Da Omero a Stephen King, il rapporto fra cinema e letteratura è sempre stato tormentato.
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It (guarda la video recensione) diretto da Andy Muschietti, scritto da Stephen King, è un modello esemplare di libro che diventa film. La "collaborazione" è complessa.
Premessa. Il rapporto fra cinema e letteratura, è sempre stato stretto e tormentato. Stretto perché non c'è romanzo importante, salvo rare eccezioni, che non abbia avuto la sua versione cinematografica, tormentato perché le due discipline hanno regole molto diverse. Il cinema ha toccato tutti gli autori, tutti i giganti. Da Omero a Shakespeare alla Christie, da Goethe a Mann a Grass, da Hugo a Flaubert a Bernanos, da Manzoni a Tomasi Di Lampedusa, da Fitzgerald a Hemingway a King, da Dickens a Kipling, da Tolstoj a Solgenicyn, a Kafka a Joyce, a Joseph Roth a Garcia Marquez a Tolkien. Non c'è dubbio che ad essere privilegiato sia il cinema, al romanzo appartengono profondità, introspezione, verità; al cinema spettacolo e happy end. Il lieto fine ha spesso stravolto i contenuti dei romanzi.
Nel mio libro "Il libro che visse due volte - Letteratura&Cinema: amore&odio", in quarta di copertina mi esprimevo, in sintesi estrema.
In questo ultimo mese sono stati distribuiti tre titoli: "La colonna di fuoco", di Ken Follett, "Origin" di Dan Brown, romanzi, e It, di Andrés Muschietti, film, tratto da un romanzo di Stephen King.
Brown, King, Follett: tre eroi del bestseller. I primi due addirittura primatisti mondiali. Si parla di copie vendute che si avvicinano al miliardo. I tre sono legati dai generi, certo hanno stili diversi e un genere può prevalere sull'altro, ma se dici: avventura, fantasy, mistica, cultura, thriller, sentimento, horror, scenari della terra, il destino umano, ebbene tutti e tre si riconoscono in questi labirinti. Coi numeri prevale King: sono una cinquantina i film derivati dalla sua opera, in moduli molto articolati: romanzi, racconti, sceneggiature, antologie, serie, e-book. Successivamente affidati a sceneggiatori e registi che hanno saputo rendere cinematografico il registro dello scrittore, che è di livello, e non si limita al racconto puro e veloce, ma presenta momenti di letteratura di ottima grana.
Un esempio, nella prima pagina di "Misery non deve morire", si legge: "Il dolore restava poco sotto i suoni. Il dolore era a est del sole e a sud delle sue orecchie. Qui si concludevano le sue certezze". C'è il piacere diviso fra prosa e poesia. King non solo racconta, scrive. Brown è più veloce e frenetico, poco interessato alla poesia, talento decisamente "action", travolgente nelle vicende che si susseguono e costringono il regista - Ron Howard che ha firmato i tre film derivati: Il codice da Vinci, Angeli e demoni, Inferno - a un esercizio di omissioni e di sintesi non semplice. Per questa ragione i film tratti da King sono prodotti, diciamo così, migliori. Nell'immensa "derivazione" ricordiamo oltre a It, edito due volte, la prima per la televisione, Carrie - Lo sguardo di Satana, il primo romanzo, due edizioni anche per questo titolo, e poi Shining, Il miglio verde, La torre nera, ma siamo, come si dice, alla punta dell'iceberg.
Fra gli otto film "derivati" alcuni sono ricordabili, come La cruna dell'ago, Il codice Rebecca, Il terzo gemello, I pilastri della terra. Un altro filo che connette i due americani e il britannico è la capacità di rendere vero il verosimile, che è il primo sortilegio che coglie le istanze del pubblico di questa epoca.
È quasi inutile dire che questi tre titoli tengono le prime posizioni delle vendite dei libri, "Origin" è al primo posto, "La colonna di fuoco" è lì vicino, e "IT", il romanzo, è fra i primi dieci e questo è un dato interessante, perché è un segnale di come un film possa essere utile a un libro. E qui si va nella storia. Pochi titoli a campione, da Via col vento, e poi salendo Addio alle armi, Rebecca - La prima moglie, 2001: Odissea nello spazio, Trainspotting, Il signore degli anelli, Harry Potter, la saga di Twilight. Senza dimenticare casa nostra con Il gattopardo e soprattutto Il nome della rosa, che cominciò a decollare - e che decollò, 50 milioni di copie vendute - dopo il film di Annaud con Sean Connery.
A chiudere: nell'era recente il cinema, rispetto alla letteratura, ha risalito posizioni, si è accreditato, non più figlio di un dio minore. Ma rimane un assunto decisivo, quasi impietoso: non esistono, salvo anomale eccezioni, libri tratti da film, ma solo film tratti da libri.