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laurab
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giovedì 19 settembre 2024
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quando il bel cinema fa riflettere
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Una mano che si protende e chiede aiuto, chiede di essere salvata e dice “ascoltami, sono ancora viva”. In una lingua che a tratti sembra incomprensibile ma che racconta di mille vite diverse che si ritrovano a servire una patria e un ideale percepito dai più come un ingannevole obbligo.
E così, nella totale assurdità della guerra e in una variegata umanità, ci sono uomini che fanno la differenza, che scelgono di agire seguendo il proprio sentire.
Giulio e Stefano, medici e amici, hanno due opposte visioni della guerra e della vita e agiscono seguendo l’uno la salvezza e l’altro il sacrificio. Umanità e dovere è il binomio che si dipana per tutto il film diretto con grande maestria dal regista che non cade mai nella tentazione di propendere per uno dei due protagonisti, lasciando allo spettatore la riflessione su quanto sia profonda l’insensatezza di ogni perdita umana e di ogni guerra.
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Una mano che si protende e chiede aiuto, chiede di essere salvata e dice “ascoltami, sono ancora viva”. In una lingua che a tratti sembra incomprensibile ma che racconta di mille vite diverse che si ritrovano a servire una patria e un ideale percepito dai più come un ingannevole obbligo.
E così, nella totale assurdità della guerra e in una variegata umanità, ci sono uomini che fanno la differenza, che scelgono di agire seguendo il proprio sentire.
Giulio e Stefano, medici e amici, hanno due opposte visioni della guerra e della vita e agiscono seguendo l’uno la salvezza e l’altro il sacrificio. Umanità e dovere è il binomio che si dipana per tutto il film diretto con grande maestria dal regista che non cade mai nella tentazione di propendere per uno dei due protagonisti, lasciando allo spettatore la riflessione su quanto sia profonda l’insensatezza di ogni perdita umana e di ogni guerra.
E così ognuno la combatte a modo suo cercando di sconfiggere l’impotenza opponendo la ragione e il sentimento, travalicando ogni confine e ogni rigida imposizione.
Il film colpisce duro, l’angoscia e la sofferenza sono percepibili come la disperata ricerca di cura e di protezione contro una pandemia che inesorabilmente riporta ad avvenimenti maledettamente recenti.
Ma ciò che mi ha toccato nel profondo, è stata la consapevolezza della cecità umana, di quanto il potere e l’arroganza riescano ad offuscare le menti e a prevaricare sul senso di giustizia e di pace. Declinati nel passato e, purtroppo, nel presente.
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vittorio stano
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giovedì 19 settembre 2024
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la guerra e'' una malattia da sradicare
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La guerra è una malattia da sradicare, ma dalle radici inafferrabili, ha affermato il regista Gianni Amelio commentando la sua ultima, intensa opera cinematografica "Campo di battaglia". Il dolore, le atrocità della guerra, la morte, dalle braci del '900 ci portano inesorabilmente alle guerre di oggi: all'Ucraina, alla martoriata Palestina, dove a tutt'oggi sono stati massacrati più di 20mila bambini. Gli echi guerreschi che coniugavano patria, gloria , vittoria, valore, eroismo, sacrificio emergono dall'immondezzaio della Sto e minacciano d'incendiare l'intero pianeta. Tocca a noi, uomini e donne di buona volontà contrapporci a questa marea di odio montante e ricacciarlo, con coraggio e fermezza fuori dalla Storia.
