samanta
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domenica 8 aprile 2018
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la "drittata" di spielberg
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Il film che attualmente è nelle sale degli USA e nostrane con ottimi incassi, è costato almeno 175 milioni di dollari che senza dubbio renderanno utili al nostro Spielberg. Siamo nell'anno 2045 a Columbus nel Ohio, gran parte della popolazione vive in ristrettezze economiche e per fuggire dalla cruda realtà si rifugia in un mondo virtuale: OASIS. Il fondatore di questo mondo Holliday (Mark Rylance, in realtà era stato fondato insieme ad un altro poi estromesso) è morto da 5 anni e ha lanciato un gioco attraverso il quale mediante il ritrovamento di 3 chiavi virtuali si potrà arrivare alla proprietà. Due giovani Wade (Tye Sheridan) e Samantha (Olivia Cooke) partecipano al gioco si conoscono nel mondo virtuale e si ameranno in quello reale.
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Il film che attualmente è nelle sale degli USA e nostrane con ottimi incassi, è costato almeno 175 milioni di dollari che senza dubbio renderanno utili al nostro Spielberg. Siamo nell'anno 2045 a Columbus nel Ohio, gran parte della popolazione vive in ristrettezze economiche e per fuggire dalla cruda realtà si rifugia in un mondo virtuale: OASIS. Il fondatore di questo mondo Holliday (Mark Rylance, in realtà era stato fondato insieme ad un altro poi estromesso) è morto da 5 anni e ha lanciato un gioco attraverso il quale mediante il ritrovamento di 3 chiavi virtuali si potrà arrivare alla proprietà. Due giovani Wade (Tye Sheridan) e Samantha (Olivia Cooke) partecipano al gioco si conoscono nel mondo virtuale e si ameranno in quello reale. Hanno come avversario una potente multinazionale del Web IOI che usa anche sistemi criminali e mafiosi per vincere capeggiata da Nolan Sorrento (Ben Mendelsohn, grazie Steven per il riferimento all'Italia), nonché infiniti altri concorrenti. Non diciamo cme va a finire anche se lo si può intuire.
Il film è costruito intorno ad un uso massiccio di effetti speciali costruiti con il computer effetti invero non solo coinvolgenti ma estremamente sofisticati e ben realizzati, la trama ovviamente è sommaria come i dialoghi. Spielberg si sbizarrisce con una serie infinite di citazioni a film o a fumetti, ne ho ho individuate alcune: Star Wars, King Kong, Godzilla, Jurassik Park, Ritorno al Futuro e Il Signore degli Anelli, personaggi come L'uomo di Ferro o Gunman, citazioni " Non sei un fallito se hai un amico" da La vita è meravigliosa e "Rosebud" (così viene chiamato un oggetto) da Quarto Potere. Gli attori sono estremamente fungibili, nel senso che avrebbero potuto essere sostituiti da centinaia di altri attori che girano per gli studios, in altri termini la recitazione non è così importante in questi film , così si sprecano i principianti come Tye Sheridan (un curriculum modesto e un solo film di un livello accettabile Joe) e Olivia Coooke che ha un curriculum ancora più modesto, Ben Mendelsohn che ha quasi 50 anni ha un curriculum mediocre e così via. Il contenuto poteva essere interessante perché affronta un tema importante: sempre più le persone, specie i giovani, si alienano in realtà virtuali si pensi ai videogiochi sempre più sofisticati o in realtà contraffatte come Pokèmon. Ma Spielberg non prende posizione OASIS va bene cosi solo bisogna dosare l'uso: due giorni alla settimana si farà astinenza, anche se, a mio parere, così facendo negli altri 2 giorni si farà un overdose di immersione nella realtà virtuale. In conclusione Spielberg ha creato cinematograficamente uno spettacolare e suggestivo videogioco, gli incassi fanno prevedere che riuscirà a incrementare il gruzzoletto che ha da parte (dicono 4 miliardi di dollari).
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loland10
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domenica 8 aprile 2018
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...game over...
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“Ready Player One” (id., 2018) è il trentaduesimo lungometraggio del regista-produttore Steven Spielberg.
Prendere o lasciare verrebbe da dire: per chi conosce (relativamente) poco il cineasta di Cincinnati si trova spiazzato o forse frainteso, per chi conosce (da sempre) tutta la sua produzione può rimanere estasiato o forse lasciato in disparte. Non è un film (nonostante la schizofrenia ammaliante) fascinoso e lineare. E allora mettersi in posizione, salite sulle montagne russe e lasciatevi andare sull’ottovolante.
E il gioco, che pare tale, non è solo spassoso ma diventa, anche, un metafora grigia e un incubo poco assolato di un sistema di omologazione o di comando imperioso.
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“Ready Player One” (id., 2018) è il trentaduesimo lungometraggio del regista-produttore Steven Spielberg.
