fondamentalmente importante per un film, che soffre di evidenti carenze narrative (non si capisce perché Gallian faccia catturare ed imprigionare la gente, ne si spiega perché si accanisca tanto contro Farmer) e concede delle ingenuità narrative tali da far compiere acrobazie assurde ad un contadino (che nella vita non aveva mai combattuto) che, nel mezzo della battaglia, carica in prima fila senza armatura e ne esce indenne (mentre altri soldati vengono uccisi a decine nonostante gli scudi e le corazze). Segue poi la regia di Uwe Boll, che stavolta riesce a rendere meglio, perché se i precedenti House of the Dead ed Alone in the Dark si sono meritatamente guadagnati un posto nella Botton dei 100 film più brutti del mondo, questo In the name of the King è parecchio al di sopra delle serie Z e C, meritandosi la classificazione di B-movie di medio-bassa qualità. Certo anche qui la regia presenta varie pecche, per lo più espressive – la scena della sepoltura del figlio di Farmer, dovrebbe ispirare tragedia e commozione, invece risulta pienamente ridicola per le alternazioni della ripresa, il movimento degli attori ed il montaggio ritmico del sonoro che la fanno sembrare una scena d’azione inserita in un contesto errato – ma non si perde pienamente in inconcepibilità di ripresa, come in House of the Dead. Altra pecca è il cast, sommariamente ben assemblato, a effettivamente deludente per la scarsa espressività di Jason Statham (quasi sempre imbalsamato nella seriosa e poco piacevole espressione), l’inadeguatezza di Ray Lotta nel ruolo del cattivo, la povertà recitativa dell’oramai “consumato” Burt Reynolds e la sprecata presenza di attori di richiamo, tra cui Ron Perlman e John Rhys-Davies, ridotti a ruoli marginali e contestualmente superflui. Al cast fa seguito un copione piuttosto risibile nei suoi goffi tentativi di seguire (se non inimicare) la “poetica” del Signore degli Anelli – si vedano frasi come “Credi di aver vinto? Non hai vinto altro che tempo!”- del quale il film sembra più volte un’imitazione. Belle le musiche, ma non molto il montaggio, belli i paesaggi ambientali, un po’ meno curati ma accettabili gli interni, mentre la fotografia non è certo delle migliori, ma sicuramente più cromata delle precedenti. Del videogioco rimangono solo alcuni dettagli, ma ciò non è motivo di critica, data la semi trasparente e poco articolata trama del prodotto. Cosa certa è che un bel pizzico di autoironia avrebbe probabilmente migliorato il risultato finale. In sostanza Boll non è certo un bravo regista, ma definirlo il peggiore in assoluto sarebbe giusto soltanto se egli si fosse fermato ad Alone in the Dark, perché i successivi prodotti risultano largamente migliori nella loro mediocrità.
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andrea
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domenica 15 marzo 2009
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in the name of uwe boll: a dungeon siege tale
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In un imprecisato villaggio medioevale, Il Fattore e la sua famiglia conducono una tranquilla vita, coltivando i campi e sopravvivendo alle carestie. Un giorno i Krug, mostri combattenti giudati a distanza dal mago Gallian, irrompono nel villaggio uccidendo il figlio del Fattore e rapendo la moglie. Dopo che Il Fattore rifiuta di arruolarsi nell'esercito del Re Konreid, insieme agli amici Bastian e Norick decide di partire e raggiungere il Duca Fallow, presumibile artefice delle malefatte di Gallian e forse rapitore di sua moglie. Non ce niente da ridire, come Jim Wynorski, Uwe Boll colpisce sempre il suo spettatore offrendo annualmente il suo nuovo film; anche se da noi in Italia, In The Name Of The King arriva dopo due anni di ritardo.