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La guerra è una malattia da sradicare, ma dalle radici inafferrabili, ha affermato il regista Gianni Amelio commentando la sua ultima, intensa opera cinematografica "Campo di battaglia". Il dolore, le atrocità della guerra, la morte, dalle braci del '900 ci portano inesorabilmente alle guerre di oggi: all'Ucraina, alla martoriata Palestina, dove a tutt'oggi sono stati massacrati più di 20mila bambini. Gli echi guerreschi che coniugavano patria, gloria , vittoria, valore, eroismo, sacrificio emergono dall'immondezzaio della Sto e minacciano d'incendiare l'intero pianeta. Tocca a noi, uomini e donne di buona volontà contrapporci a questa marea di odio montante e ricacciarlo, con coraggio e fermezza fuori dalla Storia. Diplomazia e dialogo tra i popoli ci vuole. Campo di battaglia è un film d'ispirazione pacifista e antimilitarista. Fa da lente d'ingrandimento sulla guerra di un secolo fa per parlare delle atrocità di oggi, ai conflitt il nostro presente. il film inizia con una pira di cadaveri di soldati e uno di loro, più fortunato, con un pungolo fa pressione sui corpi per vedere se qualcuno ancora reagisce e portarlo dove può essere curato. Essere rimessi in sesto più che guarirli, con lo scopo di rispedirli presto i prima linea, pronti per morire per la patria lungo le trincee. La narrativa si sposta in un ospedale militare non lontano dal fronte friulano. Qui troviamo tre amici di estrazione altoborghese, due medici e un'infermiera che con il loro approccio verso i soldati feriti e mala esprimono tre differenti morali. Stefano (Gabriel Montesi) è un capitano burbero e disumano, non accetta la "codardia" dei "furbetti che "tolgono il posto letto ai valorosi". Secondo lui i simulatori sono miserabili che si sono procurati da soli il modo di evitare il combattimento. E' l'archetipo del militare distante dagli uomini e pronto a mandarli al massacro senza risparmio. Ottuso e insensibile anche di fronte alla carneficina della guerra. Stefano è pronto a una carriera politica nel dopoguerra. Giulio (Alessandro Borghi) è sensibile e comprensivo, capace di immedesimarsi nelle paure dei soldati/pazienti. Arriva a contagiare, mutilare e privare (magari temporaneamente) della vista e dell'udito quei soldati che vorrebbero solo tornare a casa ad abbracciare i loro cari. Per loro lui è "la mano santa". Anna (Federica Rossellini), infermiera volontaria della Croce Rossa, tra le più brave all'Università, ma non ha potuto laurearsi in Medicina per stereotipi contro le donne. La stessa famiglia non ha voluto. <<...E poi ho messo la testa a posto!>>, dice lei. E' quindi anche la mancanza di autostima che l'ha portata a sottovalutare le proprie qualità, non solo la società maschilista del tempo. Anna ascolta Stefano e Giulio esercitando una pietas istintiva verso quei soldati poveri e giovanissimi che si esprimono solo in dialetto e si sono trovati in mezzo a un CONFLITTO CHE NON LI RIGUARDA AFFATTO. Gianni Amelio simpatizza per i soldati, anime semplici che parlavano un'altra lingua: i contadini del regno della meschina italietta sabauda. Mentre morivano nelle trincee, i loro superiori proseguivano le loro cene e i loro calcoli strategici per conquistare pochi metri in mesi di massacri. Queste anime semplici stanche e stremate dal prolungarsi dei combattimenti reclamano il riposo, il cambio, essendo repressi con le decimazioni. Per questi soldati non era una guerra di popolo, ma una guerra dalle logiche di classe molto forti. Si fece ricorso al carcere e alle fucilazioni e decimazioni contro i renitenti. Sono questi, insieme a chi moriva in trincea, carne da macello. Sono calabresi, sardi, siciliani, pugliesi, friulani che occupano le corsie, spesso automutilandosi con la speranza di ritornare a casa , invece che all'appuntamento con la morte. Diverse migliaia di loro furono condannati a morte o all'ergastolo, con la sola colpa di VOLER VIVERE. Sul fronte di guerra , proprio verso la fine del conflitto, si diffonde una infezione che colpisce più delle armi nemiche: la "febbre delle trincee". E' l'influenza Spagnola. E presto contagia anche la popolazione civile. La diffusione verrà favorita dal massiccio spostamento di truppe nel mondo e dalle pessime condizioni igieniche di trincee e accampamenti. L'estensione del lutto nella popolazione mondiale a seguito di questi eventi è stata tale da farci pensare che nessun nucleo familiare ne sia rimasto indenne. Fece temere la "fine del mondo". I giornali non ne parlavano ma la pandemia fece in Italia più di 600mila morti (50milioni in tutto il mondo). I morti italiani nella grande guerra furono ufficialmente 650mila, ma qualche storico ipotizza che il numero globale raggiunse il milione, calcolando le decine di migliaia di militari che morirono anche anni dopo il conflitto in conseguenza delle malattie o delle ferite contratte in guerra. Oltre 1 milione e mezzo i feriti, tra questi 500mila rimasero mutilati o invalidi permanenti. Campo di battaglia è un monito che ci invita a guardare all'oggi, ai conflitti che devastano il nostro presente, alle terribili conseguenze che si ripercuotono immancabilmente sull'incolpevole popolazione civile. Toccante il grido di sdegno e di dolre della donna che viene respinta con ferocia, insieme al suo bambino malato, dai militari: ASSASSINI ! VITTORIO STANO
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mauridal
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mercoledì 2 ottobre 2024
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la tragedia della guerra
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Tutt’altro che la commedia ‘La grande Guerra di Comencini’ , questo film vuole rappresentare un aspetto della prima Guerra , una tragedia italiana nel conflitto con L Austria.Il regista Amelio ha voluto ricostruire un particolare della vicenda umana che ha coinvolto uomini soldato, mandati al macello in trincea e anche medici e infermieri che cercano di salvare feriti e moribondi negli ospedali da campo, e dunque coinvolti tutti nella guerra da diverse posizioni.