Prendere o lasciare verrebbe da dire: per chi conosce (relativamente) poco il cineasta di Cincinnati si trova spiazzato o forse frainteso, per chi conosce (da sempre) tutta la sua produzione può rimanere estasiato o forse lasciato in disparte. Non è un film (nonostante la schizofrenia ammaliante) fascinoso e lineare. E allora mettersi in posizione, salite sulle montagne russe e lasciatevi andare sull’ottovolante.
E il gioco, che pare tale, non è solo spassoso ma diventa, anche, un metafora grigia e un incubo poco assolato di un sistema di omologazione o di comando imperioso. La ‘virtual-war-halliday’ è solo l’inizio o una fine per chi vuole abbandonarsi-conoscersi nei mondi possibili.
Catapultarsi in un ‘mainstream’ andro-genetico virtualmente reale come un video-drome accanito, e falso per nulla vero di ogni reale triste.
Lezione quasi da avamposto soggettista per un film multicolore che si barcamena tra l'utile e il dilettevole per far strada a giocosi silenzi virtuali come metastasi di un brutto reale chiassoso. È pur vero che ogni inquadratura ne può assomigliare ad un'altra ma Spielberg riesce ogni volta, in ogni istante e in ogni momento di pellicola a guardarlo con assurda meraviglia e ovvietà meticolosa in merito do straniltao e zuccheroso.
Da un libro impossibile da porsi è quasi assurdo da chiarire in immagini figurarsi in una storia logica, è illogico pretendere, o dir si voglia pensare di volere, un excursus da pandemonio tra Columbus e Oasis, tra schifezza e immondezzaio verso virtuale accecante. Grigio fosforo e rimbecillimento candido con metastasi notturne e mega-tetratoniche.
In un futuro mondo dirompente, inutile, depravato e povero, Il grande ritrovo di case fantasma di Columbus è lo specchio di ogni quartiere di megalopoli intristite e vacuamente saporite. Tutti plasticamente vivi, tutti hanno fanno qualcosa, tutti paiono conoscersi con frasi mnemoniche; ecco fuggire da questo cerchio verso il mondo di Oasis dove il bello che nessuno ti conosce, ognuno ha un nome diverso. Per possederlo il lasciapassare e il suo luogo basta gareggiare, giocare, conoscere tutti i personaggi di un'infanzia remota, o quasi, infischiarsene di menzioni sopracitate e affogare nel trambusto 'fantasmagorico' dove il reale è infanzia e l'irreale è adulto che si ostina a non crescere mai. I ragazzi, gli adolescenti tirano le 'cuoia' ai veterani e al comando: le chiavi del lascito virtuale gioco forza è di qualcuno che vorresti incontrare. ‘Game over’ senza se e senza scuse. ‘Wargame’ (era un gioco da far paura ai potenti, virtual-games è un gioco (massacrante) che i potenti vogliono gestire ad ogni costo (il denaro e il potere…al solito).
I baci reali sono sempre meglio degli abbracci irreali e senza nome. Guardarsi negli occhi, sedersi in poltrona (cult finale) per rivedere il film mentre le guance arrossate hanno fatto finta di oscurarsi.
Dal libro omonimo di Ernest Cline (di Ashland); a Columbus nell’Ohio c’è un quartiere malfamato, con povertà e vita grama, Wade Watts, ragazzo diciassettenne, vuole evadere, vuole contatti non gli basta giocare con i pollici, uno strano occhiale è quello che si prospetta nel presente per immergersi nell'Oasis dove il virtuale è qualcosa di meraviglioso e vuole giocare, vincere sfide, avere le tre chiavi nel mondo ideato da James Halliday. Vuole arrivare al tesoro di Anorak. Ma ci sono potere più forti che vogliono arrivare prima di Wade/Parzival. Nolan Sorrento è li a controllare ogni mossa e contromossa del ragazzo, di Samantha Cook / Art3mise dei suoi amici. Nomi doppi, scambiati, omaggi, personalità, forze vive e oscure: ogni cosa pare incredibilmente allettante e fintamente persa. Anche se nel mondo reale….la vita (è tutta lenta) è reale.
Un (assiduo) modo di immersione totale dove tutto è ombra di tutto e dove ogni pezzo, figura, quadro, scritta, disegno, vestito, volto e punto è schermo di altro film con senso non di parodia ma di allegria invereconda e di speranza intristita di full.
Quando vuoi compiacerti devi soltanto mettere un'altra moneta per il 'game over' continuo , un gioco che sa di avamposto da duello western, rimetti il tasto e va di nuovo in partenza: il cinema sogna se
stesso e ne distrugge le ovvietà di svago, andando dentro ogni set. Da sopra, dentro, indietro, avanti, passatempi e futuro gongolante. Il vero e sul vero falso in un virtuale che sganghera ogni individuo per quasi non parlarsi.
