Giacomo Debenedetti
Questo grosso calibro della stagione americana 1936-37 spara con un rinculo così curioso e imponente, che non si sa alla fine se l’impressione più forte sia quella del balzo in avanti, o del rimbalzo all’indietro Primo: ti colpisce con l’azzeccata, inoppugnabile evidenza delle figure e col contagio di un’atmosfera d’incubo – sia pure facile, sia pure monotona – contro cui non c’è resistenza o vaccinazione che valga. Secondo: ti respinge con la violenza e disinvolta arbitrarie del racconto. E terzo, quello che non t’aspettavi: ti si attacca al ricordo con una nostalgia inespressa, Pungente e amara, di cui stenti ad appurare il motivo. [...]
di Giacomo Debenedetti, articolo completo (7500 caratteri spazi inclusi) su 10 marzo 1938