andrea
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martedì 24 giugno 2025
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sotto il quadrato, il nulla
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Raramente sento il bisogno di scrivere una recensione negativa, ma The Square mi ha spinto a farlo. ? uno dei peggiori film che abbia mai visto. Uno specchio del suo protagonista e della categoria di persone che rappresenta: vuoto, pretenzioso, e incredibilmente autoreferenziale.
C'? cos? tanta noia, cos? poco da dire, cos? pochi veri argomenti, che alla fine resta solo l?ego. Un ego che scalpita per sentirsi superiore, per convincersi di essere qualcosa di pi?. Ma nel mondo dell?arte contemporanea, questo non basta. Non basta voler sembrare sofisticati, bisogna esserlo davvero. E soprattutto, bisogna avere qualcosa da dire.
Il film sembra voler criticare la societ? contemporanea, il vuoto di contenuti, la ricerca dello shock e dell?irriverenza a tutti i costi.
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Raramente sento il bisogno di scrivere una recensione negativa, ma The Square mi ha spinto a farlo. ? uno dei peggiori film che abbia mai visto. Uno specchio del suo protagonista e della categoria di persone che rappresenta: vuoto, pretenzioso, e incredibilmente autoreferenziale.
C'? cos? tanta noia, cos? poco da dire, cos? pochi veri argomenti, che alla fine resta solo l?ego. Un ego che scalpita per sentirsi superiore, per convincersi di essere qualcosa di pi?. Ma nel mondo dell?arte contemporanea, questo non basta. Non basta voler sembrare sofisticati, bisogna esserlo davvero. E soprattutto, bisogna avere qualcosa da dire.
Il film sembra voler criticare la societ? contemporanea, il vuoto di contenuti, la ricerca dello shock e dell?irriverenza a tutti i costi. Ma finisce per essere esattamente ci? che vorrebbe denunciare: un?opera confusa, carica di simbolismi forzati, che si perde nel tentativo di sembrare profonda.
Come il suo protagonista, The Square si riempie di nozioni, ma non diventa mai interessante. Per esserlo davvero, bisognerebbe abbandonare la boria e scendere tra i comuni mortali. Questo film, invece, ? privo d?amore, e oscilla tra il disinteresse e il disgusto. La famigerata scena della cena con l?uomo-gorilla ? l?emblema di questa deriva: non ? provocatoria, ? solo miseramente banale.
Non ? l?artista, n? l?attore, n? la scena a creare emozioni. Sono gli occhi di chi guarda. E io, da spettatore, non ho visto nulla che valesse la pena sentire.
Questo film ? un segnale d?allarme: stiamo sbagliando tutto.
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cinephilo
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martedì 18 giugno 2024
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un ostlund deludente
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La mal riuscita del film è difficile da descrivere a parole: alterna qualche buona idea ad altre davvero gazzillore, fuori luogo e incoerenti con il tono del film. La messa in scena di questo film (così come quella del successivo) è ai limiti dell'inguardabile (priva di ogni tipo di forza visiva ed espressività).
Rivorremmo l'Ostlund di Play e Forza Maggiore.
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felicity
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mercoledì 17 marzo 2021
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satira spietata degli intellettuali compiaciuti
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The Square è un film straordinariamente intelligente e divertente. La molteplicità di significati che soggiacciono alla maggior parte delle scene del film rivela la grande sensibilità di Ruben Östlund, che qui scrive e dirige. Se forse non tutti gli spettatori sapranno cogliere gli insistiti rimandi colti presenti tra le righe dello script, di certo tutti potranno godere della gran copia di momenti esilaranti che impuntiscono il metraggio. E qui veniamo al principale pregio e difetto della pellicola.
Il film è attraversato da un’infinità di scene divertentissime, che, pur forti di significati latenti, riescono a strappare fragorose risate a ogni tipo di pubblico: un esercizio di stile che andrebbe mostrato nelle scuole di cinema come alternativa al demenziale umorismo imperante che fa leva sulla volgarità.