Ecco che Spielberg ci dà dentro come non mai e rovista ogni segno possibile per rallegrarci di cinema- cinema; quando il connubio reale-virtuale, giorno-finzione sembra incerto e improbabile, basta andare oltre il sogno è metabolizzare l'immaginario del tutto intero e su Oasis appare e si manifesta, non solo il pop bello e deteriore degli anni ottanta ma tutto lo script e manifesto degli oltre cent'anni di celluloide. Con Spielberg e il post (non un gioco di parole ma sembra appositamente in logica irriverente) cinema della New Hollywood diventa la metafora completa di un singhiozzo continuo tra un dormiente che non si vuole svegliare è uno sano di mente che stancamente vorrebbe solo addentrarsi nel fausto sogno.
Anche perché vivere sempre (senza sosta) nella ‘schifezza’ di un 2045 pieno di luoghi ammassati, di robot scannerizzati, di discariche permanenti, di posti trucidi, di sporcizia pestifera, di città senza spazi e piene di smog non fa per nessuno. Il virtuale nerd rende di più e fa vivere meglio meno un paio di giorni la settimana (tipo se torniamo ‘reali’ il martedì e il giovedì….).
Ristrutturazione invereconda di una filmografia rigenerante: Steven a oltre settant'anni si mette a capofi(la)tto(in toto), non grazia nessuno e si antepone davanti alla cinepresa (quasi) come confondendosi con i mille rivoli e le interminabili sfaccettature senza uscirne mai. Inventa e reinventa cinema con un summa ad incastri veramente ‘(in)decifr(i)abile’.
Esempio, ove c'è ne fosse bisogno, di cambio, ricambio, nuovo, vecchio, idee e miscugli liberi di volare come soluzioni di sorta di un cinema è praticamente simpatico e nervosamente accattivante. Qualcuno ha scritto, ‘nel bene e nel male un grande film’: non è che vogliono salire in corsa sul cinema di un certo regista… Non basta dirlo bisogna osservarlo, vederlo, ascoltarlo e palparlo dentro. Un cinema senza chiusure mentali. Per chi segue il regista dalla prima ora è una goduria che rimarrà, per quelli virtuali di oggi...un sentore di una furbastro (forse non riuscita per i detrattori) che cerca spiragli nuovi e ‘claque’ facile. Ecco per chi è ‘spielberghiano da sempre’ nessuna novità, anzi la riprova che il regista di Cincinnati si trastulla a trecentosessanta gradi e ci fa immergere in un cinema che (s)volta (o sembra farlo) senza preamboli e risvolti nel (suo) passato.
Ameno che si riabiliti il sentore che il cinema ‘non prettamente’ d’essai (e anche qui si aprirebbe un’ampia parentesi su cosa il cinema dovrebbe raccontare) è grande schermo a tutti gli effetti. O cominciamo a selezionare il gioco che ci piace: tipo 2018 no, 2027 non so e 2045 forse (o all’opposto come si desidera).
Didascalica-mente (che tale non è) un film a-cerebrale, senza congetture vere dove il vizio omologante dell’uomo è quello di essere presente sempre a se stesso. La montagna di denaro che si promette è ‘oltre se stessi’ e ‘oltre la ragione’: è il vizio del comando omnia, totale, del presente degenerato e invivibile (quasi progettato ad altri), del futuro (giocare quasi per costrizione ed evasione da un nulla) e il passato (che torna e ritorna per come gli oggetti tutti e gli ammassi intellettivi hanno ‘indicato’, pensando ad un suggerimento, la ‘storia’ dei confini, dei quartieri totali e di Columbus come ogni altro luogo). Fuggire per tornare, sognare meccanicamente per sapere il nome di un(‘)altro(a).
York…New Hollywood a Columbus dove i ragazzi svegli e con poco lascito al futuro, in un presente deprimente, si costruiscono plasticamente, un nuovo orizzonte, un nuovo nome, un nuovo mondo, un nuovo gioco, un nuovo vigore. E la New Columbus, già vecchia nel 2045, al modernissimo asfittico e l’Anorak incombe dentro i cervelli tutti. Pazzie di ragazzi soli e follie di adulti al ‘game over’.
Un furgone anni trenta per Wade e i suoi amici: è il pacco postale...che arriva a destinazione. Uno scatolone itinerante, fili e prese, voli e assenze. Ultima fermata: le portiere si aprono più volte, una.. due, tre…: tutti vogliono gustare, gli amici, i parenti, i giornalisti, le tv, i poliziotti, …Un arresto, un uomo e un pugno e ‘The Goonies’ (1985 di Richard Donner) arrivano al traguardo.
Spielberg uno e due, questo è il suo doppio, allegro e serioso: tutto vero ma forse, anzi è sicuramente così, non è vero che il cineasta di Cincinnati fa il verso ad un cinema di summa o meglio ad una n cinema che rinasce, tra vampiri e aspirazioni di grandi, da Capra a Ford, da Minnelli a Lean, da Kurosawa a Kubrick , dal cinema degli altri alla New-Hollywood o dir si voglia ancora. Forse è il caso di dire che il cinema 'spielberghiano' è a se stante: assemblaggio e immaginario neo-classico di un ragazzo che è diventato adulto per caso. Il mondo dei nerd è arrivato.
