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vjarkiv
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giovedì 7 novembre 2013
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film imperdibile...
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Film imperdibile, non solo perché è l'unico film girato interamente a Riyadh in Arabia Saudita (paese in cui non esistono sale cinematografiche!) e per giunta da una regista donna Haifaa al-Mansour e questo già giustificherebbe la visione per l'eccezionalità dell'evento, ma soprattutto perché ci mostra uno spaccato di vita quotidiana di un paese in cui le "notizie" ci arrivano in maniera "indiretta". Paese pregno di teocrazia dove l'illuminismo è il diavolo. La regista, e in questo sta la sua bravura, è riuscita in maniera non drammatica (e la segregazione femminile nel suo paese invece lo è!) e a volte divertente, a farci capire le contraddizioni tra pubblico e privato: in questo la figura della preside della scuola femminile ne è un esempio, integerrima e inflessibile con le sue alunne, quanto disponibile a ricevere un "ladro notturno".
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Film imperdibile, non solo perché è l'unico film girato interamente a Riyadh in Arabia Saudita (paese in cui non esistono sale cinematografiche!) e per giunta da una regista donna Haifaa al-Mansour e questo già giustificherebbe la visione per l'eccezionalità dell'evento, ma soprattutto perché ci mostra uno spaccato di vita quotidiana di un paese in cui le "notizie" ci arrivano in maniera "indiretta". Paese pregno di teocrazia dove l'illuminismo è il diavolo. La regista, e in questo sta la sua bravura, è riuscita in maniera non drammatica (e la segregazione femminile nel suo paese invece lo è!) e a volte divertente, a farci capire le contraddizioni tra pubblico e privato: in questo la figura della preside della scuola femminile ne è un esempio, integerrima e inflessibile con le sue alunne, quanto disponibile a ricevere un "ladro notturno". "Vizzi privati e pubbliche virtù" all'araba potremmo dire, come il vestire e truccarsi all'occidentale sotto un pesante velo nero. La storia dell' adolescente Wadjda (una bravissima Waad Mohammed) è una metafora della voglia di riscatto del mondo femminile arabo. La bicicletta considerata dai teocrati strumento del diavolo se usata dalle donne perché causa la perdita della verginità, è "l' oggetto del desiderio" della ribellione adolescenziale. Certo la regista può considerarsi una privilegiata: nata in una famiglia di intellettuali con il pallino del cinema (visionato ovviamente in privato), studi all'estero; ma proprio per questo rimane una scelta coraggiosa l'aver voluto girare il suo primo lungometraggio in patria. Un'ultima curiosa contraddizione: il film non è stato girato clandestinamente (impossibile peraltro per l'opprimente presenza della polizia religiosa), ma ha avuto l'accondiscendenza della casa reale saudita nella figura del principe Alwaleed bin Talal titolare della società di produzione cinematografica Rotana che ha sostenuto il progetto con la produzione tedesca, ma la regista ha dovuto dirigere nascosta all'interno di un pulmino...
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jennifermanca
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venerdì 2 agosto 2013
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da vedere
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Il film sorprende per la semplicità con cui ci presenta la condizione della donna in Arabia Saudita, paese in via di sviluppo con un alto tasso di alfabetizzazione. La regista decide di adottare il punto di vista di una bambina. Una bambina ribelle che sebbene sia considerata già in età di matrimonio, ha un solo pensiero: comprare una biciletta per sfidare il suo amico. Non c'è simbolo più indovinato della bicicletta, che già di per sé, è l'oggetto che più esprime il senso di libertà. In Arabia Saudita le donne non possono andare in bicicletta, ma la ribellione della bambina, acquista ancora più potenza proprio perché va aldilà di qualsiasi rivendicazione femminile; la sua è una rivoluzione innocente, candida.
