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Ci si può sbellicare dalle risa ad un funerale? Una vera impresa quella di rendere allegro il giorno più triste per alcuni familiari accorsi al capezzale di un vecchio padre di famiglia, eppure “Funeral Party” non sembra preoccuparsi di sovvertire le regole di ogni buon cristiano. Così Frank Oz, doppiatore e creatore dei Mappets, non si perde d’animo e realizza un film very british che oscilla tra farsa e tragedia, trascinando il pubblico in una serie di equivoci e malintesi tipici della commedia. Pungente quanto basta il funerale che vuole desacralizzare la morte con i suoi ripetitivi e, talvolta, falsi rituali restituendo l’anima del defunto senza orpelli di sorta; perché dopo alcune situazioni esilaranti apprendiamo che il caro estinto ha tradito la moglie con un nano arrivato alla cerimonia solo per spillare un po’ di sterline ai parenti, mentre una boccetta di stupefacenti scambiata per valium porta l’imbarazzo tra i partecipanti. Oz esagera con le situazioni macchiettistiche che ci propina ad ogni piè sospinto mettendo in luce ogni umana debolezza ed alla fine il suo progetto naufraga miseramente: fidanzati drogati per errore, ex amanti respinti, amici di famiglia sciroccati, vecchi che bestemmiano per un nonnulla, invidie tra fratelli che odorano di trauma infantile, “Funeral Party” sembra un teatro di figuranti che vogliono conquistare la scena con situazioni poco credibili oltre che noiose. In tanto fracasso spicca Matthew MacFayden, il clone inglese di John Cusack, che deve arrabattare alla meno peggio l’elogio funebre tra un cadavere da far sparire e una moglie preoccupata per la caparra della casa; Peter Vaughan, nella parte dello zio sulla sedia a rotelle, diverte con il suo linguaggio scurrile mentre Peter Dinklage, il nano di Nip/Tuck, è l’amante venuto ad incassare la sua “buonuscita” con alcune foto compromettenti. Nel tentativo di arruffianare il pubblico c’è pure il tabù dei tabù con i bisogni fisiologici di un vecchio borbottone che finisce per andare di corpo sulle mani dell’accompagnatore. Tutto inutile, la commedia british con il suo immancabile umorismo nero ha conosciuto ben altri momenti e si farebbe un torto a registi più meritevoli parlare di gioiello cinematografico. D’altra parte, Oz è inglese di nascita ma americano di adozione.
Antonello Villani
(Salerno)
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beetlejuice
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mercoledì 10 ottobre 2007
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beetlejuice
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1)lo humour inglese non deve abitarci per forza in questo film 2)il vecchio impreca sì, ma non bestemmia,vedilo meglio 3) qui non si ride della morte, si ride di quello che sta "introrno" alla morte. Da buon cristiano si dovrebbe avere rispetto della morte, ma non nel senso tragico e purtroppo moralista con cui a volte si svivola con una certa facilità, essendo essa una fase di passaggio da una vita ad una altra migliore, e non la "fine" di tutto. Ed ecco i rimbrotti che vengono fatti ad Oz per il fatto di aver costruito la sotria intorno ad un funerale.
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buzzenka
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martedì 21 luglio 2009
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Il discorso è che leggendo sta recensione mi inorridsco al pensiero della tua comicita' e dell'idea che tu abbia della stessa.Ho visto il film ventitre volte e personalmente credo sia una delle migliory dark comedy degli ultimi vent'anni.Io non so che lavoro tu faccia ma se sei un giornalista e sei pagato per recensire...oh boy!
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