E se vogliamo pensare ad un cinema ‘sociale’ in crisi, ad un cinema ‘di contatto’ sfinito: forse le ‘matinee’ rendono l’idea di un grande schermo che si guarda da solo (oggi). Come non pensare (tra i tanti) al film (1993) ‘Matinee’ (appunto) di Joe Dante. E tra i Bee Gees (‘Saturday Night Fever’ -1978- di John Badham) e il vuoto ‘estraniante’ di ‘Videodrome’ (-1983- di David Cronenberg) lo spazio degli ‘avatar’ si compiace dei colori fosforescenti e di contorni allucinogeni. ‘Le Due Torri’ e la montagna degli ‘Incontri Ravvicinati’ si toccano con un involucro encefalo che pare ‘l’Uovo di Pandora’ da distruggere.
Gli omaggi, i richiami, i luoghi, i movimenti e le scritte sono a iosa. Tutto da rivedere dietro e dentro lo schermo. Quasi impossibile contarle. Veramente alcune talmente nascoste che sembrano non esserci. E Spielberg è stato cavilloso nel montaggio per non mettere altro, togliere e aggiustare il tiro per quello da proporre. Il tributo a Stanley Kubrick nei ‘posti’ di Shining (1980) è di rara maestria. E si vuole ricordare la magia del mago Merlino ‘Anàl nathrach, orth’ bhàis’s bethad, do chél dénmha‘ dal film ‘Excalibur (1981) di John Boorman.
Cast di una maestosita illogica e versatile nella baraonda: Tye Sheridan (Wade Watts/Parzival): pare lì per caso e si prende lo schermo senza saperlo; Olivia Cooke(Samantha Cook / Art3mis): contratta e aperta, leggera e sicura con uno scatto da nerd; Mark Rylance (James Halliday/Anorak): alter ego da adulto e da bambino (la stanza e i due insieme da a James e a noi lo specchio di una vita); Ben Mendelsohn (Nolan Sorrento): deciso, cazzuto e fortemente ironico con viso da ricco-imbecille.
Fotografia di levatura improba e strepitosa: oramai Janusz Kaminski conosce la luce da porre e lo sguardo dietro la presa del regista (la collaborazione dura da venticinque anni).
Musiche di Alan Silvestri a dir poco in tema, intelligenti, forvianti, geniali e roboanti. Per i titoli di coda c'è una tripla lettura (per chi scrive): canzone dettata dall'autore del libro e Steven non ci pensa due volte, il lineare rullo delle scritte in un bianco offuscato tipo grandi eventi ricorda ‘1941. Allarme a Hollywood’ (1979 dello stesso regista) e la fascinazione di piatti, tamburi e sinfonica e altre come omaggio a John Williams ami, quasi il cantore sognante di tutta la filmografia del regista di Cincinnati. Chi non alza la mano può stare fuori e non entrare, perché contraddire non conoscendo tutti i suoi film e alcune produzioni, non dico tutte, può stare gentilmente fuori. Dall'uovo trasparente bombardato a dismisura da tutti quelli che amano poco il suo cinema. Naturalmente è una boutade, tutti possono accedere ma è meglio avvertire i cinematografari distratti da troppo irreale. Anche perché il reale è bello… perché è reale. Tutto qui: ‘tutto è più lento qui’ dice Wade a Samantha; per questo un paio di giorni ci bastano (alla settimana).
Regia di Spielberg dirompente, affannosa, elastica, caldeiscopica, rettilinea e avvolgente. Uno Steven ad ampio respiro dove detta il passato in un futuro tutto da decifrare mentre il suo cinema è allungo verso la navicella madre oltre un incontro ravvicinato. Il futuro
Si consiglia le versione originale (rende l’idea, gioiosamente cinema) e in 70 mm. Ma senza pretendere si è visto anche il film doppiato (le voci che segnano il linguaggio).
Voto: 10/10 (*****).
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udiego
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mercoledì 4 aprile 2018
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oasis
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Ready Player One, film diretto dal maestro Steven Spielberg, è un’opera che rappresenta nel miglior modo possibile il concetto di intrattenimento nel mondo del cinema. Il cineasta americano confeziona un prodotto il cui unico scopo è far divertire lo spettatore attraverso un vero e proprio inno al citazionismo di tutto quello che era svago e divertimento nei mitici anni ’80 e ’90.
L’opera è costruita senza critica a chi vede in Oasis l’unico modo in cui stare bene, non c’è giudizio nei confronti di chi ritiene che quello che succede nella realtà virtuale sia più importante di quello che accade nella vita reale.
