bokk74
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giovedì 18 gennaio 2007
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l'oriente è l'oriente...
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East Is East
Purtroppo poco conosciuto e apprezzato, East is East (che potrebbe suonare come “L’Oriente è l’Oriente!”) narra la vicissitudini di eterogeneo gruppo familiare, che ha il padre Pakistano (straordinario Om Puri) e madre inglese (spettacolare Linda Bassett) e dei loro quattro figli, tre maschi e una femmina.
In verità i figli sarebbero cinque, ma il primo, il maschio, scappa da un matrimonio combinato con una bella pakistana. Il padre, inflessibile, ligio ai dettami della patria lontana, lo “disconosce”. A modo suo, crede di essere un padre affettuoso e premuroso, e sotto certi aspetti lo è anche, ma il suo “fanatismo” lo pone in contrasto con gli inglesissimi figli che vedono le tradizioni paterne poco più che folkloristiche esibizioni.
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East Is East
Purtroppo poco conosciuto e apprezzato, East is East (che potrebbe suonare come “L’Oriente è l’Oriente!”) narra la vicissitudini di eterogeneo gruppo familiare, che ha il padre Pakistano (straordinario Om Puri) e madre inglese (spettacolare Linda Bassett) e dei loro quattro figli, tre maschi e una femmina.
In verità i figli sarebbero cinque, ma il primo, il maschio, scappa da un matrimonio combinato con una bella pakistana. Il padre, inflessibile, ligio ai dettami della patria lontana, lo “disconosce”. A modo suo, crede di essere un padre affettuoso e premuroso, e sotto certi aspetti lo è anche, ma il suo “fanatismo” lo pone in contrasto con gli inglesissimi figli che vedono le tradizioni paterne poco più che folkloristiche esibizioni. Non si sforzano di capirlo, come lui non si preoccupa di capire i figli, così certo del valore delle tradizioni, che in filigrana tradisce il senso di non-appartenenza culturale alla vita sociale inglese, pur amando molto la (seconda) moglie inglese, ed essendone da lei riamato.
Il Padre incute timore reverenziale ai figli, che non si ribellano alle sue scelte finquando la situazione non si fa insostenibile. In una girandola di equivoci, la commedia con tocco leggero, dialoghi intelligenti e al contempo divertentissimi, procede da sola, grazie anche ad attori in stato di grazia.
...A volte, per far capire le difficoltà di un’integrazione non voluta ma obbligata, non serve necessariamente lo scontro diretto, ma sensibilità e senso dell’umorismo poco british e molto delicato, che riconcilia con il vero cinema. Un cinema di ottime idee, bravi attori e una regia misurata, senza tanti milioni, ma immensamente ricca di trovate, che difficilmente potrà dispiacere a qualcuno.
*** Bokk74 ***
Blog: http://bokk74.blog.kataweb.it/
Sito Internet: http://spazioinwind.libero.it/dario974/
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(di stefano65)
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francesca meneghetti
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sabato 9 marzo 2013
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quando lo straniero siede alla nostra tavola
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Il tema delle frontiere culturali e religiose ha assunto una rilevanza particolare nel dibattito culturale degli ultimi vent’anni. Fino a che gli italiani erano emigranti e l’immigrazione un fenomeno di nicchia, impercettibile, si viveva all’interno di una bolla etnocentrica: come gli uomini prima di Copernico.
Ma, nel giro di trent’anni, da una dimensione di vita delimitata da piccoli orizzonti, si è passati ad una società multietnica, che impone la convivenza con persone di ogni provenienza, cultura, religione: una situazione per altro sperimentata molto tempo prima da altri paesi europei, come l’Inghilterra dei primi anni ’70, dove è ambientato il film East is east, del regista irlandese (non è un caso) Damien O’Donnel.
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Il tema delle frontiere culturali e religiose ha assunto una rilevanza particolare nel dibattito culturale degli ultimi vent’anni. Fino a che gli italiani erano emigranti e l’immigrazione un fenomeno di nicchia, impercettibile, si viveva all’interno di una bolla etnocentrica: come gli uomini prima di Copernico.
Ma, nel giro di trent’anni, da una dimensione di vita delimitata da piccoli orizzonti, si è passati ad una società multietnica, che impone la convivenza con persone di ogni provenienza, cultura, religione: una situazione per altro sperimentata molto tempo prima da altri paesi europei, come l’Inghilterra dei primi anni ’70, dove è ambientato il film East is east, del regista irlandese (non è un caso) Damien O’Donnel.
A differenza del confine, paragonabile a una linea netta, come il solco che il vomere traccia sul suolo, la frontiera separa (e unisce) spazi fisici e mentali, contrappone persone e ideologie, ma in modo più sfrangiato e dai bordi irregolari, attraverso liberi giochi d’incastro di singoli pezzi e di ricomposizione.
Le persone possono vivere a ridosso della frontiera, o esserne attraversate, come il caso di George Khan, pakistano, padre-padrone nel film, giunto in Inghilterra del 1937, e poco dopo sposato con una donna inglese (nonostante una prima moglie pakistana). Il regista lo coglie nel 1971, quando è in corso il conflitto tra Pakistan e India, dopo venticinque anni di matrimonio, sei figli maschi e una femmina.