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Il film sorprende per la semplicità con cui ci presenta la condizione della donna in Arabia Saudita, paese in via di sviluppo con un alto tasso di alfabetizzazione. La regista decide di adottare il punto di vista di una bambina. Una bambina ribelle che sebbene sia considerata già in età di matrimonio, ha un solo pensiero: comprare una biciletta per sfidare il suo amico. Non c'è simbolo più indovinato della bicicletta, che già di per sé, è l'oggetto che più esprime il senso di libertà. In Arabia Saudita le donne non possono andare in bicicletta, ma la ribellione della bambina, acquista ancora più potenza proprio perché va aldilà di qualsiasi rivendicazione femminile; la sua è una rivoluzione innocente, candida.
Contemporaneamente Haifaa Al Mansour ci regala uno splendido affresco della situazione socio-culturale in Arabia Saudita, dove lavorano molti immigrati clandestini provenienti da Pakistan, Bangladesh e India.
E' un film che mi sento di consigliare. Pur non avendomi toccato emotivamente, l'ho trovato interessante e ben fatto.
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archipic
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martedì 16 aprile 2013
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consapevolezza della donna islamica
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Non male questo film di Al-Mansour; offre un bello spaccato sociale di vita dell'odierna Arabia. Islam e tradizione vanno a braccetto, costringendo le donne ad una vita appartata e sacrificata al corano e all'uomo. Tutto è svolto in loro funzione, tutto è giustificato se fatto in loro funzione. E sono proprio le donne di "potere", come la direttrice della scuola, che esercitano questo potere di emarginazione, emarginandosi a loro volta. La giovane protagonista, invece, decide di rompere lo stato delle cose e decide di ottenere ciò che più desidera (la bicicletta) anche se ciò è contro la pubblica morale, civile e religiosa. Aiutata dalla bella madre che alla fine, segregata dal sistema e dal marito, decide di far realizzare alla figlia il sogno che a lei, invece, è stato strappato via.
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Non male questo film di Al-Mansour; offre un bello spaccato sociale di vita dell'odierna Arabia. Islam e tradizione vanno a braccetto, costringendo le donne ad una vita appartata e sacrificata al corano e all'uomo. Tutto è svolto in loro funzione, tutto è giustificato se fatto in loro funzione. E sono proprio le donne di "potere", come la direttrice della scuola, che esercitano questo potere di emarginazione, emarginandosi a loro volta. La giovane protagonista, invece, decide di rompere lo stato delle cose e decide di ottenere ciò che più desidera (la bicicletta) anche se ciò è contro la pubblica morale, civile e religiosa. Aiutata dalla bella madre che alla fine, segregata dal sistema e dal marito, decide di far realizzare alla figlia il sogno che a lei, invece, è stato strappato via.
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maria f.
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venerdì 8 febbraio 2013
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evviva i buoni film!
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Ebbene sì, fa sempre piacere vedere un film a regia femminile, poi quando la regista appartiene a un Paese dove la donna è considerata un accessorio, si spera che film, storie che raccontino all’occidente di queste vite possano aumentare.
Per la verità anche da noi – ancora oggi la donna deve patire ed essere competitiva per dimostrare a mala pena di avere le medesime capacità dell’uomo se non di più, come: senso pratico, maggiore facoltà di sintesi nella risoluzione dei problemi, cogliere al volo situazioni e porvi rimedio, ricoprire in modo affidabile molteplici ruoli. Che fatica|||
Wadjda non avendo ottenuto dalla madre il consenso per acquistare una bicicletta, anche perché non ci sono possibilità economiche, decide di partecipare a una grara coranica e poter vincere la somma che le permetterà l’acquisto.
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Ebbene sì, fa sempre piacere vedere un film a regia femminile, poi quando la regista appartiene a un Paese dove la donna è considerata un accessorio, si spera che film, storie che raccontino all’occidente di queste vite possano aumentare.
Per la verità anche da noi – ancora oggi la donna deve patire ed essere competitiva per dimostrare a mala pena di avere le medesime capacità dell’uomo se non di più, come: senso pratico, maggiore facoltà di sintesi nella risoluzione dei problemi, cogliere al volo situazioni e porvi rimedio, ricoprire in modo affidabile molteplici ruoli. Che fatica|||
Wadjda non avendo ottenuto dalla madre il consenso per acquistare una bicicletta, anche perché non ci sono possibilità economiche, decide di partecipare a una grara coranica e poter vincere la somma che le permetterà l’acquisto.