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Ready Player One, film diretto dal maestro Steven Spielberg, è un’opera che rappresenta nel miglior modo possibile il concetto di intrattenimento nel mondo del cinema. Il cineasta americano confeziona un prodotto il cui unico scopo è far divertire lo spettatore attraverso un vero e proprio inno al citazionismo di tutto quello che era svago e divertimento nei mitici anni ’80 e ’90.
L’opera è costruita senza critica a chi vede in Oasis l’unico modo in cui stare bene, non c’è giudizio nei confronti di chi ritiene che quello che succede nella realtà virtuale sia più importante di quello che accade nella vita reale. Anzi, la struttura narrativa è creata per comprendere questi bisogni di evasione, di leggerezza e di magia, a volte soffocati da una vita troppo dura e frenetica per permetterci di essere veramente liberi e felici.
L’impianto cinematografico è costruito per far godere lo spettatore. I protagonisti principali sono gli effetti visivi, affascinanti e suggestivi, che lasciano il pubblico in più di un’occasione con il fiato sospeso. Regia e montaggio lavorano di supporto e sono costruiti per regalare un ritmo sempre incalzante e coinvolgente: tutta la sequenza costruita nell’albergo di Shining è veramente interessante. Spielberg mantiene il lavoro su livelli costanti ed il film non subisce mai momenti di stanca, nonostante la sua importante durata (sono circa 140 minuti di proiezione).
Ovviamente qualche difetto il film ce l’ha ed i principali stanno tutti nella sceneggiatura, che, forse per lasciare completamente spazio allo svago ed all’intrattenimento, tende ad essere un po’ superficiale, senza approfondire mai nemmeno uno dei temi che tocca di volta in volta. Probabilmente però la scelta di creare un film che altro non è che un mega contenitore di immagini, il cui scopo è quello di affascinare lo spettatore, richiedeva questo tipo di approccio e sinceramente a chi scrive la cosa non è dispiaciuta per niente!
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[+] un richiamo al reale e ad una coscienza civile
(di antoniomontefalcone)
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cardclau
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venerdì 6 aprile 2018
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tanto rumore per nulla
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Spelberg è tal regista che "bisogna" osannare ogni volta. Un critico ha paragonato il film al ciclo di affreschi del Tintoretto della Scuola Grande di San Rocco, a Venezia. O io o lui, uno dei due, non ha mai visto il ciclo del Tintoretto, ma ne ha solo sentito parlare. E' un film incredibilmente rumoroso, fondamentalmente noioso, e nella più grande tradizione americana dei film di cassetta, incredibilmente veloce. Con scene "mozza fiato" notevolmente subentranti, non hai tempo di digerirne una, che subito la prossima entra imperiosamente, con crudele vivacità. Non credo sia consigliabile la visione "over thirty". La storia d'amore, sopra tutte le avversità, è l'unico contentino di una società, questa volta veramente reale, feroce.
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Spelberg è tal regista che "bisogna" osannare ogni volta. Un critico ha paragonato il film al ciclo di affreschi del Tintoretto della Scuola Grande di San Rocco, a Venezia. O io o lui, uno dei due, non ha mai visto il ciclo del Tintoretto, ma ne ha solo sentito parlare. E' un film incredibilmente rumoroso, fondamentalmente noioso, e nella più grande tradizione americana dei film di cassetta, incredibilmente veloce. Con scene "mozza fiato" notevolmente subentranti, non hai tempo di digerirne una, che subito la prossima entra imperiosamente, con crudele vivacità. Non credo sia consigliabile la visione "over thirty". La storia d'amore, sopra tutte le avversità, è l'unico contentino di una società, questa volta veramente reale, feroce. Certo, Spielberg è un uomo dalle dimensioni sociali, e qualcosa, di vagamente rimembrante l'anelito della democrazia, emerge anche dal film Ready Player One, ma in modo fastidiosamente sentimentale e americano, con gli ultimi che ce l'ha fanno sempre, malgrado gli avversari siano armati fino ai denti. Cero Spielberg ha visto un mucchio di film, non ultimi quello di Kubrik, Shining, e l'intera saga di Mazinga Zeta, per cui li mette nel suo a piene mani. Ma con risultati un po' penosi.
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rmarci 05
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venerdì 12 aprile 2019
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piacevole omaggio agli anni '80, ma niente di più
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Dopo aver fatto della fantascienza uno dei principali generi della sua filmografia, Spielberg decide di divertire e divertirsi confezionando un colosso da 175 milioni di dollari che in primo piano sfoggia un'innumerevole quantità di citazioni della cultura pop anni '80, tra cui film, fumetti e videogiochi, accompagnati da scene d'azione mozzafiato e ottimi effetti speciali; ma, come in molti film del regista, c'è anche una morale che si pone in secondo piano rispetto all'intrattenimento, che in questo caso è una convenzionale e non molto approfondita riflessione sui pericoli del mondo virtuale. Peccato per la recitazione mediocre, non all'altezza di una grande produzione né tantomeno all'altezza di un film di S.