Appare un uomo intenzionato a difendere le tradizioni pakistane e musulmane con spirito fondamentalista, ma la contraddizione è in lui, prima ancora che nei suoi figli: a partire dal nome anglicizzato, dal matrimonio con Ella (una splendida Linda Bassett), accanita fumatrice, e madre affettuosa, per arrivare alla dimenticanza delle regole (impone alla figlia, per una cerimonia, non i pantaloni ma un sari, che invece è tipico dell’odiata cultura induista). Consapevole di essersi allontanato dalle radici, sofferente di solitudine per la sua diversità, cerca di dimostrare rispettabilità ai paki della moschea imponendo ai figli costumi folkloristici e scelte di vita non condivise.
Se il padre si sente un pesce fuor d’acqua, i figli si sentono prevalentemente inglesi, tranne uno. E tuttavia, al di là dell’identità percepita, restano oggettivamente, finché dipendono dalla famiglia, una cross generation: un crocevia di culture, lingue, opinioni religiose e valori diversi. I temi trattati dal film sono dunque molto seri e ancora attuali. Non è escluso che il regista abbia voluto alludere, attraverso questa copertura orientale, al tema della frontiera che contrapponeva cattolici dell’IRA e protestanti nel Regno Unito proprio negli stessi anni (nel gennaio del 1972 cade il Bloody Sunday).
E tuttavia il film, pur attraversando passaggi drammatici, è godibilissimo, allegro, ricco di battute intelligenti e spiritose. E’ forse il primo ad aver inaugurato un genere (v. Sognando Beckham, e Il mio grasso grosso matrimonio greco, per esempio). Per questa leggerezza, che attenua lo spessore dei contenuti, ed anche per il carattere aperto della storia (come andrà a finire il conflitto padre-figli ovvero tradizione-modernità?) questo film si presta bene a essere proiettato e discusso in un’aula scolastica o in un cineforum, anche se ormai “datato”.
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stefano capasso
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martedì 17 giugno 2014
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la difficile integrazione
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George è un uomo pakistano che vive nella periferia di Manchester. Ha sposato come seconda moglie in Inghilterra una donna inglese e con lei ha 7 figli. La rigida educazione musulmana che impone a tutta la famiglia comincia a divenire fonte di conflitto quando i figli crescendo chiedono di vivere secondo la cultura inglese, di cui sentono di far pienamente parte. E quando arrivano i primi matrimoni combinati la ribellione scoppia in tutta la sua forza.
Un film quello di Damien O’Donnel che affronta il difficile tema dell’integrazione culturale, del bisogno di mantenere integre le proprie tradizioni da un lato e di rinnovamento dall’altro. Una commedia che spesso diventa drammatica, e che sembra un atto di accusa verso gli estremismi culturali.
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George è un uomo pakistano che vive nella periferia di Manchester. Ha sposato come seconda moglie in Inghilterra una donna inglese e con lei ha 7 figli. La rigida educazione musulmana che impone a tutta la famiglia comincia a divenire fonte di conflitto quando i figli crescendo chiedono di vivere secondo la cultura inglese, di cui sentono di far pienamente parte. E quando arrivano i primi matrimoni combinati la ribellione scoppia in tutta la sua forza.
Un film quello di Damien O’Donnel che affronta il difficile tema dell’integrazione culturale, del bisogno di mantenere integre le proprie tradizioni da un lato e di rinnovamento dall’altro. Una commedia che spesso diventa drammatica, e che sembra un atto di accusa verso gli estremismi culturali. Al tempo stesso traspare forte l’idea che chi porta queste diversità da minoranza in una cultura diversa ha bisogno addirittura di rafforzare la tradizione perché possa resistere al mondo intorno, finendo per divenire ancora più rigida e a tratti intollerante. George è quasi vittima di un sistema al quale non riesce ad adattarsi in modo equilibrato.
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therao
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giovedì 11 giugno 2015
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film superficiale sul tema dell'integrazione
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"East is East" vorrebbe essere una commedia dissacrante sullo scontro tra due culture, quella orientale e quella occidentale. Se si vuole affrontare un tema del genere, però, non si può prendere l'esempio peggiore della cultura orientale, ovvero quello di un rigido patriarca legato a barbariche tradizioni quali il matrimonio combinato o la circoncisione (a proposito, l'infibulazione di una delle figlie sarebbe stata raccontata con lo stesso tono allegro e scanzonato? Io non credo). Inoltre bisognerebbe avere ben chiara la differenza tra una "cultura" e i suoi "rituali". Mi spiego meglio: la "cultura" di un popolo non è semplicemente un insieme di rituali portati avanti da un gruppo di persone, ma dipende anche dal modo di vedere il mondo, dai valori condivisi, di abitudini.
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"East is East" vorrebbe essere una commedia dissacrante sullo scontro tra due culture, quella orientale e quella occidentale. Se si vuole affrontare un tema del genere, però, non si può prendere l'esempio peggiore della cultura orientale, ovvero quello di un rigido patriarca legato a barbariche tradizioni quali il matrimonio combinato o la circoncisione (a proposito, l'infibulazione di una delle figlie sarebbe stata raccontata con lo stesso tono allegro e scanzonato? Io non credo). Inoltre bisognerebbe avere ben chiara la differenza tra una "cultura" e i suoi "rituali". Mi spiego meglio: la "cultura" di un popolo non è semplicemente un insieme di rituali portati avanti da un gruppo di persone, ma dipende anche dal modo di vedere il mondo, dai valori condivisi, di abitudini... E in effetti nel film si parla molto poco della cultura occidentale, rappresentandola come una sorta di mondo neutro troppo moderno per avere ancora delle tradizioni (tradizioni, per l'appunto, viste come roba da gente antiquata e superstiziosa). Se lo sceneggiatore avesse adottato un punto di vista super partes sarebbe potuto venir fuori un buon film, ma così non è stato.
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