Prima la trama, poi il fondo è un’opera preziosa. Perché ci insegna ad ascoltare.
Fulvio Wetzl e Laura Bagnoli sintonizzano la loro sensibilità sull’universo artistico di Renata Pfeiffer, dove lo spettatore viene condotto per mano attraverso la dimensione dell’ascolto con la stessa delicatezza con cui la pittrice milanese accoglie le videocamere nella sua abitazione. E’ lei a parlare. E’ lei a raccontarci i colori della sua vita che colano con grazia dando forma e sostanza alle sue opere, senza che il pennello tocchi mai la tela. Come pioggia che idrata l’aridità del terreno. Ecco allora che quegli scenari dove l’uomo non compare mai si animano di geometrie sorprendenti. Linee, triangoli e cerchi diventano simboli originari dell’uomo attraverso i confini che esso delimita, i tralicci e i ponti che esso erige, i suoi codici, le recinzioni e le macchine in cui esso si nasconde e spesso si perde.
Non si può non cogliere l’invisibile dietro simili presenze, così ingombranti e pesanti. L’uomo non si vede eppure è lì: nascosto da qualche parte. Alla guida di uno schiacciasassi o rimpicciolito fino a scomparire dentro un sommergibile che ci conduce negli abissi, in ciò che è nascosto sotto la superficie del mare, in ciò che è invisibile ai nostri occhi. Questo è l’oggetto dell’analisi di Fulvio Wetzl e di Laura Bagnoli. Per questo il film non è solo un omaggio. E’ un’opera che va a completare la tridimensionalità delle opere di Renata Pfeiffer. E’ elegia del dinamismo. E la tecnica di ripresa ne è la riprova. Ogni fotogramma e ogni animazione incarnano il desiderio di quelle creazioni di emergere e di andare oltre il quadro stesso, così come l’anelito della coppia di registi è quello di indagare sul mistero della comunicazione. Ecco allora che Prima la trama, poi il fondo diventa la prosecuzione ideale di quel puzzle sulla costruzione e decostruzione dei codici della comunicazione iniziato da Wetzl in Prima la musica, poi le parole. Con la differenza che da questa opera dedicata a Renata Pfeiffer emerge con maggior forza lo stupore per il “bello” che ci circonda, lo stupore per questa sorta di “chiamata” all’Arte a cui certi animi sensibili non possono non rispondere, proprio come fanno i bambini nei confronti di un gioco dal fascino irresistibile, perché di fatto l’uomo è opera d’arte. Specialmente quando non trova le parole per dirlo.
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