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Dopo aver fatto della fantascienza uno dei principali generi della sua filmografia, Spielberg decide di divertire e divertirsi confezionando un colosso da 175 milioni di dollari che in primo piano sfoggia un'innumerevole quantità di citazioni della cultura pop anni '80, tra cui film, fumetti e videogiochi, accompagnati da scene d'azione mozzafiato e ottimi effetti speciali; ma, come in molti film del regista, c'è anche una morale che si pone in secondo piano rispetto all'intrattenimento, che in questo caso è una convenzionale e non molto approfondita riflessione sui pericoli del mondo virtuale. Peccato per la recitazione mediocre, non all'altezza di una grande produzione né tantomeno all'altezza di un film di S. Spielberg. Un piacevole omaggio alla cultura pop degli anni '80 e un notevole (anche se poco originale) meccanismo di intrattenimento, ma niente di più. 3 stelle su 5.
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alejazz
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martedì 21 agosto 2018
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la nostra vita vista nel 2045
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Da vedere! Comincio col dirvi questo...
Siamo nel 2045. L’era della vita oramai consolidata con la realtà virtuale.
La vita reale sembra essere un vecchio ricordo oramai; non esistono più grattacieli ma solo pile di container che ondeggiano di qua e di là.
Le persone sono prese 24/24h e 7/7 giorni dalla realtà virtuale e nello specifico dal mondo di Oasis….
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Da vedere! Comincio col dirvi questo...
Siamo nel 2045. L’era della vita oramai consolidata con la realtà virtuale.
La vita reale sembra essere un vecchio ricordo oramai; non esistono più grattacieli ma solo pile di container che ondeggiano di qua e di là.
Le persone sono prese 24/24h e 7/7 giorni dalla realtà virtuale e nello specifico dal mondo di Oasis….un po’ peggio di come siamo messi noi oggi con Facebook, twitter, instagram ecc ecc.
Non aggiungo altro ma posso rassicurarvi che il film vi terrà sulle spine, specialmente a chi ama i giochi di ruolo.
In sintesi queste le mie valutazioni
Cosa mi è paiciuto:
- la scelta della storia
- gli effetti speciali (ai quali siamo abituati oramai a vedere con Spielberg)
- la suspence
Cosa non mi è piaciuto:
- il dover immaginare un futuro (tra quasi 30 anni) molto triste e desolato
- l’esagerazione di dover pensare che esisterà solo la realtà aumentata anche nel mondo reale
Consigliata la visione e per i bambini suggerisco la presenza di un adulto
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aris62
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venerdì 6 aprile 2018
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scivolone di spielberg
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Ci aspettavamo lo Spielberg originale e visionario di Incontri ravvicinati o di Minority report (ma, perchè no, anche di ET...). Nulla di tutto questo.
Il film è un colossale deja vu che mette insieme alla bell'e meglio citazioni (o meglio: scopiazzature) di vari generi.
La trama: in una società poco stimolante, le persone non trovano di meglio che vivere il più possibile immerse in un mondo virtuale, sorta di videogame globale. Ma, anche qui, le multinazionali impongono le leggi del profitto cercando di arricchirsi il più possibile a scapito della povera gente. Originale, vero? Sembra tratto dal giornale di ieri. La scenografia non fa neanche lo sforzo di inventarsi un look 2045, i ragazzi vestono con lo stesso urban streetwear di oggi.
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Ci aspettavamo lo Spielberg originale e visionario di Incontri ravvicinati o di Minority report (ma, perchè no, anche di ET...). Nulla di tutto questo.
Il film è un colossale deja vu che mette insieme alla bell'e meglio citazioni (o meglio: scopiazzature) di vari generi.
La trama: in una società poco stimolante, le persone non trovano di meglio che vivere il più possibile immerse in un mondo virtuale, sorta di videogame globale. Ma, anche qui, le multinazionali impongono le leggi del profitto cercando di arricchirsi il più possibile a scapito della povera gente. Originale, vero? Sembra tratto dal giornale di ieri. La scenografia non fa neanche lo sforzo di inventarsi un look 2045, i ragazzi vestono con lo stesso urban streetwear di oggi.
A smuovere la situazione, un premio nascosto nel videogame dal suo autore, che consiste nel pacchetto azionario di maggioranza del gioco stesso, con la possibilità di poterne decidere gli sviluppi futuri e incassarne i lucrosi profitti. I buoni (un manipolo di nerd adolescenti) affronteranno i cattivi (le ricche multinazionali e la polizia al loro servizio) in una lotta senza esclusione di colpi, nel videogame ma anche fuori. Indovinate chi vincerà?
Dato che il 90% del flm si svolge nel videogame, è come stare oltre due ore a guardare qualcuno che gioca a uno sparatutto sulla playstation (e chi ha figli maschi sa di che cosa parlo...). Micidiale. Il videogame stesso è una mescolanza di Tron, Transformers, Mario Kart, Il signore degli anelli, e chi più ne ha più ne metta.
