paolopace
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martedì 4 ottobre 2016
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uno dei bond più originali
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Con questo film Bond cambia tono e allarga il tipo di pubblico potenziale. Era una scelta necessaria in quanto la prima fase si era virtualmente esaurita col precedente. Ma il segreto del Bond è quello di avere troppi ingredienti indovinati per perire, sorprendendo anche i critici. Diventato un affare più serio per i soldi che è costato (il set di Ken Adam dell'interno del vulcano é costato quanto l'intero primo film) che per ogni altra cosa, il quinto episodio della serie non nasconde di essere un fumetto, manda in cantina ideologismi, intellettualismi, approfitta delle location orientali per creare una film arioso e lirico, diretto con intelligente levità da Lewis Gilbert che ha come unico punto di contatto col precedente la componente psichedelica e il fulcro sulla tecnologia, però qui volutamente esagerata così come il tono sovente di parodia di quest'opera richiedeva.
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Con questo film Bond cambia tono e allarga il tipo di pubblico potenziale. Era una scelta necessaria in quanto la prima fase si era virtualmente esaurita col precedente. Ma il segreto del Bond è quello di avere troppi ingredienti indovinati per perire, sorprendendo anche i critici. Diventato un affare più serio per i soldi che è costato (il set di Ken Adam dell'interno del vulcano é costato quanto l'intero primo film) che per ogni altra cosa, il quinto episodio della serie non nasconde di essere un fumetto, manda in cantina ideologismi, intellettualismi, approfitta delle location orientali per creare una film arioso e lirico, diretto con intelligente levità da Lewis Gilbert che ha come unico punto di contatto col precedente la componente psichedelica e il fulcro sulla tecnologia, però qui volutamente esagerata così come il tono sovente di parodia di quest'opera richiedeva. Non più l'ironia, a volte scura e crudele, non il cinismo, drasticamente ridotta la dose di sesso e di violenza, questo Bond ha fatto parlare alcuni critici di decadenza se non di fine di 007, confermata dall'annuncio di Connery di non interpretare più il personaggio. Anche se alcune battute dimostrano una mentalità anni '60 (la cui "aria" è un grande pregio del film, se vi piace), il quinto episodio della serie è molto meno volgare e maschilista dei precedenti (con il montaggio influenzato da un tocco femminile). Un Bond indubbiamente diverso dai precedenti, come dai seguenti. Un capolavoro, se può esserlo un film che non chiede di credere alla storia che si osserva (questa fu probabilmente la causa dell'incasso grande ma inferiore alle aspettative in confronto ai due precedenti), non fosse che per il cast tecnico e artistico da Oscar che ha lavorato con grande cura, come il direttore della fotografia Freddie Young, lo scenografo Ken Adam, il montaggio di Peter Hunt, la musica di John Barry, gli effetti speciali di John Stears. Donald Pleasence ha bisogno di meno tempo di altri per recitare un cattivo memorabile, Testuro Tamba è grande e le attrici giapponesi sono brave (specie Akiko Wakabayashi, Mie Hama, la "Brigitte Bardot del Giappone", compensa con la sua bellezza). Molto affascinante e sensuale Karin Dor. Alcuni scorci, inquadrature, composizioni figurative del film - che si prende anche discrete licenze poetiche - sono assolutamente magici. Anche se non è il Connery più in forma resta per me insuperabile come 007 (con la sola possibile eccezione - anche se tutti gli altri se la sono cavata egregiamente - di Daniel Craig). Il Martini è erroneamente definito "mescolato e non agitato", al contrario di come si deve fare.
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angelino67
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mercoledì 4 maggio 2016
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un bond gentile
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Un film molto atmosferico, con favolose riprese del grande, forse il più grande in quel monento in Inghilterra, direttore della fotografia Freddie Young, scelto dal regista Lewis Gilbert che voleva massimizzare la qualità del prodotto anche in un film volutamente scherzoso e leggero che a differenza dei precedenti non chiedeva di essere preso sul serio. Geni al lavoro: i titoli di testa di Maurice Binder sono eccezionali; John Barry firma una delle sue migliori colonne sonore; Ken Adam é scatenato alle scenografie (il set dell'interno del vulcano - in campo lungo 135 metri - é costato da solo quanto il primo film della serie: "All'epoca molti pensavano che fossi pazzo").
