mattiaguidi
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domenica 18 novembre 2012
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seconda opera di un regista talentuoso
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Uno sceneggiatore irlandese di nome Marty, dedito all' alcool e in piena crisi creativa, finisce coinvolto nei problemi del suo amico Billy, attore fallito e rubacani di mestiere, il tutto procede in maniera relativamente tranquilla, finchè Billy non ruba il cane di un boss mafioso, questo scatenerà una spirale di violenza, che porterà all'invitabile epilogo.
Martin McDonagh, giovane regista, con all' attivo un solo lungometraggio e un cortometraggio premiato con un oscar, crea un mondo splatter e pieno di delinquenza, formato di macchiette e personaggi oltre modo sopra le righe, però nonostante questo il film dopo meno di mezz'ora ingrana la marcia e inizia a creare un suo universo, fatto di colpi di scena, riscritture di trama(proprio come in una sceneggiatura ancora da decidere) e pura comicità sadica, famigliare a chi aveva già approcciato il regista nel suo primo ottimo lavoro(in bruges).
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Uno sceneggiatore irlandese di nome Marty, dedito all' alcool e in piena crisi creativa, finisce coinvolto nei problemi del suo amico Billy, attore fallito e rubacani di mestiere, il tutto procede in maniera relativamente tranquilla, finchè Billy non ruba il cane di un boss mafioso, questo scatenerà una spirale di violenza, che porterà all'invitabile epilogo.
Martin McDonagh, giovane regista, con all' attivo un solo lungometraggio e un cortometraggio premiato con un oscar, crea un mondo splatter e pieno di delinquenza, formato di macchiette e personaggi oltre modo sopra le righe, però nonostante questo il film dopo meno di mezz'ora ingrana la marcia e inizia a creare un suo universo, fatto di colpi di scena, riscritture di trama(proprio come in una sceneggiatura ancora da decidere) e pura comicità sadica, famigliare a chi aveva già approcciato il regista nel suo primo ottimo lavoro(in bruges).
L'ottimo cast di attori, supporta perfettamente il clima guascone e scanzonato del film e ci si ritrova in una commedia volgare, violenta che però strappa risate continue.
Sam Rockwell ruba completamente la scena a Colin Farell, che a sua volta gli viene rubata dal misterioso e poetico Christopher Walken.
Il film è un cliffhanger continuo, destinato agli amanti dei bei film pulp alla Tarantino o della geniale comicità dei Coen, un ottimo mix seppur in maniera minore, che trova un suo contesto che risulta essere originale e fresco.
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gabriele.vertullo
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giovedì 15 novembre 2012
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7 psicopatici originali e corrosivi!
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Sarebbe fortemente riduttivo e banale classificare i 7 Psicopatici semplicemente come una grottesca “black comedy” di un autore inglese (Martin McDonagh), perché questo è un film prima di tutto sociale, costituito da un complesso e plurale repertorio di personaggi che si muovono in una rete di profondo relativismo non solo etico, ma totale. L’insieme di queste tessere caratteriali, in apparenza contrastanti e inconciliabili, creano un mosaico interessantissimo e di una godibilità sferzante.
Marty (Colin Farrell) è uno sceneggiatore alcolista in crisi creativa, Billy (Sam Rockwell) il suo folle amico che insieme al mite Hans (Christopher Walken) rapina i cani della ricca Los Angeles per ottenere la cospicua ricompensa.
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Sarebbe fortemente riduttivo e banale classificare i 7 Psicopatici semplicemente come una grottesca “black comedy” di un autore inglese (Martin McDonagh), perché questo è un film prima di tutto sociale, costituito da un complesso e plurale repertorio di personaggi che si muovono in una rete di profondo relativismo non solo etico, ma totale. L’insieme di queste tessere caratteriali, in apparenza contrastanti e inconciliabili, creano un mosaico interessantissimo e di una godibilità sferzante.
Marty (Colin Farrell) è uno sceneggiatore alcolista in crisi creativa, Billy (Sam Rockwell) il suo folle amico che insieme al mite Hans (Christopher Walken) rapina i cani della ricca Los Angeles per ottenere la cospicua ricompensa. La loro vita verrà messa seriamente in pericolo nel momento in cui si impossessano dello Shitzu di uno spietato e irriducibile boss Charlie (Woody Harrelson). L’incalzare di assurde vicissitudini e l’incontro con personaggi sempre più bizzarri accenderanno l’immaginazione di Marty che gradualmente redigerà il suo nuovo script, intitolato Seven Psychopaths, film-scatola che si intreccerà e sovrapporrà con l’intera storia.
Martin McDonaghsi conferma un artista follemente lucido, imprevedibile e geniale, sicuramente uno degli esponenti più personali e originali della nuova generazione di registi. Il suo è un cinema dalla violenza schietta e irridente, di parole irrazionali e corrosive, che rivelano un’analisi straniante e distaccata della realtà, distanza prima di tutto geografica, così che questa volta la sua lama rappresentativa cade sull’America più disgustosamente ricca, e trasversalmente colpisce anche Hollywood. Elemento strutturale del film è la vastissima cultura cinematografica del regista, declinata e rovesciata con soluzioni efficienti e innovative: McDonagh utilizza l’irriverenza e la dissacrazione come strumenti fortemente costruttivi ed espressivi, per un film satollo di riferimenti (più che citazioni) e carico di scene e dialoghi (super)cult! Il regista crea personaggi, trame e situazioni (quasi) completamente nuove.
Se il personaggio di Marty sembra la guida narrativa e la manifestazione ideologica del regista, in realtà tutti e tre i protagonisti, distinti e complementari, sono facce e proiezioni dell’autore e della sua definizione umana: Marty impulsivo e vacillante, Hans pacifico e dal passato spettrale, ma anche Billy schizofrenico e idealista, interpretato da un Sam Rockwell immenso e brillante, nella sua interpretazione più indimenticabile.
I 7 Psicopatici è un film carico di tensione, che si articola in scene convulse e serrate, ma che in fondo tende verso un’armonia e una redenzione cercata e dichiarata.
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