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L'unica cosa che rimane incompiuta è capire dove siano finite le spose del titolo...eppure anche su questo si riesce a passare oltre. Sì, perchè con il film dell'esordiente Mezzapesa (che poi tanto esordiente non è visto che ha già un David in saccoccia, menzioni ai Nastri d'Argento e partecipazioni a festival internazionali, tra cui il Festival di Venezia) l'unico vero matrimonio possibile è quello con il cinema. Il cinema nel senso più puro del termine. Primi piani mozzafiato, movimenti di macchina eleganti e calibrati, tocchi lievi che di colpo sanno farsi pungenti, grevi. Come l'azione portata a compimento da Zazà, uno dei due protagonisti del film, che in una scena di calcio come forse non se ne sono mai viste nel cinema, accarezza la palla, salta avversari, danza nel fango della vita, con una grazia e un impeto che diventano epici.
La narrazione a tratti appare troppo ellittica, eppure la potenza visiva del regista riesce a non far cadere mai la tensione. Particolarmente indovinate anche le scelte degli attori, tutti o quasi alle prime esperienze, e del commento musicale, cangiante, mai banale, a tratti distonico, come i fumi delle ciminiere all'orizzonte, come il volto angelico di Annalisa attaccato con la gomma da masticare sul volto della madonna.
Una menzione alla fotografia dai toni freddi, a tratti acidi, per ritrarre il sud del dolore e al montaggio di Giogiò Franchini, che sa assecondare le scelte registiche e narrative, facendosi a tratti sentire prepotente, soprattutto nelle sequenze musicali, numerose ma mai abusate.
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