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The Square è un film straordinariamente intelligente e divertente. La molteplicità di significati che soggiacciono alla maggior parte delle scene del film rivela la grande sensibilità di Ruben Östlund, che qui scrive e dirige. Se forse non tutti gli spettatori sapranno cogliere gli insistiti rimandi colti presenti tra le righe dello script, di certo tutti potranno godere della gran copia di momenti esilaranti che impuntiscono il metraggio. E qui veniamo al principale pregio e difetto della pellicola.
Il film è attraversato da un’infinità di scene divertentissime, che, pur forti di significati latenti, riescono a strappare fragorose risate a ogni tipo di pubblico: un esercizio di stile che andrebbe mostrato nelle scuole di cinema come alternativa al demenziale umorismo imperante che fa leva sulla volgarità.
Più il metraggio progredisce, però, più ci si rende conto che l’infinità di episodi comici disseminati nello script da Östlund finiscono per essere totalmente irrilevanti al fine dell’intreccio e, per l’appunto, episodici. Come in un museo si passa da una sala all’altra, godendo del momento ma non avendo bisogno di un filo conduttore che dia un significato collettivo alle opere, così in The Square assistiamo a una gag dopo l’altra, senza che queste impattino in nessun modo sul significato del film.
Abbiamo un borseggio frainteso come performance artistica, l’installazione di un monumento che va irrimediabilmente male, un incontro pubblico funestato da uno spettatore preda della sindrome di Tourette, una folla redarguita per la corsa famelica al buffet, un’installazione distrutta per sbaglio, un primate che si aggira senza un vero motivo nella stanza di una donna, un’esibizione in cui un artista senza limiti si finge un gorilla terrorizzando i ricchi invitati a una cena di gala. Tanti sketch brillantissimi e magnificamente realizzati.
Quando però, alla fine del film, si comprende che tutti quei momenti si sono alternati senza ragione alcuna; che la semplicissima storia raccontata ne avrebbe tranquillamente potuto fare a meno, allora si ha l’impressione di esser stati ingannati: è troppo troppo facile far ridere con delle scenette.
Forse, per apprezzare The Square, il trucco è proprio quello di guardare allo schermo come faremmo a un’installazione. Sono più importanti i significati che vi leggiamo dentro, che quelli oggettivamente esposti dall’opera. In fin dei conti è pur sempre un film sull’arte.
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achab50
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giovedì 27 agosto 2020
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il duro confronto con la realtà
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E' un film che segna un nuovo modo di espressione cinematografica, e mi ha ricordato, durante tutto lo sviluppo, la sensazione che ebbi oltre cinquant'anni fa quando vidi Fellini 8 1/2. Può sembrare irriguardoso o semplicemente bizzarro ma ambedue le storie riguardano un personaggio (qui un direttore artistico di un museo, allora un regista) che si trova una realtà in continuo contrasto con la sua visione del mondo e del rapporto con gli altri. La vicenda procede in maniera lineare: un responsabile di museo fa demolire un onesto monumento in bronzo, e relativo basamento, per consentire ad un "artista" di ricavarci un quadrato di 4x4 metri entro cui tutto il bene del mondo, in poche parole, si può trovare.
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E' un film che segna un nuovo modo di espressione cinematografica, e mi ha ricordato, durante tutto lo sviluppo, la sensazione che ebbi oltre cinquant'anni fa quando vidi Fellini 8 1/2. Può sembrare irriguardoso o semplicemente bizzarro ma ambedue le storie riguardano un personaggio (qui un direttore artistico di un museo, allora un regista) che si trova una realtà in continuo contrasto con la sua visione del mondo e del rapporto con gli altri. La vicenda procede in maniera lineare: un responsabile di museo fa demolire un onesto monumento in bronzo, e relativo basamento, per consentire ad un "artista" di ricavarci un quadrato di 4x4 metri entro cui tutto il bene del mondo, in poche parole, si può trovare.
Per promuovere questa bizzarra realizzazione incarica una agenzia di promozione pubblicitaria che realizzerà un filmato che lo porterà di girone in girone alle dimissioni. Tutto qui.