La bicicletta verde che tanto desidera la bambina, non è altro che la consapevolezza di voler ottenere visibilità e avere l’opportunità di provare al mondo maschile ma anche e soprattutto a quello femminile che la sfida è possibile e opportuna.
Come il film ci ha illustrato, e che un gran numero di libri sull’argomento ci ha raccontato, la vita femminile a quella latitudine è mortificante anche quando si è amate dal proprio uomo come nel caso della mamma di Wadjda.
È sempre tutto sulle spalle delle donne, l’accudimento e il mantenimento dei figli, procacciarsi un lavoro, doversi pagare un autista perché la legge non consente loro di guidare un’automobile, umiliate se non si partorisce un figlio maschio. Vivere con queste regole fa sì che anche le insegnanti in maniera ipocrita e ottusa impongano alle alunne, come le madri alle figlie, metodi di comportamento surreali, avvalendosi per di più di bugie stolte come” le donne non vanno in bicicletta perché poi non possono avere figli”.
Wadjda nella sua breve vita è riuscita dalla sua postazione d’ingenua ragazza a dimostrare la sua maturità nell’ osservare, ascoltare, nel prendersi cura della giovane madre che a breve peraltro sarà ripudiata dal marito, e a scegliere quindi autonomamente dichiarando con audacia, dopo avere vinto la gara coranica, – fra lo stupore del pubblico composto d’insegnanti e alunne - che con la vincita avrebbe acquistato una bicicletta.
A seguito di tale dichiarazione, è stata privata della somma, ma la madre le fa dono del mezzo tanto agognato, dimostrando di avere imparato dalla figlia che per ottenere qualcosa è necessario combattere e soffrire e mai demordere.
Waad Mohammed veramente brava.
Complimenti alla regista per la sensibilità e il coraggio dimostrato.
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rosario colaizzi
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giovedì 7 febbraio 2013
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segnali di libertà posibile
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La bicicletta con il suo allegato di libertà potendo scorazzare per le vie della città all'interno di uno spaccato di esperienze di vita in un paese arabo.
La nostra conoscenza in tal senso dovrebbe continuamente amplificarsi per meglio comprendere il modus vivendi con tutti i lati positivi e negativi di tale indagine e per avere consapevolezza di tutti gli aspetti positivi e negativi di una società strutturalmente diversa dalla nostra.La "globalizzazione" della conoscenza forse oggigiorno è l'unico processo di acquisizione possibile per noi "poveri mortali".
Con tale precezione ho apprezzato questo film soprattutto alla luce di un regista arabo e di sesso femminile.
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melania
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domenica 20 gennaio 2013
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meraviglioso
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Sono molto felice di aver visto questo splendido film,girato e interpretato con grande maestria,e che racconta la storia di una ragazzina che vuole ribellarsi a un mondo rigido e chiuso,in cui tutto o quasi tutto sembra negato alle donne.La coraggiosa ragazzina fa di tutto per conquistare un po' di libertà ed emancipazione,fa di tutto per poter possedere una bicicletta,ma cozza contro una cultura rigidissima e,dal nostro punto di vista occidentale,ottuso.Molto bella la solidarietà materna che ,nella parte finale del film,aggiunge una nota di dolcezza al film ,già di per sè dolce e delicato.
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cineandre
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giovedì 3 gennaio 2013
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l'eroica semplicità di una ragazzina
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"La biciletta verde" ha il pregio di essere un film che si presenta senza particolari pretese intellettuali o di denuncia. Si presenta così come la sua protagonista, in modo semplice. Vuole raccontare una storia, uno spaccato di quotidianità di una ragazza. La protagonista è una vivace, allegra e intelligente ragazzina dell'Arabia Saudita che "desidera" la sua adorata biciletta, vietata alle ragazze dalle leggi maschiliste della tradizione religiosa.
La grande occasione per tramutare i suoi sogni in realtà è partecipare alla gara di Corano che la scuola che frequenta ha organizzato. In quel caso dovrà uniformarsi alle odiose regole morali imposte dalla scuola, per farsi benvolere e diventare una probabile condidata alla vittoria.