Probabilmente divertente fino all'età puberale, il film è rigorosamente vietato ai maggiori di 14 anni. Oltre, andateci solo se siete veramente, ma veramente nerd, stile Leonard o Sheldon di Big Bang Theory. Altrimenti, uscite con la fidanzata.
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stenoir
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giovedì 12 novembre 2020
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una gioia per gli occhi per i nostalgici
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Un film pop, colorato, nerd, con citazioni dall’inizio alla fine (a voler provare ad individuarle tutte, ci si metterebbe mezza giornata) che solo un Maestro dell’“intrattenimento intelligente” avrebbe potuto realizzare. Spielberg -ci- riporta indietro di 25,30,40 anni e quasi ogni frame è un rimando alla nostra infanzia/adolescenza. Nota di merito, più di altre, la scena del ritorno all’Overlook hotel: sembra proprio di ri-trovarsi, nuovamente, in compagnia di Jack Torrance e della sua adorabile famiglia.
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dandy
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venerdì 22 gennaio 2021
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la realtà è reale?
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Adattamento dell'omonimo romanzo distopico di Ernest Cline per un frastornante omaggio agli anni'70-'80(non solo cinematografico)in cui è diluita la classica storia di lotta tra i poveri e potenti e nella quale si impara a scoprire il valore delle cose semplici a partire dall'amore.Se la meraviglia visiva è innegabile e totale("Avatar" a confronto pare quasi un prodotto Asylum)non c'è clichè che non sia puntualmente rispettato(bacio finale compreso).E nella sterminata sequela di citazioni e autocitazioni alla Tarantino bulimico(tra le altre i giochi "Minecraft" "Dungeons & Dragons","Doom","Borderlands","Hunted House","Adventure","Swordquest";i pesonaggi e i gadget dei film "Batman","King Kong","Beetlejeuice","Matrix","Blade Runner""Nightmare","Il gigante di ferro","Venerdì 13","La bambola assassina","Jurassic Park","HALO","Spawn","Le tartarughe Ninja","Akira","Ritorno al futuro"[con cubo di Rubik ribattezzato Cubo di Zemeckis che consente di ritornare indietro nel tempo di un minuto],"Shining"[in un segmanto davvero memorabile],"Robocop","Gundam","Godzilla","Krull";"The breakfast club",Il mago di Oz,"Una pazza giornata di vacanza","Animal House","Fuori di testa","Le avventure di Buckaroo Banzai nella Quarta Dimensione";le canzoni dei Van Halen,Tears for Fears,Twisted Sisters,Bee Gees,New Order)si rischia non solo di perdere interesse per la vicenda ma anche la passione stessa per quella cultura iconica che il regista stesso aveva contribuito a creare,ritrovandosi di fronte all'ennesimo meccanico blockbuster a uso e consumo di un pubblico che,al pari delle persone comuni nella sequenza della grande battaglia che nel mondo reale si scalmanano in massa senza far niente,è ormai dipendente da un mondo sempre più virtuale fatto di nostalgie cinefile passate ed occasioni reali perdute.
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Adattamento dell'omonimo romanzo distopico di Ernest Cline per un frastornante omaggio agli anni'70-'80(non solo cinematografico)in cui è diluita la classica storia di lotta tra i poveri e potenti e nella quale si impara a scoprire il valore delle cose semplici a partire dall'amore.Se la meraviglia visiva è innegabile e totale("Avatar" a confronto pare quasi un prodotto Asylum)non c'è clichè che non sia puntualmente rispettato(bacio finale compreso).E nella sterminata sequela di citazioni e autocitazioni alla Tarantino bulimico(tra le altre i giochi "Minecraft" "Dungeons & Dragons","Doom","Borderlands","Hunted House","Adventure","Swordquest";i pesonaggi e i gadget dei film "Batman","King Kong","Beetlejeuice","Matrix","Blade Runner""Nightmare","Il gigante di ferro","Venerdì 13","La bambola assassina","Jurassic Park","HALO","Spawn","Le tartarughe Ninja","Akira","Ritorno al futuro"[con cubo di Rubik ribattezzato Cubo di Zemeckis che consente di ritornare indietro nel tempo di un minuto],"Shining"[in un segmanto davvero memorabile],"Robocop","Gundam","Godzilla","Krull";"The breakfast club",Il mago di Oz,"Una pazza giornata di vacanza","Animal House","Fuori di testa","Le avventure di Buckaroo Banzai nella Quarta Dimensione";le canzoni dei Van Halen,Tears for Fears,Twisted Sisters,Bee Gees,New Order)si rischia non solo di perdere interesse per la vicenda ma anche la passione stessa per quella cultura iconica che il regista stesso aveva contribuito a creare,ritrovandosi di fronte all'ennesimo meccanico blockbuster a uso e consumo di un pubblico che,al pari delle persone comuni nella sequenza della grande battaglia che nel mondo reale si scalmanano in massa senza far niente,è ormai dipendente da un mondo sempre più virtuale fatto di nostalgie cinefile passate ed occasioni reali perdute...Ed è questo che azzoppa fortemente un film il cui messaggio finale dovrebbe essere un invito a privilegiare la realtà, perchè a conti fatti finisce involontariamente per ribadire l'esatto contrario.Infatti,il successo è stato cospicuo ma non certo monumentale:meno di 600 milioni di incasso globale contro i 175 del budget.Lunghissimo e travagliato il processo per acquisire i vari copyright,rifiutati in toto dalla Disney sia per ogni personaggio classico che per quelli della Marvel e di Star Wars,e dalla Warner Bros per "Incontri ravicinati del terzo tipo" dello stesso Spielberg.