Nella realtà filmica ci troviamo di fronte alla demolizione completa dell'arte contemporanea estrema, ma si resta sempre in dubbio se le numerose (dis)avventure che costellano l'opera siano veridiche o esse stesse delle performances d'arte contemporanea, tanto sono in contrasto col sui pensiero: la ragazza che scappa da un malintenzionato, ma che si rivela essere un'abile borseggiatrice, la tentata presentazione del quadrato con una persona del pubblico affetta dalla sindrome di Tourette, la cena di gala con l'uomo-gorilla durante la quale non si comprende fino a che punto sia una performance o un'idea (ennesima) sfuggita di mano; l'incontro con una ragazza da una botta e via ma che lo ossessiona con quesiti disturbanti, la presenza di un gorilla che punteggia l'intera vicenda ed in fine il ragazzino che esiste o forse no.
Grande prova d'attore per il protagonista, ma anche gli altri personaggi sono ben delineati a tre dimensioni.
Naturalmente la perfezione non esiste, e risulta incommentabile la colonna sonora con un mieloso ed appiccicoso Gounod che ha massacrato il 1° preludio del primo volume del WTC di Bach ed è completamente decontestualizzato, forse voleva sottolineare il distacco fra la supponenza del critico e la realtà, ma non ci riesce e risulta congrua solo quando affronta musica contemporanea atonale. Questo costa una stella, quasi due, ad un ottimo film da vedere e soprattutto da rivedere.
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noia1
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domenica 2 agosto 2020
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la visione di un cinico regista.
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Il direttore di un museo è alle prese con l’allestimento di una nuova opera, intanto tra i suoi collaboratori c’è fermento per la nuova pubblicità atta a rilanciare la reputazione del celebre edificio.
Film svedese fino al midollo dove i tempi rarefatti ne fanno da padrone, qui c’è una società intera alla berlina, una società all’avanguardia fino all’assurdo più puro tipo il dirigente che in riunione si coccola il figlio neonato, quest’ultimo portato al lavoro con culla e tutto il resto perché giustamente anche la moglie lavora e l’amore di entrambi per il piccolo rende impossibile la presa in considerazione dell’assumere una badante; una Svezia pacata e corretta, che non ha la minima idea di come comportarsi davanti all’imprevisto, che teme lo scomporsi della propria immagine più ancora della figuraccia in sé stessa.
Un film che ragiona di arte, sul fatto che un’opera valga a prescindere dalla sua presenza o meno in un museo, il ragionamento su un’arte sempre più sensazionalistica e nella quale il filo di collegamento al significato di quell’opera è sempre più labile, quasi forzoso; un’arte paradossalmente intrappolata nei canoni d’un perbenismo che fa a botte col bisogno di sangue popolare di persone che, per salvare quel perbenismo, spesso si ritrovano a fare di peggio, si ritrovano inaspettatamente a fare quelle stesse figuracce che temono come la peste.
Un’ironia assurda che in fondo è pura e semplice messinscena, una pura e semplice costruzione tanto semplice da diventare irresistibile, incredibile come un dettaglio fuori posto possa essere devastante nella programmatissima realtà di oggi; una realtà talmente programmata da diventare insensata, ci si chiede verso dove stia andando lo scrupoloso protagonista, impeccabile fuori di casa ma che alle figlie capita conceda sfuriate insospettate, chi è veramente il signor Christian?
The square è pieno zeppo di tematiche collassanti tra loro, un tempo prolungato usato per un’ora e tre quarti in modo ironico, che effetto fa se lo uso per una scena drammatica? Diventa brutale, diventa orrore; un artista morto di fame, cosa succede se lo chiudo in una stanza coi suoi stessi mecenati?
Un film, arte, che ragiona sull’arte attraverso i suoi stessi meccanismi cinematografici; una società all’avanguardia, quella svedese, che con tutte le sue forze cerca di uscire dai suoi stilemi senza però voler sfigurare: poteva essere un capolavoro.