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"La biciletta verde" ha il pregio di essere un film che si presenta senza particolari pretese intellettuali o di denuncia. Si presenta così come la sua protagonista, in modo semplice. Vuole raccontare una storia, uno spaccato di quotidianità di una ragazza. La protagonista è una vivace, allegra e intelligente ragazzina dell'Arabia Saudita che "desidera" la sua adorata biciletta, vietata alle ragazze dalle leggi maschiliste della tradizione religiosa.
La grande occasione per tramutare i suoi sogni in realtà è partecipare alla gara di Corano che la scuola che frequenta ha organizzato. In quel caso dovrà uniformarsi alle odiose regole morali imposte dalla scuola, per farsi benvolere e diventare una probabile condidata alla vittoria. Studiando a più non posso e diventando improvvisamente studentessa modello, la ragazza riuscirà ad ingannare la temuta direttrice, garante del rigore morale della scuola.
La bicicletta verde è una metafora sulla banalità dei sistemi totalitari, così concettualmente fragili da essere beffetti dai sogni e dalla semplicità di una ragazzina.Nei suoi desideri infantili, la ragazza traccia un'idea di futuro diversa per le generazioni che verranno, senza particolari rivendicazioni. Sono solo i suoi desideri di ragazzina.
E alla fine sarà il ""sistema" ad apparire infantile, capriccioso e contraddittorio con le sue assurde prescrizioni religiose massimaliste.
E' un inno delicato alla speranza.
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la nonna
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sabato 22 dicembre 2012
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un film sulla libertà dentro
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Hanno un bel darsi da fare i persecutori esterni ma la luce interna non riescono a spegnerla. Auguri per un 2013 di libertà
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pepito1948
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lunedì 17 dicembre 2012
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bicicletta della libertà, verde della speranza
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L'Arabia Saudita è il Paese islamico forse più progredito socialmente ( attesa di vita 73 anni, tasso di alfabetismo 83%), ma tra i più chiusi e rigidi nell'applicazione della religione di Stato e nel perseguire il dissenso in tutte le sue forme. La condizione della donna è particolarmente pesante: relegata in casa nei soliti ruoli domestici, non può uscire se non nei limiti imposti dagli uomini, che si avvalgono del giustificativo islamico (naturalmente interpretato pro domo sua). Il codice penale prevede sanzioni ancestrali ed è vigente la pena di morte (in forme brutali, come la lapidazione). In questo contesto la regista saudita ambienta una storia che, pur nella forma di commedia (con tinte a tratti umoristiche), rispecchia il dramma della ottusa ostilità verso qualsiasi aspirazione alla libera espressione che si discosti dal verbo politico/religioso di quel Paese.
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L'Arabia Saudita è il Paese islamico forse più progredito socialmente ( attesa di vita 73 anni, tasso di alfabetismo 83%), ma tra i più chiusi e rigidi nell'applicazione della religione di Stato e nel perseguire il dissenso in tutte le sue forme. La condizione della donna è particolarmente pesante: relegata in casa nei soliti ruoli domestici, non può uscire se non nei limiti imposti dagli uomini, che si avvalgono del giustificativo islamico (naturalmente interpretato pro domo sua). Il codice penale prevede sanzioni ancestrali ed è vigente la pena di morte (in forme brutali, come la lapidazione). In questo contesto la regista saudita ambienta una storia che, pur nella forma di commedia (con tinte a tratti umoristiche), rispecchia il dramma della ottusa ostilità verso qualsiasi aspirazione alla libera espressione che si discosti dal verbo politico/religioso di quel Paese. Come in tutte le manifestazioni artistiche che sfidano i regimi locali, facendo attenzione a non provocarne eccessive reazioni, il film è ricco di simbolismi e di "veli": protagonista è una bambina che desidera un bicicletta verde, ovvero l'innocenza che anela e spera di ottenere la libertà di movimento (compresa quella di uscire dalla propria casa), negata dall'autorità perchè è una "cosa da uomini". Tutta la vicenda si svolge tra donne, ciascuna con un ruolo significativo: l'autorità istituzionale cui è demandata la