artifex
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sabato 12 luglio 2008
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il dio assente
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"Una verità assente è pur sempre una verità" (Roberto Tulino, "Visioni" - 2006): è così che esordiremmo per descrivere il film "nemmeno il destino" di Daniele Gaglianone, giovane e promettente regista la cui invisibilità dovrebbe turbare tanto i produttori quanto i fruitori. La verità di Dio quindi, imperscrutabile ma onnipresente - almeno per chi ci crede - si rende Presenza "in absentia". La sua assenza, ovvero, non fa altro che palesarci la sua imprescindibile presenza. Nei personaggi di "Nemmeno il destino", così come pure nella trama, alberga un'essenza sinistra, inquietante: una rete, si potrebbe dire, di ineluttabilità. È con ogni probabilità questo fattore, così come pure la regia magistrale (fuochi d'artificio pixellati come a sottolineare la cinematograficità, la finzione, della pellicola) a conferire quella profondità a questo ottimo film italiano purtroppo sottovalutato.
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"Una verità assente è pur sempre una verità" (Roberto Tulino, "Visioni" - 2006): è così che esordiremmo per descrivere il film "nemmeno il destino" di Daniele Gaglianone, giovane e promettente regista la cui invisibilità dovrebbe turbare tanto i produttori quanto i fruitori. La verità di Dio quindi, imperscrutabile ma onnipresente - almeno per chi ci crede - si rende Presenza "in absentia". La sua assenza, ovvero, non fa altro che palesarci la sua imprescindibile presenza. Nei personaggi di "Nemmeno il destino", così come pure nella trama, alberga un'essenza sinistra, inquietante: una rete, si potrebbe dire, di ineluttabilità. È con ogni probabilità questo fattore, così come pure la regia magistrale (fuochi d'artificio pixellati come a sottolineare la cinematograficità, la finzione, della pellicola) a conferire quella profondità a questo ottimo film italiano purtroppo sottovalutato. La presenza di Dio, quindi, svelata dalla sua eterna assenza, assenza di luce, di sguardo, di futuro e di tenerezza (Dio non necessariamente è indulgente), è il leitmotif della storia: l'assenza che nega ai personaggi stessi l'equilibrio e la stabilità che vanno cercando. Una precarietà che con grande sapienza esonda nella regia, con inquadrature particolarmente mosse, instabili, posticce e malferme. Ma la differenza fra il dilettante e il maestro giace nel contrappunto stilistico di classe, nel montaggio impeccabile e soprattutto nel coraggio di "esordire" in tal modo (sebbene sia la seconda pellicola dell'Autore). Una Verità assente è pur sempre una Verità, dunque. Così come è verità che se a Cannes s'impalmano eccellenze - che qui non si vogliono mettere in discussione, anzi - come Sorrentino e Garrone, è altrettanto vero che l'irritante e pruriginosa assenza del Gaglianone su quei podii - almeno per chi ne apprezza l'esperienza e l'espressione - non può che renderlo manifesto.
Un ottimo film, di riflessione, di coraggio e di introspezione dolorosa ambientato in una Torino invisibile, marginale, di periferia, come pure di periferia, marginali e invisibili sono i personaggi, le loro storie e il loro frustrante senso della Impossibilità. Appare infatti chiaro fin da subito quali siano le pretese - chiaramente modeste - dei personaggi: un ragazzo sveglio che non s'illude delle esterne promesse d'un padre alcolista e che anzi pare invogliarsi, nella sua accidia, al Gesto, all'atto Eroico - in opposizione in questo caso alla "indifferenza" d'un realista Michele Ardengo di Moravia - fino a consumarla in un commovente gesto di tragico suicidio che segue al monologo/dialogo del ragazzo stesso con una propria caricatura del padre. L'unica soluzione, quindi, al proprio senso dell'impossibilità è nella tragedia (pur che accada qualcosa...). Il protagonista, invece, riesce a scampare, a mettere - per così dire - giudizio: una madre affetta da gravi problemi mentali e il rapporto con due anziani coniugi freschi del lutto d'un figlio mettono il giovane in bilico fra se stesso e la presa in mano del proprio destino, del proprio bagaglio, e come il pellegrino sogna la terra santa, egli cerca la Verità, il suo Dio assente, nella montagna raffigurata in un affresco al quale, in modo decisamente simbolico, darà fuoco. Fuoco che purifica, montagna sacra: due elementi che a buon titolo possono concedere a questa pellicola quella profondità, anche mistica, anche Averroistica, se vogliamo profondamente significativa, che fin dalle prime battute abbiamo avuto modo d'esporre
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frdb
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venerdì 19 novembre 2004
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periferie e disperazione
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Non so, non posso dire di essere stato letteralmente folgorato ma mi è sembrato un film non privo d’interesse. Per la regia allucinata, atta quasi a dare l’idea della disfunzione percettiva, di colori, di sguardo che sembra accompagnare la vita in certe aree di degrado. Per la storia di un’adolescenza tutta al maschile, minimale, tenera, intimista, dove il gioco a due su un motorino o nel verde industriale di periferia abbandonato è sempre e comunque fuga dallo squallore di casa che inghiotte, onnipresente. Perché è una storia scomoda, di emarginazione e di disperazione come raramente vengono portate sui nostri schermi consolatori e concilianti. Mi ha colpito molto la figura del giovane direttore della casa per ragazzi problematici, la sua carica umana, diretta e nevrotica nel dirigere la comunità e nell’infodere vita al protagonista ammutolito.
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Non so, non posso dire di essere stato letteralmente folgorato ma mi è sembrato un film non privo d’interesse. Per la regia allucinata, atta quasi a dare l’idea della disfunzione percettiva, di colori, di sguardo che sembra accompagnare la vita in certe aree di degrado. Per la storia di un’adolescenza tutta al maschile, minimale, tenera, intimista, dove il gioco a due su un motorino o nel verde industriale di periferia abbandonato è sempre e comunque fuga dallo squallore di casa che inghiotte, onnipresente. Perché è una storia scomoda, di emarginazione e di disperazione come raramente vengono portate sui nostri schermi consolatori e concilianti. Mi ha colpito molto la figura del giovane direttore della casa per ragazzi problematici, la sua carica umana, diretta e nevrotica nel dirigere la comunità e nell’infodere vita al protagonista ammutolito. Nonostante produca Domenico Procacci il film vanta una distribuzione ridottissima
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