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alberto pezzi
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sabato 6 luglio 2019
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bellissimo ma forse troppo complicato
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RECENSIRE QUESTO FILM MI RISULTA MOLTO DIFFICILE. HO LETTO VARI SCRITTI, SENTITO MOLTE OPINIONI, MA DEVO DIRE CHE FORSE LA MIA RECENSIONE VA CONTROCORRENTE. QUALCUNO DICE CHE QUESTA PELLICOLA FA MORIRE DALLE RISATE, ALTRI LA DEFINISCONO UNA NOIA MORTALE, TANTI LA CITANO COME CAPOLAVORO. SE DEVO DIRE LA VERITA’, IO NON HO RISO PER NIENTE. ED IL FILM NON E’ STATO NOIOSO. CAPOLAVORO?? SI E NO. “THE SQUARE” E’ CERTAMENTE UN’ OPERA D’ ARTE, DEGNA DI NOTA E MERITEVOLE DI TUTTI I PREMI CHE HA RICEVUTO. CHRISTIAN E’ IL CURATORE DI UN IMPORTANTE MUSEO DI ARTE CONTEMPORANEA DI STOCCOLMA. LA SUA VITA E’ AGIO ALLO STATO PURO: SOLDI, POTERE, NOTORIETA’.
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RECENSIRE QUESTO FILM MI RISULTA MOLTO DIFFICILE. HO LETTO VARI SCRITTI, SENTITO MOLTE OPINIONI, MA DEVO DIRE CHE FORSE LA MIA RECENSIONE VA CONTROCORRENTE. QUALCUNO DICE CHE QUESTA PELLICOLA FA MORIRE DALLE RISATE, ALTRI LA DEFINISCONO UNA NOIA MORTALE, TANTI LA CITANO COME CAPOLAVORO. SE DEVO DIRE LA VERITA’, IO NON HO RISO PER NIENTE. ED IL FILM NON E’ STATO NOIOSO. CAPOLAVORO?? SI E NO. “THE SQUARE” E’ CERTAMENTE UN’ OPERA D’ ARTE, DEGNA DI NOTA E MERITEVOLE DI TUTTI I PREMI CHE HA RICEVUTO. CHRISTIAN E’ IL CURATORE DI UN IMPORTANTE MUSEO DI ARTE CONTEMPORANEA DI STOCCOLMA. LA SUA VITA E’ AGIO ALLO STATO PURO: SOLDI, POTERE, NOTORIETA’. MA AD UN TRATTO TUTTO SEMBRA CAMBIARE. E TUTTO CAMBIA IN VISTA DELL’ INAUGURAZIONE DEL “QUADRATO”, UN PICCOLO QUADRATO, SANTUARIO DI FIDUCIA ED AMORE, AL CUI INTERNO TUTTI HANNO GLI STESSI DIRITTI E DOVERI. IN RELAZIONE A QUESTO “QUADRATO” LA VITA DI CHRISTIAN CAMBIERA’ PER SEMPRE. IL SUO EGO SMISURATO VERRA’ INFATTI MESSO A DURA PROVA DA FATTI E CIRCOSTANZE FINO A LI’ NON COMUNI ALLA SUA PERSONA. LA CONOSCENZA DI UNA DONNA FORTE E CORAGGIOSA LO SMONTA PEZZO PER PEZZO, IL RICHIAMO DI UN BAMBINO INDIFESO TIRA FUORI IL SUO ALTRUISMO E LE SUE PAURE LO PORTANO AL LICENZIAMENTO. COME POTETE VEDERE, DI RISATE CE NE SONO BEN POCHE. “THE SQUARE” E’ UN GRANDE FILM, SIMBOLICO, SOCIALMENTE MOLTO IMPORTANTE, IN GRADO DI LANCIARE VARI CONCETTI MOLTO COMPLESSI NELL’ ARCO DI 152 MINUTI. SOTTO QUESTO PUNTO DI VISTA “THE SQUARE” E’ UN AUTENTICO CAPOLAVORO. RECITAZIONE OTTIMA, CAST ALL’ ALTEZZA, DIREZIONE MAGISTRALE. OSTLUND SI CONFERMA REGISTA DI ALTO PROFILO. MA RIUSCIRANNO GLI SPETTATORI A COGLIERE TUTTI I CONCETTI, I PRECONCETTI, TUTTE LE TRAME E LE SOTTOTRAME, TUTTI I MESSAGGI E LE IDEE CHE IL CINEMA PROPONE?? QUESTA E’ LA VERA SFIDA. NELLA SUA BELLEZZA, IL FILM RISCHIA DI APPARIRE TROPPO INTRICATO E COMPLICATO. COMUNQUE, CON MASSIMA CONCENTRAZIONE ED ATTENZIONE, LE MIE SONO QUATTRO STELLINE. COMPLIMENTI!!
