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Je m'appelle humain, presentato alla 19° edizione delle Journées du cinéma québécois en Italie, ci parla di affari fondamentali, come l'importanza della lingua madre che ci genera, preserva e nutre
di Alice Catucci Sentieri Selvaggi
C'è un momento, proprio all'inizio di Je m'appelle humain, in cui la poetessa Joséphine Bacon racconta di esser venuta molto tardi a conoscenza della parola "poesia", perché la sua lingua madre, l'innu-aimun, semplicemente non necessita di una parola del genere: gli Innu, popolazione autoctona della penisola del Labrador (Canada Orientale) sono come intrinsecamente poetici, essendo un tutt'uno "con la montagna, e con il fiume", ci spiega. Insomma, non avvertendo la separazione con l'essenza di ciò che inesorabilmente ci scorre davanti (e che che cos'è la poesia se non lo svelamento di quell'essenza) semplicemente non si avverte la necessità di definire ciò che è poetico. [...]
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