Back to Black non è un bel film. A dare un volto alla cantante scomparsa prematuramente è Marisa Abela, che sicuramente resta una piacevole scoperta.
Poco può fare però un’attrice, se la sceneggiatura è didascalica e si muove per tappe obbligate.
Anche se, tutto sommato, Marisa Abela evita un effetto troppo macchiettistico, il suo volto non restituisce i tormenti interiori della protagonista. Una scelta forse voluta, visto che l’intenzione del film era evitare il ripasso dettagliato e macabro dei dolori vissuti dall’artista. Back to Black accarezza appena la superficie di un personaggio così complesso ed è troppo indulgente con alcuni personaggi.
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Back to Black non è un bel film. A dare un volto alla cantante scomparsa prematuramente è Marisa Abela, che sicuramente resta una piacevole scoperta.
Poco può fare però un’attrice, se la sceneggiatura è didascalica e si muove per tappe obbligate.
Anche se, tutto sommato, Marisa Abela evita un effetto troppo macchiettistico, il suo volto non restituisce i tormenti interiori della protagonista. Una scelta forse voluta, visto che l’intenzione del film era evitare il ripasso dettagliato e macabro dei dolori vissuti dall’artista. Back to Black accarezza appena la superficie di un personaggio così complesso ed è troppo indulgente con alcuni personaggi.
Sulla carta, Sam Taylor-Johnson vorrebbe raccontare Amy Winehouse attraverso le sue canzoni. La sua musica invece sembra semplicemente incastrarsi al momento opportuno nella narrazione, che procede in maniera banale e ripercorre, sommariamente, vita, carriera e autodistruzione.
Non è chiaro, insomma, che cosa volesse raccontare la regista: il materiale della sceneggiatura è tratto dalle interviste e dalle parole stesse di Winehouse, senza fare affidamento a materiale pubblicato postumo senza il suo consenso. Intento nobile, ma se l’idea era di restituire un ritratto positivo che non sottolineasse solo i demoni dell’artista, purtroppo quello che ne è uscito fuori è una storia piatta.
Back to Black è insomma la dimostrazione plastica che, per raccontare un artista, bisogna uscire dai canoni. C’è bisogno di reinventare il genere, non proseguire con la produzione in serie di questo tipo di racconti. Cambia la musica, cambia il nome, ma la storia è sempre la stessa.
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