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router76
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lunedì 9 aprile 2018
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contro la paura di un futuro tra reale e virtuale.
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Ho visto Ready Player ed e' stata un'esperienza incredibile. Penso che sia uno dei migliori film di Steven Spielberg che quando rappresenta il mondo giovanile si supera e riesce sempre a trasmettere emozioni nuove ricordandoci che l'immaginazione e la creatività quando sono accompagnate dalle buone intenzioni e dai buoni sentimenti possono trasformare tutto ciò che ci circonda in meglio, perchè ci portano a fidarci maggiormente gli uni degli altri, che è fondamentale per creare e mantenere un futuro migliore, più bello, equilibrato e armonioso. Il film è un viaggio esplorativo sapiente tra il gioco, il mondo virtuale e il mondo reale in cui i protagonisti, che ricordano molto i Goonies e i personaggi di Ritorno al Futuro, sono alla ricerca per migliorare le proprie vite del tesoro nascosto di un genio, il prof.
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Ho visto Ready Player ed e' stata un'esperienza incredibile. Penso che sia uno dei migliori film di Steven Spielberg che quando rappresenta il mondo giovanile si supera e riesce sempre a trasmettere emozioni nuove ricordandoci che l'immaginazione e la creatività quando sono accompagnate dalle buone intenzioni e dai buoni sentimenti possono trasformare tutto ciò che ci circonda in meglio, perchè ci portano a fidarci maggiormente gli uni degli altri, che è fondamentale per creare e mantenere un futuro migliore, più bello, equilibrato e armonioso. Il film è un viaggio esplorativo sapiente tra il gioco, il mondo virtuale e il mondo reale in cui i protagonisti, che ricordano molto i Goonies e i personaggi di Ritorno al Futuro, sono alla ricerca per migliorare le proprie vite del tesoro nascosto di un genio, il prof. Halliday, creatore di una reltà virtuale rappresentata da un gioco Oasis, in cui la gente si cimenta quotidianamente, attraverso i propri Avatar, per guadagnare soldi e vivere col rischio però anche di perderli. La motivazione di fondo per la quale Halliday ha creato Oasis è buona, salvare la gente dalla bruttezza che la società contemporanea dello scienziato aveva via via assunto per l'egoismo umano e trovare alla fine dei vincitori del gioco che potessero migliorare ulteriormente la sua creatura. il tema principale del film è importante ed è stato trattato in altri film futuristici anche non di Spielberg penso a Minority Report, A.I., Matrix, Wargames ed è l'impatto del progresso tecnologico sulle coscienze e il dovere che hanno tutti, adulti, ma soprattutto i giovani di farne un uso responsabile, etico e morale per creare un futuro migliore. In film, nel narrare ciò assume un ritmo strepitoso fin dall'inizio e lo mantiene per tutta la sua durata nonostante le tante scene di combattimento tipiche dei videogiochi moderni. Pieno di colori che inebriano la vista, a tratti è davvero commovente, in particolare una scena mi ha colpito quando Artemis non vuole rivelare a Parsival il suo vero nome nella vita realtà perchè ha capito che per lui Oasis è per lo più un gioco di bravura mentre per lei è un campo di battaglia per sopravvivere e gettare le basi di un nuovo futuro per lei e la sua gente, vincendolo. Solo attraverso una graduale conoscenza tra i protagonisti, l'uscita dal proprio ego e l'allineamento delle intenzioni su un obiettivo comune, la salvezza del mondo, tutti i protagonisti, non solo Parsival e Artemis riveleranno le loro vere identità e si potrà giungere alla vittoria sul male nel film rappresentato da Nolan Sorrento, simbolo di un possibile capitalismo amorale del futuro che cerca di distruggere Oasis e tutte le buone intenzioni di Halliday, sostituendola con una piattaforma interattiva parallela in cui le persone sono dei meri numeri in lotta gli uni con gli altri per far arricchire i malvagi. Ottima la regia, gli attori, il montaggio, gli effetti speciali e il sonoro. Vincerà degli Oscar.
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