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Cč un film, un capolavoro, che taglia di netto la distanza abissale che passa tra commiserazione sterile, se non sadica, e amore: Anna dei miracoli del 1962 con regia di Arthur Penn e interpretato da Anne Bancroft e Patty Duke.
Questo film che č per me tra i film pił belli, intensi, educativi, istruttivi, commoventi che abbia mai visto, riprende una vicenda reale narrata da una insegnante (Sullivan), di una bambina sordomuta (Ellen Keller).
La bambina era tenuta dai genitori in uno stato di passivitą protettiva, dove si accontentava ogni suo pur minimo capriccio.
Lamore era in realtą commiserazione, la bambina cresceva ma non come donna bensģ come un grazioso animaletto.
Il compito dellinsegnante Sullivan č proprio quello di risollevarla dallo stato di ferinitą a quello umano dovendo lottare perņ contro la dorata gabbia compassionevole che i genitori le avevano costruito intorno, tanto che la bambina ne era ormai prigioniera-gratificata.
La lotta č durissima, ma linsegnante con forza riesce ad imporre un altro punto di vista, per primo ai genitori e poi alla stessa bambina, la quale lentamente sente quello sforzo non pił come uninvasione arbitraria ma come lunica e vera espressione di amore capace di condurla alla sua realizzazione.
Il film č epico nel raccontare questo passaggio e quando la bambina si sveglia dal suo torpore e sinnalza dal mero vivere vegetativo al mondo dei significati, vi č unesplosione emotiva raramente raggiunta in un film.
La bambina correva felice, ad ogni oggetto dava un nome e ogni nome era lo svelamento di un universo simbolico.
Il compito dellinsegnante si conclude, i genitori, a loro volta educati, hanno ora veramente una figlia damare.
La scena finale č meravigliosa: linsegnante sta preparandosi per la partenza, entra nella sua stanza la bambina, si mette sulle sue ginocchia e cosģ, con muta intensitą, esprime la sua infinita gratitudine.
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