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Tutt’altro che la commedia ‘La grande Guerra di Comencini’ , questo film vuole rappresentare un aspetto della prima Guerra , una tragedia italiana nel conflitto con L Austria.Il regista Amelio ha voluto ricostruire un particolare della vicenda umana che ha coinvolto uomini soldato, mandati al macello in trincea e anche medici e infermieri che cercano di salvare feriti e moribondi negli ospedali da campo, e dunque coinvolti tutti nella guerra da diverse posizioni. Gianni Amelio ha voluto un film in fondo pacifista affermando “la guerra è un male da sradicare “ e intanto il novecento ha già visto una seconda Guerra mondiale e il secondo millennio l’inizio di nuove guerre in zone precise del mondo. Dunque il regista ha voluto rappresentare la guerra attraverso due personaggi ufficiali medici , Giulio e Stefano due uomini dalle diverse logiche di pensiero, due medici chirurghi amici dagli studi in medicina di diversa estrazione sociale ma soprattutto differenti nel affrontare la guerra ,si ritrovano a lavorare come medici in un ospedale militare in Friuli , quindi in piena guerra , ma con due posizioni verso i feriti e i soldati ricoverati . Per il capitano Stefano i soldati ricoverati per ferite auto procurate o appena curate , vanno subito rimandati al fronte pena fucilazione per tradimento . Per il medico tenente Giulio , le ferite dei poveri sodati spesso giovani, sono una possibilità di ritornare a casa . Dunque una opposta visione della guerra e dell’umanità che vi partecipa , per il dott. Giulio i feriti sono soldati da salvare riformandoli, e addirittura in casi di giovani disgraziati soldati del meridione ,le ferite e lievi menomazioni le procura lui stesso in segreto in ospedale . La differenza tra i due medici è ben rappresentata nel film come due posizioni ideologiche , militarismo guerrafondaio e antimilitarismo pacifista . Il militarismo di Stefano è la guerra come una necessità da affrontare per salvare la Patria e la storia , a tutti i costi anche con la vita dei soldati al macello, La posizione di Giulio è salvare le vite umane , soprattuto di poveri soldati a cui la storia della patria non interessa per niente poiché già derelitti e disgraziati nelle zone povere di provenienza Di questo anche la giovane infermiera Anna si rende conto , anche lei studentessa di medicina e amica dei due medici . Dunque un film chiaro nella sua semplicità di contenuto e il regista ha però reso le due figure protagoniste molto ben definite anche grazie ai due interpreti Alessandro Borghi e Gabriel Montesi che insieme a Federica Rosellini, hanno saputo ricreare l’intero reparto di un ospedale militare dove intanto verso la fine della guerra si diffonde anche l’epidemia di influenza detta spagnola che fece molti più morti civili in tutta Europa che non soldati della prima guerra .Nel finale della storia anche Giulio viene contagiato e muore di febbre sebbene assistito da Anna rimasta sua fedele amica. (mauridal)
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cardclau
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sabato 7 settembre 2024
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un salutare salto nel passato
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Nel film Campo di battaglia Gianni Amelio riflette sulla capacità di resistenza, di sopravvivenza, e di ricerca di una via di fuga, dell’essere umano di fronte a due terribili “pestilenze “ in rapida successione, la Prima Guerra Mondiale del 1914-1918 (la seconda guerra “industriale”, dopo la Guerra Civile Americana), e l’epidemia di spagnola del 1918-1919. L’estensione del lutto nella popolazione mondiale a seguito a questi due eventi è stata tale da farci pensare che nessun nucleo familiare ne sia rimasto indenne. Adesso, come molte altre cose, tutto questo potrebbe essere sceso nel dimenticatoio nella giovane generazione, mentre nella mia, ben più stagionata, si sarebbero spenti gli echi guerreschi che coniugavano patria, gloria, vittoria, valore, eroismo, sacrificio.
