Scambiati spesso per la loro presenza scenica, i due attori in realtà hanno background molto diversi. Dal 20 agosto al cinema con il film di Antonio Padovan.
“Non ci crederanno mai” dice Stefano Fresi a Giuseppe Battiston in una scena de Il grande passo, film che li riunisce per la prima volta da co-protagonisti e che chiede loro di mettersi l’uno nei panni dell’altro. “Se lo fai bene, sì” risponde Battiston, prima di aggiungere un laconico “ci somigliamo” che lascia entrambi in silenzio per un attimo. Ma sarà poi vero? Fratellastri che si ritrovano da adulti sotto la regia di Antonio Padovan, i due attori sembrano esprimere una sacrosanta perplessità nei confronti di un immaginario popolare del cinema che non soltanto divide in rigide categorie protagonisti e caratteristi, ma che accomuna interpreti molto diversi come loro principalmente in virtù della stazza.
Bisogna però pur stare al gioco, e Battiston-Fresi arricchiscono questo buddy movie ambientato nel Polesine con tutte le sfumature delle rispettive carriere.
L’intensità e la malinconia tipica di Battiston fanno capolino tra le crepe di un personaggio burbero che pensa solo a come andare sulla Luna, il proposito di una vita intera. Fresi, d’altro canto, attutisce leggermente la verve che lo ha reso uno dei protagonisti della commedia più recente, portando la sua romanità in trasferta in modo circospetto e tratteggiando i contorni pragmatici ma flessibili di un uomo mite che ha sempre la mamma a tiro di telefono.
E nello scrutarli sotto le barbe folte, fratelli improbabili nati da un padre un po’ sciagurato, Il grande passo ci spinge a confrontarne anche la presenza scenica. Solo sei anni li separano (classe 1968 il friulano, 1974 per il romano), ma Battiston e Fresi sembrano davvero appartenere a due generazioni diverse del cinema italiano, che negli ultimi vent’anni si sono certamente sovrapposte ma hanno riferimenti del tutto distinti.
L’universo di Stefano Fresi nasce con leggerezza nella musica, e al cinema intercetta subito i codici seriali e commerciali che uniscono grande e piccolo schermo. Non a caso la sua carriera inizia con la parte del Secco in Romanzo Criminale (2005) di Michele Placido, film che poi partorirà anche una serie di successo. Nei successivi quindici anni, uno stuolo di ruoli di supporto che naturalmente vanno a gravitare attorno ai nuovi motori del nostro cinema.
Come i tre film con Massimiliano Bruno (Nessuno mi può giudicare, Viva l’Italia, Gli ultimi saranno ultimi), autore a sua volta legato a Fausto Brizzi con cui Fresi girerà Forever Young nel 2016. Per non parlare dei tanti incroci con Edoardo Leo, spesso suo compare sullo schermo e negli esordi televisivi (Un medico in famiglia), e regista di Noi e la Giulia (2015), opera coeva e gemella di quella che ha dato a Fresi il suo ruolo più famoso, il chimico Alberto finito a fare il lavapiatti negli anni della crisi (Smetto quando voglio e relativi seguiti, tutti per la regia di Sydney Sibilia).
E poi l’universo di Ciarrapico, Torre e Vendruscolo, che creando Boris nel 2007 forse hanno sancito il vero inizio della fase del cinema popolare di cui Fresi si è rivelato assiduo protagonista. Con loro, l’attore partecipa a Ogni maledetto natale nel 2014, e arriva poi fino al giorno d’oggi con Figli (guarda la video recensione), che nasce dalla penna proprio di Mattia Torre.
Quel ruolo di un padre rassegnato alle angherie dei due bambini che si trascina dietro ha in effetti qualcosa del Battiston più comico dei primi anni duemila, che sapeva dare supporto a pellicole difficili da scardinare per gli outsider come quelle di Aldo, Giovanni e Giacomo (Chiedimi se sono felice). Battiston si è affacciato però al mestiere in un momento storico forse più vario per il cinema italiano, potendo rivelare un talento anzitutto drammatico nei film di Silvio Soldini (ne ha girati ben sette, ricevendo nel 2000 un David di Donatello per l’investigatore-idraulico Costantino in Pane e tulipani), di Cristina e Francesca Comencini (La bestia nel cuore e A casa nostra) e Mazzacurati, con il quale vince un altro David per La passione nel 2010. Lavora poi due volte con Gianni Zanasi (ennesimo David con l’ottimo Non pensarci) e Andrea Segre, in una carriera che lo ha visto spesso prendere parte a progetti coraggiosi e a opere di registi giovani.
Dotato di un vasto spettro emotivo anche nei ruoli più comici, e capace di tenere ancorati a terra i personaggi drammatici più evanescenti, Battiston ha costruito un brand trasversale, da caratterista a leading man, da serio interprete teatrale a presenza televisiva di successo. Il suo cinema e quello di Fresi si incontrano idealmente nel 2016, con il campione d’incassi Perfetti sconosciuti, pochi anni prima di trovarsi davvero l’uno di fronte all’altro: fratelli a metà, nati da due cinema diversi eppure destinati a ricongiungersi per continuare a chiedersi se quella somiglianza c’è davvero.