ALBERTO PIZZOLATO
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nigel mansell
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domenica 13 gennaio 2019
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the square di ruben ostlund
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Creare la società perfetta, rispettosa di tutto e tutti, e poi chiudersi e ghettizzarsi per paura degli altri?
Ascoltare tutti e poi emarginarli per preservare la propria superiorità?
Credere nell’altro ma poi temere di essere indifeso rispetto a lui?
Società apparentemente impeccabili come quelle scandinave e per la precisione quella svedese protagonista della pellicola, devono fare i conti con tutto questo, ma le contraddizioni sono molte e non facili da superare.
The Square ci parla di tutto questo, anche se per noi italiani non è facile comprenderlo a pieno, siamo ancora ben lungi da arrivare ai traguardi delle civiltà del nord dell’Europa.
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Creare la società perfetta, rispettosa di tutto e tutti, e poi chiudersi e ghettizzarsi per paura degli altri?
Ascoltare tutti e poi emarginarli per preservare la propria superiorità?
Credere nell’altro ma poi temere di essere indifeso rispetto a lui?
Società apparentemente impeccabili come quelle scandinave e per la precisione quella svedese protagonista della pellicola, devono fare i conti con tutto questo, ma le contraddizioni sono molte e non facili da superare.
The Square ci parla di tutto questo, anche se per noi italiani non è facile comprenderlo a pieno, siamo ancora ben lungi da arrivare ai traguardi delle civiltà del nord dell’Europa.
Ottimo attore il protagonista, Claes Bang, e superlativa la performance di Terry Notary nella parte di Oleg il “selvaggio”
Regia attenta e precisa, con la camera che si muove molto nel seguire i protagonisti. Mi è piaciuta molto la sequenza delle scale del quartiere popolare.
Sapiente il dosaggio di comicità e drammaticità per affrontare un tema non facile.
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domenica 25 novembre 2018
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perplessità
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Buonasera. Scrivete: "Dall'idea di un artista viene realizzato un evento in una piazza dove la regola è non avere regole." Non è vero: non è questo il senso di quell'opera. Scrivete anche: "fino a sfociare nel disperato discorso di scuse di Christian a un ragazzino, che diventa sproloquio autoassolutorio, elegia del senso di colpa collettivo." Non è vero: Christian non trova il bambino, quando lo cerca nel condominio in cui dovrebbe abitare. Chi ha scritto questa recensione ha visto il film?
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nelmatt
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venerdì 24 agosto 2018
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un gran film sacrificato per la satira sociale
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La storia parla di tante cose, tutte che ruotano attorno ad un curatore di un museo d'arte, alla sua cerchia sociale e ad una serie di eventi sempre più grotteschi a cui andrà incontro.
Il film per un 1'30h buona (dura due ore e trenta minuti) procede benissimo, ha un atmosfera spettaccolare, una trama intrigante e diverte con situazioni decisamente grottesche e con una satira pungente su una "società modello". Ed è questo il vero fulcro di tutto il film, la satira, e per la maggior parte della visione ne ero entusiasta, però poi ne diventa anche il problema principale. Perché la maggior parte di tutte le situazioni interessanti che si andavano a creare nella prima parte sfociano in una serie di avvenimenti caotici, interi sviluppi della trama che si accumulano e poi si perdono lungo la strada.
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La storia parla di tante cose, tutte che ruotano attorno ad un curatore di un museo d'arte, alla sua cerchia sociale e ad una serie di eventi sempre più grotteschi a cui andrà incontro.