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Nel film Campo di battaglia Gianni Amelio riflette sulla capacità di resistenza, di sopravvivenza, e di ricerca di una via di fuga, dell’essere umano di fronte a due terribili “pestilenze “ in rapida successione, la Prima Guerra Mondiale del 1914-1918 (la seconda guerra “industriale”, dopo la Guerra Civile Americana), e l’epidemia di spagnola del 1918-1919. L’estensione del lutto nella popolazione mondiale a seguito a questi due eventi è stata tale da farci pensare che nessun nucleo familiare ne sia rimasto indenne. Adesso, come molte altre cose, tutto questo potrebbe essere sceso nel dimenticatoio nella giovane generazione, mentre nella mia, ben più stagionata, si sarebbero spenti gli echi guerreschi che coniugavano patria, gloria, vittoria, valore, eroismo, sacrificio. Non è sorprendente perché la memoria, lungi da essere una registrazione fedele della realtà, è fortemente influenzata dal tempo e dalla motivazione. Il racconto, ambientato in un ospedale militare delle retrovie, ci presenta il capitano medico Stefano (Gabriel Montesi), figlio di un padre alto borghese che l’ha “saggiamente” imboscato, inflessibile con quelli (se poveri) che pensa vogliano imboscarsi; il tenente medico ex-biologo Giulio (Alessandro Borghi) capace di provare sentimenti di compassione (che Stefano ha voluto con sé). Anna (Federica Rossellini) che risponde al cliché di Sigmund Freud: “una domanda alla quale non sono riuscito a rispondere, nonostante 30anni di ricerche sull'animo femminile, è: cosa vuole una donna?
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enzo70
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domenica 8 settembre 2024
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gianni amelio scrive una bella pagina di cinema
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Il senso del film, del dolore, dell’atrocità della guerra, della morte è tutta nella prima ripresa, lunghissima, in cui un soldato cerca tra una catasta di cadaveri qualche superstite e, intanto, prende dai vestiti ciò che gli può servire per sopravvivere. E poi la speranza, una mano che esce dal mucchio, un uomo che forse vivrà. I feriti tornano al paese dove l’ospedale più vicino è il luogo per trovare rifugio, cure, riposo. Il responsabile dell’ospedale, un tenente di ottima famiglia, Stefano, ha un alto senso del dovere e in guerra l’obiettivo è quello di rimandare i soldati in trincea. Per quanto feriti, per quanto malati, è carne che serve per soddisfare i cannoni.
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Il senso del film, del dolore, dell’atrocità della guerra, della morte è tutta nella prima ripresa, lunghissima, in cui un soldato cerca tra una catasta di cadaveri qualche superstite e, intanto, prende dai vestiti ciò che gli può servire per sopravvivere. E poi la speranza, una mano che esce dal mucchio, un uomo che forse vivrà. I feriti tornano al paese dove l’ospedale più vicino è il luogo per trovare rifugio, cure, riposo. Il responsabile dell’ospedale, un tenente di ottima famiglia, Stefano, ha un alto senso del dovere e in guerra l’obiettivo è quello di rimandare i soldati in trincea. Per quanto feriti, per quanto malati, è carne che serve per soddisfare i cannoni. Ma il vero problema del tenente è rappresentato dagli uomini che simulano la malattia, che si sono feriti da soli per sfuggire alla carneficina, alla disperata ricerca di una possibile sopravvivenza. Per il tenente questi uomini sono miserabili simulatori e vanno smascherati e mandati immediatamente al fronte, troppo semplice la corte marziale. La vede diversamente l’assistente, Giulio, un medico che cerca la vita anche quando nell’aria c’è solo odore di morte. Lui arriva all’atto estremo di mutilare, di infettare, i suoi feriti per evitargli il fronte. Due visioni opposte della guerra e della vita che vengono declinata con grande capacità da Gianni Amelio in un film che lascia lo spettatore a occhi sbarrati, incollato allo schermo, confuso tra i tanti dialetti parlati dai soldati italiani. L’epidemia di spagnola è solito l’ultimo atto di una tragedia che vide morire oltre un milione di italiani tra il fronte e il virus. Un film di grandissima delicatezza, una bella pagina di grande cinema italiano.
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