The Weight

Un film di Jeon Kyu-hwan. Con Cho Jae-Hyun, Jo Jae-hyun, Park Ji-a Drammatico, durata 106 min. - Corea del sud 2012.
   
   
   

Natalia Aspesi

La Repubblica

Si sa che i sudcoreani sono specialisti del cinema desolatamente inquietante: e in attesa di quel Pietà del venerato Kim Ki-duk, in concorso e aspirante al Leone d' Oro, l' altra notte gli spettatori di The Weight di Jeon Kyuhwan ( Giornate degli Autori) sono usciti ansimando e bisognosi di consolazione. Un altro cinescandalo? Si spera di no, anche perché il film è così tremendo da tramutarsi in pornofantasia, in incubo necrofilo, insomma in una specialità coreana. Luogo: un gelido stanzone della morgue, dove vengono portati i morti per incidenti stradali o per crimine. Qui c' è un malinconico gobbetto tisico, che se ne prende amorosa cura, lavando i corpi, ricomponendoli, sistemandoli nudi nelle bare come in un' alcova. Le esequie, indifferenti e frettolose, avvengono lì, tra le altre bare. Ogni tanto arriva un uomo col viso nascosto dal casco nero da motociclista, dà una mancia, e violenta un cadavere. Sono corpi di persone giovani e belle, e il gobbetto li venera, ci mangia accanto i suoi panini, dorme tra loro, e nelle notti silenziose e vuote, immagina che ballino insieme, o ballino con lui. Eppure anche lui ama, ma al regista coreano non basta quel che si è raccontato sin qui. E quindi ecco il gobbetto, adottato bambino da una madre carognissima (come lo sono quasi sempre le madri dei film coreani) che ha già un figliolino: i due fratellastri si vogliono bene, forse si amano, fino a quando uno s' ingobbisce e l' altro diventa un transessuale tossico e prostituto. Basta? No. Quando l' ammazzano e portano il suo cadavere all' obitorio, il gobbetto innamorato ne realizza finalmente il desiderio: fa di lui una donna, o per lo meno elimina quel che faceva di lei un uomo, e, coraggio cinefilo, la macchina da presa corre subito sul pavimento, dove giace, buttato via, il povero pezzetto superfluo di carne umana. Ma l' horror non è finito, e non lo si rivela per non guastare la gioia degli appassionati. Film come questo, pur ammirevole nel raccontare con immagini belle la gelida sofferenza della vita da cui è cancellato ogni valore umano, potrebbero alimentare qualche brontolio mediatico.
Da La Repubblica, 1 settembre 2012


di Natalia Aspesi, 1 settembre 2012

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