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Un film molto atmosferico, con favolose riprese del grande, forse il più grande in quel monento in Inghilterra, direttore della fotografia Freddie Young, scelto dal regista Lewis Gilbert che voleva massimizzare la qualità del prodotto anche in un film volutamente scherzoso e leggero che a differenza dei precedenti non chiedeva di essere preso sul serio. Geni al lavoro: i titoli di testa di Maurice Binder sono eccezionali; John Barry firma una delle sue migliori colonne sonore; Ken Adam é scatenato alle scenografie (il set dell'interno del vulcano - in campo lungo 135 metri - é costato da solo quanto il primo film della serie: "All'epoca molti pensavano che fossi pazzo"). Bob Simmons, controfigura di Connery, il primo a coreografare le scene di combattimento, un'altro dei tanti grandi che hanno contribuito al valore e al successo della saga, fa qui uno dei suoi lavori migliori. E' un Bond per tutta la famiglia, più aggraziato, festoso. Con una bella spugna Gilbert cancella i rovelli intellettuali e psicologici dei film precedenti e accentua le caratteristiche spettacolari, fantascientifiche e inverosimili. Viene allo scoperto il fondamento senza pretese del Bond, da fumetto, da intrattenimento fanciullesco. Secondo i punti di vista, questo è un progresso o un indebolimento della serie. Via il cinismo, ridimensionate la violenza e l'erotismo, il Bond di Gilbert ha il merito di non essere volgare e a suo modo, intelligente e consapevole delle cose del mondo di cui mette il rilievo i lati comici: una lezione di cui terranno conto anche i registi del Bond più serioso come John Glen. Lo sceneggiatore Roal Dahl conosceva Fleming, ne era amico ma la sua scelta è emblematica di questa impostazione. Siamo nell'era psichedelica, e si vede; ciò contribuisce al fascino del film. Akiko Wakabayashi e Mie Hama (che all'ultimo momento si sono scambiate i ruoli per l'inadeguatezza di quest'ultima, pur deliziosa, in quello principale) sono efficaci mentre è curiosa la scelta di Karin Dor che era esteticamente lontana dal personaggio della sceneggiatura. Le battute che oggi consideriamo sessiste erano coerenti col Bond, con l'epoca e con il mondo dove la storia è ambientata. Peter Hunt, che si trovava in vacanza in Giappone, un po' deluso dell'avergli preferito Gilbert alla regia dopo aver dato un contributo sempre più importante alla grandezza dei film precedenti, accettò per l'ultima volta la seconda unità di regia e il montaggio con la promessa di dirigere il successivo film della serie. Il fatto che ebbe come assistente al montaggio una donna e stato importante per il cambiamento di carattere della saga. Donald Pleasence è ottimo come Blofeld anche se appare forse un po' troppo tardi, ma rimane impresso. Quando Connery, un po' appesantito rispetto alla perfetta forma di Thunderball, annunciò che avrebbe abbandonato la serie, molti pensarono che questo segnasse la fine del Bond. Quei critici che avevano rimproverato alla serie un manicheismo reazionario e stupido hanno molto apprezzato il garbo e la autoironia (se non autoparodia) di questo episodio. Anche se la - onesta, dichiarata, intelligente - falsità gli é costata una parte del pubblico (il film ebbe un grande successo però inferiore al previsto) la qualità degli apporti, il duro e travagliato lavoro, spesso in condizioni difficili - con grossi rischi corsi e incidenti -, la maestria registica di Lewis Gilbert, che fa sembrare facile il difficile come tutti i fuoriclasse - lo rendono uno dei vertici della produzione bondiana di sempre.
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