prima formazione religiosa (la direttrice scolastica inflessibile, che cammina su due visibili tacchi di ipocrisia), l'autorità familiare (la madre che si dibatte tra imposizione teologica ed amore materno), l'umanità che trasgredisce in nome di diritti elementari negati (la giovinetta della bicicletta), la platea delle donne toccate dalla tentazione (le compagne della scuola coranica), ma che non trovano il coraggio di lottare apertamente. Sono esclusi dal campo gli uomini, fonti delle limitazioni dei diritti delle donne, tranne un adolescente autorizzato ad usare quel mezzo a due ruote, ancora insensibile agli insegnamenti dei grandi e sostanzialmente complice della piccola protagonista. Tutte le scene sono girate in interni, tranne il finale in cui domina una periferia spoglia ma non povera e dilatata ed aperta come l'animo della ragazzetta che pedala negli ampi spazi di una città che sa di immoto; una conquista che nasconde forse la verità di un sogno o comunque una prospettiva di speranza. Tutto è ovattato, come se una nebbia smorzasse ogni segno di violenza, che invece si avverte in ogni immagine, tranne che nella libera interazione dei due adolescenti. Haifaa Al Mansour, che si è avvalsa di un produttore americano per realizzare il film, è riuscita - sia pure attraverso abili espedienti "cautelari"- a mostrare al mondo la realtà dura ed oppressa di un Paese ricco di mezzi ma poverissimo di libertà, soprattutto per le donne doppiamente colpite in quanto tali dalla protervia del maschilismo dominante. In Arabia Saudita non è arrivata la primavera araba, anche se affiorano qua e là singulti di una timida opposizione. Le richieste di attenzione e di aiuto sono quindi affidate all'arte, più accattivante e meno compromettente, che, come in questa opera di chi conosce bene la verità, può contribuire in modo efficace a sollevare il velo sulla violenta repressione contro il principale nemico dei sistemi teo-politici fondamentalisti: la donna, con il suo coraggio e l'ostinazione a smascherare l'odio maschilista contro la "mannaia" della parità dei generi.
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[+] bella!
(di kaipy)
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renato volpone
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domenica 16 dicembre 2012
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il mondo arabo, questo sconosciuto
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Quanta delicatezza in questo film! Davvero non é facile trattare l'argomento "religione" senza cadere nel banale e qui si parla di islam e di donne. La regista é bravissima a darci un quadro approfondito e convincente della condizione della donna che segue la religione islamica. Vediamo donne normali, anzi molto belle e di grande fascino, alle prese con la quotidianità, il loro rapporto con il marito, gli uomini, le altre donne, la scuola e il mondo del lavoro. Ci troviam in una realtà a noi oscura, lontana, ma il racconto ci mette perfettamente a nostro agio, come se tutto fosse normale. Si sorride di alcune affermazioni circa le usanze e le tradizioni religiose, ma se pensiamo al mondo cristiano non ne siamo poi tanto lontani.
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Quanta delicatezza in questo film! Davvero non é facile trattare l'argomento "religione" senza cadere nel banale e qui si parla di islam e di donne. La regista é bravissima a darci un quadro approfondito e convincente della condizione della donna che segue la religione islamica. Vediamo donne normali, anzi molto belle e di grande fascino, alle prese con la quotidianità, il loro rapporto con il marito, gli uomini, le altre donne, la scuola e il mondo del lavoro. Ci troviam in una realtà a noi oscura, lontana, ma il racconto ci mette perfettamente a nostro agio, come se tutto fosse normale. Si sorride di alcune affermazioni circa le usanze e le tradizioni religiose, ma se pensiamo al mondo cristiano non ne siamo poi tanto lontani. È poi la protagonista, questa bambina meravigliosa che convince tutti e che trascina il pubblico in un applauso alla fine della proiezione, grande interprete e che carattere nel personaggio, tenace e deciso, un ponte tra tradizione e modernità, in un oriente che cambia, ma che affascina per com'è. Culla di cultura e storia il mondo arabo ci regala un grande film, girato da una donna e che parla di donne. 5 stelle e più. Assolutamente da non perdere: non vi annoierete nemmeno un minuto.
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