Luci nella notte

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Un film di Cédric Kahn. Con Carole Bouquet, Jean-Pierre Darroussin, Eric Moreau, Vincent Deniard, Paul Charline.
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Titolo originale Feux rouges. Thriller, durata 106 min. - Francia 2004. - Bim Distribuzione uscita venerdì 6 maggio 2005. MYMONETRO Luci nella notte * * 1/2 - - valutazione media: 2,80 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

L'uomo senza treno Valutazione 2 stelle su cinque

di Francesco2


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domenica 13 marzo 2011

Intreccio in questo titolo quelli di due interessanti opere che risalgono a otto/nove anni fa: "L'uomo del treno" e "L'uomo senza passato". Il primo oltretutto è di Leconte, che con Kahn condivide la nazionalità ma, a giudicare da quest'opera, anche lo stile rarefatto-europeo- intellettualistico di certo cinema.
Il film si apre illuminandoci (Parzialmente) su una coppia che vive di piccole bugie e disagi: l'autore è bravo ad anticiparci il travagliato futuro che li attende, soffermandosi in primo piano su una fotografia con i bambini e zoomando dall'alto sull'autostrada su cui si incamminano. Sembra quasi, l'ho già scritto per un altro film, il "Film parlato" di de Oliveira, dove i familiari salutano fazzoletto alla mano la nave dei parenti, e con essi forse la civiltà europea che sta morendo.
Il dialogo dilatato dei due rischia in realtà di incriminare l'accattivante (E francese) ambiguità che si era creata,  ma questa prima parte rappresenta anche un'anticipazione dell'INCOMUNICABILITA' del film. I personaggi non dialogheranno mai. Ma andiamo con ordine. Quando la Bouquet abbandona Darroussin  davanti un bar, costui
entra, comtempla il cadavere di una mucca appeso al tetto( (trovata forse didascalica, ma anch'essa "Illuminante") e mentre parla con un bizzarro individuo confidandogli le proprie angosce, senza che egli gli risponda, gli viene domandato se avesse visto un pericoloso evaso: noi non vediamo le fattezze d ichi gli rivolge queste domande, forse per una (Intelligente) scelta stilistica, ma forse anche perché Kahn, risparmiandoci gli ozpetekismi ei muccinismi da "Saturno contro"  & c., vuole illuminarci sull'incomunicabilità che permea tutta la pellicola. I poliziotti che Darroussin incontra, accompagnato dall'evaso con cui imprudentemente si mette al volante, o forse già prima con la moglie, appaiono figure al contempo da sogno e rigidamente plastificate, ciò ad accreditare la tesi secondo la quale buona parte del film non è che un sogno ma anche come se, seguendo la (Presunta o vera) strategia di Agatha Christie, il regista volesse suggerirci che gli indizi delle nostre tragedie sono presenti, ma noi non ce ne accorgiamo.
Tornando ad un paragone con "L'uomo del treno", altra (Migliore) "Partita a scacchi" francese in cui due figure maschili si guardano, si sfidano, forse alla fine si stimano, bisogna dire che i dialoghi restano tra le parti più deboli e non contribuiscono a  caratterizzare meglio né l'evaso, maledetto e violento, né lo s esso marito, ubriacone d'oltralpe tormentato e voglioso  i trasgressioni tout court, con un codice morale che gli fa preferire i criminali "Trasgressivi" alle brave persone "Ordinarie" (Ascoltate quei discorsi sul "Codice d'onore").
Ma l'evaso è una figura troppo estrema affinché uno dei due non compia un gesto estremo, come avveniva in un altro "Duello senza sciabole" nel "Sole ingannatore " di Mikhalkov, anche quello guarda caso visto come un possibile "Film sognato".
La seconda parte si apre con una placida panoramica sulla natura, accompagnata però da un'accattivante musichetta ironica già sentita. Sembra quasi una "Storia vera" di Lynch, rilassata apparentemente quanto tesa sottopelle. Il film, ora che il protagonista si dedica alla ricerca della moglie, e non riesce (neanche qui) a parlare con gli ospedali, come  con la moglie ed il delinquente, assume sostanzialmente i risvolti di un giallo, come forse il libro di Simenon da cui è tratto. Che fine ha fatto la moglie? E quanta colpa ha lui se, come accerterà, le è avvenuto qualcosa di male?
La tensione , quando  la trova, viene ulteriormente accentuata dalla domanda della Bouquet: "Ma te l'ha detto?", ed il regista si congeda restituendoci l'immagine di una coppia al contempo ritrovata ed angosciata. Ritrovata perché questo momento di travaglio sembra averli riavvicinati, angosciata perché la violenza subita dalla donna resterà per entrambi, probabilmente, un ricordo incancellabile per tutta la vita. La chiave fondamentale sembra comunque l'ottimismo, come dimostra il volto sorridente della Bouquet in macchina: sembrta quasi il finale di "Luce dei miei occhi", che però ci lascia un pò di (Sana) inquietudine in più, tipicamente d'oltralpe.

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