Un ponte per Terabithia

L’ennesimo film della Disney non mantiene ciò che promette spiazzando il pubblico con il mancato happy end. Perché “Un ponte per Terabithia” non è il solito, si fa per dire, fantasy che utilizza a più non posso la computer graphic per pura evasione ma una storia che tratta temi di certo non facili: bullismo, difficoltà economiche, rapporti familiari, prime cotte per una storia “adulta” che si nasconde dietro l’immaginazione di due teenager che vogliono colorare il mondo. Jess è un ragazzino sensibile ed introverso, dedito al disegno e con una famiglia piuttosto numerosa che non se la passa tanto bene; Leslie è una biondina tutto pepe che ha ereditato dai genitori il talento per la scrittura. In una scuola dove il bullismo è una regola da seguire per non essere emarginati e schiacciati dai più forti, i due protagonisti sono fuori dal coro, così non resta che stringere una tenera amicizia: appuntamento fisso all’uscita della scuola per scorrazzare tra i boschi della cittadina, Jess e Leslie scoprono le bellezze della natura immaginando un mondo d’altri tempi dove regnano maghi, regine, troll, eserciti di libellule e giganti buoni. Ispirato al libro di Katherine Paterson, “Un ponte per Terabithia” delude quelli che si aspettavano il fantasy con scenografie fiabesche ed effetti speciali da lasciare a bocca aperta; qui regna la normalità, una tranquilla famiglia americana che ogni mese deve fare i conti le bollette da pagare, bulletti e piccole prepotenze quotidiane, un’insegnante che fa battere il cuore. Traghettamento dall’infanzia all’età adulta, la metafora sottesa al film arriva come un pugno allo stomaco quando irrompe la tragedia, perché la vita nasconde anche la morte ed i bambini non sempre sono preparati al peggio. Il regista ungherese Gabor Csupo, uno dei più importanti animatori del mondo, non si spreca più di tanto nella costruzione scenografica e per questo suo esordio dietro la macchina da presa preferisce affidarsi completamente agli attori -Josh Hutcherson ed AnnaSophia Robb hanno la freschezza e l’ingenuità dell’adolescenza- per raccontare una realtà filtrata attraverso la fantasia. Favoletta dai contenuti moraleggianti che fa a meno dell’effetto speciale sempre e comunque, “Un ponte per Terabithia” nasce come un film per bambini ma finisce per rivolgersi ad un pubblico maturo. La perdita delle persone care non deve impedire di sognare, tutti hanno un talento speciale che deve essere portato alla luce, la vita ci impegna a dure prove ma non per questo bisogna perdere la poesia: basta tenere la mente aperta e vedere il mondo con i colori della fantasia. Antonello Villani (Salerno)