Il film per un 1'30h buona (dura due ore e trenta minuti) procede benissimo, ha un atmosfera spettaccolare, una trama intrigante e diverte con situazioni decisamente grottesche e con una satira pungente su una "società modello". Ed è questo il vero fulcro di tutto il film, la satira, e per la maggior parte della visione ne ero entusiasta, però poi ne diventa anche il problema principale. Perché la maggior parte di tutte le situazioni interessanti che si andavano a creare nella prima parte sfociano in una serie di avvenimenti caotici, interi sviluppi della trama che si accumulano e poi si perdono lungo la strada. Tutto un film sacrificato per la satira sociale, per quanto intelligente e ben fatta. Un esempio lampante la scena della scimmia, chiamata per tutto il film e poi messa in atto solo per un siparietto di critica alla borghesia. Ed è un po' una paraculata, perché tutti i messaggi che si volevano mandare erano già stati mandati, e sarebbe stato bello se a quel punto il film si preoccupasse anche di dare uno sviluppo (non una spiegazione o un finale, solo uno sviluppo) a tutte quelle situazioni che reggevano la trama della pellicola e creavano quell'atmosfera grottesca e quasi inquietante. Invece proseguendo vengono come dimenticate, facendo capire che erano solo un pretesto per mantenere l'attenzione su una lunga serie di feroci sguardi alla società moderna. Che all'inizio sembrano far parte di un opera ma poi diventano a tutti gli effetti una serie di siparietti. E non sto parlando del finale, lasciato a più interpretazioni (sinceramente mi è anche piaciuto), ma proprio a tutta la trama completamente uccisa. Davvero un peccato perché meritava tantissimo, e cosiglio comunque di vederlo.
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bergat
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giovedì 31 maggio 2018
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chi è quadrato può divenire tondo?
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Non so cosa si sia proposto il regista. Forse credo bonariamente a prendere in giro l'arte moderna contemporanea e non avrebbe certo torto. Dove un Fontana stabilisce con un taglio sulla tela il concetto spaziale, si è andati sempre di più progressivamente a mettere in scena qualsiasi cosa normale, che non ha alcuna valenza per chi l'osserva, o meglio l'unico valore è quello che rappresenta cioè un paio di scarpe usate, dei mucchietti di terra o qualsiasi altra cosa banale come un quadrato dai bordi luminosi. l'artista è tale se con la sua opera trasmette senza aiuti esterni il messaggio che aveva in animo di trasmettere, e non lo sono quindi dei mucchietti di terra o un quadrato, La scelta quindi di Ruben Ostlund è di rappresentare la vacuità, quindi, di una certa arte moderna, e lo fa in maniera sottile facendo assumere al personaggio principale, l'artista del quadrato, rappresentato dall'attore Claes Bang, la parte dello scemo, dello svagato che non si interessa minimamente di un battage pubblicitario per la propria opera, fatto in maniera assurda e disumana da persone fuori di cervello.
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Non so cosa si sia proposto il regista. Forse credo bonariamente a prendere in giro l'arte moderna contemporanea e non avrebbe certo torto. Dove un Fontana stabilisce con un taglio sulla tela il concetto spaziale, si è andati sempre di più progressivamente a mettere in scena qualsiasi cosa normale, che non ha alcuna valenza per chi l'osserva, o meglio l'unico valore è quello che rappresenta cioè un paio di scarpe usate, dei mucchietti di terra o qualsiasi altra cosa banale come un quadrato dai bordi luminosi. l'artista è tale se con la sua opera trasmette senza aiuti esterni il messaggio che aveva in animo di trasmettere, e non lo sono quindi dei mucchietti di terra o un quadrato, La scelta quindi di Ruben Ostlund è di rappresentare la vacuità, quindi, di una certa arte moderna, e lo fa in maniera sottile facendo assumere al personaggio principale, l'artista del quadrato, rappresentato dall'attore Claes Bang, la parte dello scemo, dello svagato che non si interessa minimamente di un battage pubblicitario per la propria opera, fatto in maniera assurda e disumana da persone fuori di cervello. E l'artista non si arrabbia certo del furto del proprio cellulare e portafoglio, anzi se ne compiace, e preferisce tracciarlo via internet per scoprire che è all'interno di un condominio. Invece di denunciarne il furto, preferisce consegnare ai vari condomini lettere di minacce, tranne poi infastidirsi se un ragazzino di 10/12 anni , in maniera assurda e irreale reclama la propria onorabilità, perchè estraneo al furto. Il film giocato su sense no sense, raggiunge quindi la sua fine E' una denuncia della vacuità dell'arte moderna o un film finemente comico? Ecco se volete sapere secondo voi a quale domanda risponde, vedetelo pure. Per me comunque è una tavanata galattica.
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