La storia è quella - benchè romanzata - del trapper Hugh Glass (1780-1833) che nel 1823 visse un'avventura ai limiti dell'incredibile. Sbranato e ridotto in fin di vita da un grizzly, venne abbandonato dai due compagni, uno dei quali era il giovane Jim Bridger destinato a diventare in seguito uno dei più famosi esploratori del West. La regia è di Sarafian, esperto di serial televisivi ("Gunsmoke") e deciso a dare l'impronta più realistica possibile alla vicenda. Per questo non risparmia scene cruente, immagini raccapriccianti e intense inquadrature della Wilderness (il titolo originale del film è "Man in the Wilderness") la distesa selvaggia che poi si sarebbe chiamata Frontiera.
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La storia è quella - benchè romanzata - del trapper Hugh Glass (1780-1833) che nel 1823 visse un'avventura ai limiti dell'incredibile. Sbranato e ridotto in fin di vita da un grizzly, venne abbandonato dai due compagni, uno dei quali era il giovane Jim Bridger destinato a diventare in seguito uno dei più famosi esploratori del West. La regia è di Sarafian, esperto di serial televisivi ("Gunsmoke") e deciso a dare l'impronta più realistica possibile alla vicenda. Per questo non risparmia scene cruente, immagini raccapriccianti e intense inquadrature della Wilderness (il titolo originale del film è "Man in the Wilderness") la distesa selvaggia che poi si sarebbe chiamata Frontiera. Il vero Glass - nel film si chiama Zachary Bass, interpretato da un Richard Harris molto in forma che viveva ancora sulla fama de "Un uomo chiamato Cavallo" - percorse 320 chilometri con una gamba rotta e la schiena devastata, cibandosi anche delle carogne di animali rinvenute lungo il cammino: quando trovò i due compagni che l'avevano abbandonato, li perdonò entrambi. Bass fa più o meno la stessa cosa e viene considerato dagli Indiani come un semi-dio, essendo sopravvissuto miracolosamente alle ferite inferte dall'orso. Questo film rimane, insieme a "Il grande cielo" di Howard Hawks (1952) e a "Corvo Rosso non avrai il mio scalpo" di Sidney Pollack (1972) il più celebrativo dell'epopea dei mountain men, offrendo un ritratto fedele del mondo dei trappers che Richard Lang cercherà di riprodurre con "I giganti del West" nel 1980. Il duello fra l'uomo e la natura ostile si conclude sostanzialmente alla pari per chi è capace di cogliere gli aspetti positivi della wilderness - leggi: Bass che scaccia un lupo intento a divorare la carogna di un bisonte per procacciarsi il cibo necessario a rimanere in vita - servendosene per la propria sopravvivenza. I perdenti sono coloro che affrontano la Wilderness con l'unico intento di sfruttarne le risorse, il bieco maggiore Henry e gli uomini che trascinano un barcone armato di cannone fino nel cuore del Dakota, respingendo un duro assalto indiano. Un film memorabile per comprendere il West ai suoi albori, quando i Pellirosse ne erano i padroni incontrastati e la magia dei loro talismani possedeva ancora un misterioso potere.
Domenico Rizzi, scrittore
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