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In un imprecisato villaggio medioevale, Il Fattore e la sua famiglia conducono una tranquilla vita, coltivando i campi e sopravvivendo alle carestie. Un giorno i Krug, mostri combattenti giudati a distanza dal mago Gallian, irrompono nel villaggio uccidendo il figlio del Fattore e rapendo la moglie. Dopo che Il Fattore rifiuta di arruolarsi nell'esercito del Re Konreid, insieme agli amici Bastian e Norick decide di partire e raggiungere il Duca Fallow, presumibile artefice delle malefatte di Gallian e forse rapitore di sua moglie. Non ce niente da ridire, come Jim Wynorski, Uwe Boll colpisce sempre il suo spettatore offrendo annualmente il suo nuovo film; anche se da noi in Italia, In The Name Of The King arriva dopo due anni di ritardo. Il problema non sta nel flop Americano, e neanche nel regista Boll(ingiustamente premiato ai Razzie Awards per la regia anche di Postal), ma purtroppo in una incomprensione del pubblico che, immancabilmente, rifiuta prematuramente le pellicole del filmaker tedesco; conosciuto come peggior regista del Mondo. E la cosa, si ripete in modo meccanico anche in A Dungeon Siege Tale, squisito prodotto fantasy basato su un videogioco e che qui, nella pellicola, ricostruisce al meglio le ambientazioni, la trama e i valorosi combattimenti. Ok, come la critica afferma, il film di Boll è un B Movie di altri tempi che si nota soprattutto nella messa in scena poco ritmata, ma in compenso carica di una ragione d'esistere, o per meglio dire, un prodotto con le carte in regola che non pecca neanche nella sceneggiatura che offre anche delle sequenze ironiche. Boll dirige con competenza e senso del montaggio orchestrando un fantasy, poco prevedibile, fedele al videogame e nel complesso, anche divertente e ricco di pathos medioevale; ridefinito appunto, dalle accurate scenografie. Mastodontico anche il cast che vede dalla parte dei buoni, Jason Statham(perfetto stereotipo del genere), Ron Perlman, Will Sanderson, Leelee Sobieski, John Rhys-Davies, Claire Forlani, Kristanna Loken, Brian White e, pensate un pò, anche Burt Reynolds. Nei cattivi invece, Ray Liotta, Matthew Lillard e Mike Dopud più i perfidi Krug. Consigliato ai fan di Uwe Boll e agli amanti più cinefili delle trasposizioni videogioco/film.
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mattia
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sabato 14 marzo 2009
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vacanze di natale
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massimo bordi e cristian desiga
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huntersub
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venerdì 13 marzo 2009
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voto 0
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Un film decisamente schifoso!!!! Idee stracopiate da un capolavoro (il signore degli anelli). Non capisco come abbia fatto ad essere girato!!! voto 0..........
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andrea
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domenica 8 marzo 2009
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appello agli utenti 2
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Sono lo stesso ANDREA del 27/12/2008 e questo mese sono venuto a sapere che venerdì 27 febbraio 2009 è uscito finalmente in Italia A Dungeon Siege Tale. Quello che mi fa venire rabbia è che la distribuzione della pellicola di Uwe Boll è avvenuta soltanto in pochissime sale. Come mai? Se qualcuno è riuscito a vederlo al cinema chiedo cortesemente la/e città in cui è possibile guardarlo. Grazie ancora. ANDREA
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roderigo
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domenica 1 marzo 2009
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anche questa volta la "regola" viene confermata
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Nel corso di alcune decine d'anni mi sono trovato anche ad aver a che fare abbastanza direttamente con i cosiddetti "critici" (cinematografici, di teatro, ... ) e il risultato è sempre stato lo stesso: quando uno spettacolo viene stroncato, più o meno intensamente, ho la quasi assoluta certezza che si tratterà di uno spettacolo quanto meno piacevole, se non addirittura bello.
Anche questo film non costituisce eccezione: posso dire che mi è piaciuto e non ha fatto che rinforzare la mia sempre scarsa stima/fiducia nelle capacità dei "critici" di mestiere.
[+] piacevole?? bello!?!?
(di chiara)
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(di lugath)
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