“L’apparizione” (L’apparition, 2018) è il settimo lungometraggio del regista francese Xavier Giannoli.
“Tu sei vuoto”;
“Tu sei pericoloso”.
Ecco che il confronto religioso laico è solo manifestazioni di intenti di un film aperto e chiuso con mure già inserite e dove le opinioni si mescolano o possono rovesciarsi. Anche se le arguzie argomentativi non vanno oltre e finiscono qui per il regista che chiude il cerchio per un racconto misero di approfondimenti veri. Padre Borrodine (Patrick D’Assumcao) e Jacques Mayano (Vincent Lindon) si incontrano e si conoscono senza saperlo. E Anna (Galatéa Bellugi), novizia in un convento, è lì ad aspettare domande ma non ha le risposte giuste.
Film di incroci, di quesiti, di inchieste e di fatti che paiono non arrivare mai.
L’illusione o la veggenza come segno di un paradigma di situazioni e di concertazioni di preghiere dietro ad un ‘apparizione tutta da sentire dentro. Intanto si smuove il mondo intorno, si smuove ogni cammino per un posto di contatto, si smuove la gente per respiro o per stare insieme, si smuove il dunque di una domanda o delle domande, si smuove il turismo religioso. Unico fermo è Jacques che osserva, conosce, dubita e vorrebbe prove. Il silenzio è una preghiera tra tanti mentre le credenze rimangono aperte.
E il mercato dei media apre e si avvicina, commercia e assale ogni possibile notizia (e sua verità).
Film estemporaneo, lineare e tronco, con benevolenze suggestive, mistiche, misticheggianti, bugie, compromessi, mercatini facili e fedi da cercare sempre. Un giornalista di guerra, di confine e di verità nascoste suscita scompiglio in una commissione che cerca prove su un apparizione, su una ragazzina che giura, in un inizio soave e par intimo, di aver visto una donna vestita di bianco e con risvolti azzurri. La Vergine sembra lì in una zona della Francia già metà di Pellegrini e piena di statuine, quadri e ricordi religiosi. Piena di pullman di fedeli e di preghiera quasi una vita riaperta per toccare la ragazza.....
Film imperfetto, diseguale, in-conclusivo, deviante e frettoloso. Un giornalista e la sua vita, il suo mondo sono in apparizione concreta di tutti i giorni. I resti di una tavola, un antico luogo, una sacralità ritrova la vita e un senso alla altezza delle domande come una preghiera non detta. In un chiaroscuro e in uno schermo annerito, in un finale povero e indovinato, si ritrova l’uomo e il suo interiore. Ecco poche immagini finali di un mondo di disperati, rifugiati e uomini e donne che cercano solo bisogni c’è il fatal vivere in un mondo che ha voglia di veggenti e di false promesse.
E alla fine è il regista che vince sulla storia, allungata, senza appartenenza e forse priva di interesse. Un film compiaciuto nel dire poco. E l’apparizione diventa mistificazione del non-senso per un rispetto che non arriva.
Regia in balia di eventi e senza ansie narrative.
Voto: 5,5/10 (** 1/2).
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