Il Messaggero - The Haunting in Connecticut

Se siete appassionati del genere, questo film certamente vi terrà sulle spine per il tempo della sua durata. Sì perchè i colpi di scena non mancano...colpi nel senso vero e proprio. Si era intuito già negli ultimi prodotti del medesimo filone (vedasi Il mai nato, Riflessi di paura, etc.) ma ora il "manifesto" è completo. L'assunto di partenza è questo: l'orginalità è la grande assente. Le storie o non funzionano o sono stentate repliche di vecchi capolavori e/o recenti casi isolati. Gli sceneggiatori annaspano: finita l'era dell'horror granguignolesco, tra L'esorcista e The Others, si recuperano meta-incubi in decomposizione, con l'ausilio della tecnologià del terzo millennio. La storia è debole (spettri, sedute spiritiche, negromanti e buoni pastori sono elementi stra-usati peraltro sempre nello stesso ordine e modalità, nonostante le infinite possibilità del racconto) e viene rinforzata con effetti sonori, salti al cardiopalma e immagini shock. E' qui l'estetica violenta e ripugnante dei videoclip, l'estetica bidimensionale della Playstation, con le sue visioni fortissime, realissime, studiatissime. Paura a tavolino, insomma. Ma quello che poteva essere l'unico aspetto originale (da sfruttare) ovvero il legame tra la morte dei vivi e la morte dei morti (con tutto quello che sta in mezzo) viene affogato da soluzioni visive tanto putride quanto semplici. L'happy end e il fantasma buono affossano definitivamente la pellicola. Il negormante resucita i morti ma fa morire gli spettatori di noia. Da dimenticare.